La malattia di Huntington è una rara e grave malattia ereditaria che colpisce il cervello. Chi ne è affetto, con il passare degli anni, perde progressivamente il controllo dei movimenti, la memoria, la capacità di parlare e di compiere gesti quotidiani. È una patologia devastante, che si trasmette dai genitori ai figli e per la quale, finora, non esiste una cura risolutiva.
Oggi, però, arriva una notizia (comunicato stampa di “uniQure”) che riaccende la speranza: una nuova terapia genica sperimentale sembra essere riuscita a rallentare in modo significativo la progressione della malattia. Per la prima volta, i ricercatori parlano di un effetto tangibile sul decorso, non solo sui sintomi.
La causa della malattia è una mutazione nel gene chiamato HTT, che contiene le istruzioni per produrre una proteina, la “huntingtina”. Nelle persone sane, questa proteina svolge funzioni importanti per i neuroni. Nelle persone malate, invece, il gene difettoso fa produrre una versione “tossica” della proteina, che si accumula nel cervello e danneggia progressivamente le cellule nervose.
I primi sintomi compaiono tra i 30 e i 50 anni: piccoli movimenti involontari, sbalzi d’umore, difficoltà di concentrazione o irritabilità. Con il tempo la situazione peggiora: il corpo perde il controllo, i movimenti diventano scoordinati, parlare e deglutire diventano difficili. Dopo 15-20 anni, la malattia porta alla completa perdita di autonomia.
Come funziona questa terapia genica? Sviluppata dall’azienda biotech “uniQure”, la nuova terapia si chiama “AMT-130” e si basa su un’idea semplice ma potente: ““silenziare” il gene difettoso” per impedire che produca la proteina tossica. Per farlo, i ricercatori utilizzano un virus inattivato come veicolo, che trasporta nelle cellule cerebrali un piccolo frammento di materiale genetico (RNA). Questo frammento funziona come un interruttore che spegne la parte del gene responsabile della proteina dannosa.
L’intervento è complesso: tramite una lunga operazione chirurgica, i medici iniettano il trattamento in due aree del cervello particolarmente colpite dalla malattia, chiamate nucleo caudato e putamen. Ma la buona notizia è che una sola somministrazione potrebbe bastare per avere effetti duraturi.
Nel primo studio clinico sono stati trattati 29 pazienti con malattia di Huntington in fase già avanzata. I loro risultati sono stati confrontati con quelli di oltre 1.600 persone non trattate, ma con caratteristiche simili.
Il dato più sorprendente riguarda i pazienti che hanno ricevuto la dose più alta di terapia: la progressione della malattia è stata rallentata del 75% rispetto a quanto normalmente atteso. In pratica, i peggioramenti che di solito si verificano in un anno sono comparsi solo dopo quattro.
Alcuni pazienti, riferiscono i ricercatori, hanno persino mostrato miglioramenti inaspettati: c’è chi ha potuto tornare a camminare o a lavorare, cosa impensabile senza trattamento. “Sono risultati spettacolari”, ha commentato Sarah Tabrizi, neurologa e direttrice del Centro per la malattia di Huntington dell’University College di Londra.
La terapia, tuttavia, non è priva di rischi e difficoltà. L’intervento è invasivo e richiede un accesso diretto al cervello, quindi non sarà facilmente estendibile a tutti i pazienti. I costi, inoltre, saranno molto elevati — si parla di cifre paragonabili ad altre terapie geniche, che possono superare i due milioni di euro.
E anche se la malattia sembra rallentare, non è stata completamente fermata: le cellule nervose continuano a danneggiarsi, solo più lentamente. Serviranno quindi altri studi per capire se gli effetti positivi dureranno nel tempo e se ci sono rischi a lungo termine.
L’azienda che ha sviluppato la terapia prevede di chiedere l’approvazione alla Food and Drug Administration (FDA) americana entro il 2026, con l’obiettivo di renderla disponibile nel 2027.
Se i risultati verranno confermati, questa scoperta potrebbe aprire la strada a nuove strategie per altre malattie neurodegenerative, come Alzheimer o Parkinson, che hanno meccanismi simili di accumulo di proteine tossiche.
Per chi vive con la malattia di Huntington — e per le famiglie che da generazioni convivono con questa eredità pesante — la terapia genica rappresenta una luce concreta all’orizzonte. Non è ancora una cura, ma un segnale forte che la scienza si sta avvicinando a cambiare la storia di questa malattia.
Per la prima volta, non si parla più solo di alleviare i sintomi, ma di intervenire alla radice del problema genetico. Ed è proprio da qui che potrebbe nascere una nuova stagione nella lotta alle malattie del cervello.