Idee
Vaia, soffia il vento della rinascita. A cinque anni dalla tempesta
Il 28 ottobre 2018, piogge e venti a oltre 200 chilometri orari devastarono migliaia di ettari di foresta
Il 28 ottobre 2018, piogge e venti a oltre 200 chilometri orari devastarono migliaia di ettari di foresta
Erano giorni che pioveva in abbondanza, con un incessante e inconfondibile ticchettio sui tetti di lamiera, quasi a ritmare il tempo. Il cielo plumbeo, grave, aveva preso il sopravvento rispetto alle belle giornate soleggiate di fine estate di cui si aveva ancora memoria. L’aria da mite si era fatta fresca e il vento, sovente, muoveva le cime dei tanti abeti rossi e bianchi, larici e faggi che popolavano quelle vallate. «Eravamo consapevoli che stava arrivando una perturbazione importante» racconta con voce ferma Diego Rigoni di Asiago, per diversi anni vicesindaco del suo Comune con delega alla pianificazione e governo del territorio, carica che detiene tutt’oggi. Quel pomeriggio del 28 ottobre 2018 anche lui, come tutti i suoi concittadini, era intento a portare avanti le sue faccende. «Non ci aspettavamo assolutamente quello che sarebbe poi successo di lì a poco: verso le 17.30 ero a casa con la famiglia. A un tratto è mancata la corrente. Ci siamo trovati al buio. Un fortissimo vento e una pioggia battente si sono riversati sulla nostra casa. Più di un’interminabile ora è durato quel finimondo. Eravamo tutti preoccupati». Solo il giorno successivo, nella giornata del 29, gli altopianesi hanno compreso l’entità dei danni, soprattutto in termini di alberi abbattuti. Rigoni ricorda che «l’uragano ha colpito duro, soprattutto nella val d’Assa, quella zona che da Roana porta a Trento, nella piana di Marcesina rasa quasi al suolo e in diverse aree boschive particolarmente presenti nel comune di Enego. Soprattutto gli abeti rossi sono rimasti a terra. Per fortuna la tempesta non ha raggiunto massivamente i centri abitati dell’Altopiano». Quel fatto, avvenuto cinque anni fa, tra il 28 e il 29 ottobre 2018, è la cosiddetta tempesta Vaia. «Per noi è stato un pugno nello stomaco perché il bosco rappresenta la nostra storia, la nostra vita oltre che portare benefici all’economia locale» spiega Rigoni.
Per dare un po’ di cifre che ci fanno capire l’entità del fenomeno, il volume di alberi abbattuti nel Comune di Asiago è stato di circa 130 mila metri cubi, il 9 per cento della massa boschiva che copriva un’area di cinquemila ettari. Per quanto riguarda l’Altopiano, la tempesta ha schiantato circa 1 milione e 500 mila metri cubi di legname, il 13 per cento della massa boschiva, su un’area di 40 mila ettari. L’area più intaccata è stata quella del Comune di Enego che ha visto l’abbattimento di 270 mila metri cubi di bosco, più del 60 per cento dei 1.600 ettari di superficