Mosaico
Una vendemmia tra alti e bassi ma di qualità
Il clima ne ha ritardato l’avvio anche di un paio di settimane, previsto un lieve calo produttivo ma sarà una buona annata
MosaicoIl clima ne ha ritardato l’avvio anche di un paio di settimane, previsto un lieve calo produttivo ma sarà una buona annata
Una vendemmia in chiaroscuro ma anche di qualità: è quella che si profila nelle campagne venete quando ormai si è in dirittura d’arrivo e si comincia a tirare le fila. A fine settembre a Valdobbiadene si è iniziato a raccogliere i grappoli di glera, l’uva del Prosecco, mentre nei colli Euganei è da settimane terminata la vendemmia delle uve a bacca bianca e, dopo il merlot, si sta completando la raccolta dei cabernet e del raboso, che tradizionalmente chiude la stagione. Dopo di ché, sarà veramente autunno.
«Per la vendemmia 2021 – annunciava a inizio settembre Veneto Agricoltura, nell’ambito delle consuete previsioni vendemmiali – la parola chiave resta “qualità” specie per alcuni vitigni, come la glera e quelli a bacca rossa». Dopo un avvio difficile soprattutto a causa delle avverse condizioni climatiche, il caldo estivo ha favorito il riequilibrio e una produzione che fa ben sperare.
L’altro dato che caratterizza la vendemmia è il ritardo, causato dall’annata metereologica: primavera fredda, varietà precoci in ritardo, estate secca. Tutto questo ha fatto sì che, rispetto agli anticipi degli ultimi vent’anni, la raccolta quest’anno sia stata ritardata di una, anche due settimane, ritornando alle tempistiche raccontate dai nonni e dalle poesie imparate da bambini: forse non ci sarà un San Martino tra il «ribollir dei tini» carducciano, ma ci si andrà vicino. Non è solo una nota di colore: «Raccogliere a temperature più fresche delle uve che abbiano completato la maturazione con lentezza, è quanto di meglio ci si può aspettare», racconta Diego Bonato, enologo e titolare della cantina Reassi di Rovolon.
Ai “chiari” si unisce anche qualche debole “scuro”: se a Valdobbiadene come sugli Euganei si parla di qualità e anche le quantità si prospettano pari o di poco inferiori all’anno precedente, peggio è andata altrove. «Ci sarà fino a un 25 per cento di produzione in meno di bianchi e rossi nell’area della Bassa padovana, in particolare il Bagnoli doc, a causa delle gelate tardive del 7 e 8 aprile scorsi e delle grandinate di luglio e agosto», raccontano all’organizzazione agricola Cia di Padova. Nello specifico, in pianura la glera è attesa a un meno 20 per cento, come pure il Pinot grigio mentre il raboso vedrebbe una produzione quasi dimezzata. Nessuna variazione per il moscato giallo rispetto al 2020, in crescita invece il merlot.
In Veneto l’export di vino vale 2,24 miliardi di euro, un valore che conferma la nostra regione come la quarta potenza mondiale del settore. Nel 2021 la produzione regionale dovrebbe arrivare a 12,5 milioni di quintali (erano 14 milioni 39 mila nel 2020), in Friuli-Venezia Giulia 2,5 milioni (contro 3,1 milioni). A sostegno della promozione dei vini veneti sui mercati mondiali la regione sta lavorando a una delibera che consentirà di finanziare progetti regionali per 15 milioni di euro.
Non è una battaglia a tutela del Prosecco, ma di tutto il sistema agroalimentare italiano. È questo il senso della levata di scudi che sta cercando di ostacolare la richiesta croata di depositare un marchio Prošek. Ma di cosa si tratta? Il Prošek non ha nulla a che vedere con il Prosecco. Non è un vino spumante ma fermo, dolce e ottenuto da uve fatte appassire, che si abbina ai dolci. La produzione si situa nella Dalmazia centro-meridionale, con un numero di bottiglie dell’ordine di poche decine di migliaia, a opera di piccoli produttori. Può spaventare il colosso Prosecco?
«Dall’alto di 500 milioni di bottiglie e di un fatturato di 2,3 miliardi, il Prosecco non avrebbe bisogno di essere difeso dal Prošek – spiega Maurizio Antonini, direttore di Cia Padova – La questione è un’altra: continuiamo a dover difendere l’agroalimentare italiano da attacchi di altri Paesi che ci copiano. Si chiama italian sounding, un fenomeno che ci sottrae fino a 100 miliardi all’anno. Per questo il Prosecco va difeso così come tutte le nostre eccellenze, dal Parmigiano al prosciutto di San Daniele». Non è solo questo: «La cosa grave è che gli attacchi vengano anche dall’interno dell’Ue, e che venga chiesta la denominazione Dop».
È ancora viva in Italia la vicenda del Tokay ungherese, che obbligò i produttori italiani a ridenominare Tai o Friulano il Tocai nostrano. Accadrà lo stesso col Prošek? Altri fronti intanto sono aperti: ad esempio, contro la proposta di definire “vino” quello senza alcol o le bevande fermentate da frutta varia. «È una vecchia storia – conclude Antonini – come quella di chi chiama latte quello di cocco o mandorle. Servono etichette chiare che dicano dove e da chi una cosa è prodotta».
Una decina di giorni sugli Euganei, due settimane a Valdobbiadene: è il ritardo accumulato dalla vendemmia 2021 nel Veneto. Che sembra presagire solo una cosa: qualità.
«Le vendemmie ritardate, con buona escursione termica tra il giorno e la notte, sono le ottimali, favoriscono sviluppo degli aromi, la maturazione dei polifenoli: per me hanno marcia in più», rivela Diego Bonato dell’azienda Reassi di Rovolon. Come sarà l’annata nei colli Euganei? «Ce l’aspettiamo molto buona, con punte di eccezionalità, sia tra i bianchi che tra i rossi. Nei mosti le acidità molto belle, integre, i ph hanno tendenze medio basse che garantiscono profumi e longevità. I rossi, in vendemmia in questi giorni, stanno arrivando a maturazione ottimale, aromatica e pellicolare, che ne farà vini di carattere».
Una grande annata si aspetta anche Gianfranco Bortolin della cantina Le Bertole di Valdobbiadene: «Le previsioni sono ottimali, è arrivata anche la pioggia in aiuto ai vigneti in sofferenza. La vendemmia è iniziata, da noi e quasi ovunque, verso il 20 settembre: in linea con le vendemmie di una volta. La domanda: questo avrà conseguenze sulla qualità? Nessuno ha mai fatto, con le tecniche di oggi, una vendemmia così ritardata. Le uve subiscono minore choc termico, la temperatura favorisce la decantazione dei mosti. Vedremo se i risultati saranno superiori».
Lo ha affermato l’assessore all’Agricoltura della Regione Veneto, Federico Caner, in occasione dell’annuale appuntamento con le previsioni vendemiali di Veneto Agricoltura, ma è un ritornello che si fa sentire sempre più spesso: il vino Veneto ha imboccato la strada della sostenibilità.
«I consorzi di tutela stanno promuovendo pratiche fitosanitarie che fanno scuola anche fuori regione – ha dichiarato Caner – e le produzioni biologiche hanno avuto un incremento significativo anche nelle zone storiche, come la Valpolicella, mentre il Consorzio del Prosecco Doc punta alla certificazione Sqnpi (Sistema di qualità nazionale di produzione integrata), alla quale da tempo lavora, primo passo verso la certificazione di sostenibilità territoriale».
«Negli ultimi anni – ribadiscono anche alla Cia di Padova – è stato di gran lunga ridotto l’uso di prodotti fitosanitari, ovvero i preparati contenenti elementi chimici destinati a proteggere i vegetali da organismi nocivi o a prevenirne gli effetti. La strada da fare è però ancora lunga per centrare quel risultato che auspichiamo: un’agricoltura davvero green a tutela di ambiente, operatori e consumatori».
Sui colli Euganei si punta anche a un uso più razionale dell’acqua, con impianti di irrigazione sotterranea per ridurre le perdite d’acqua per evaporazione.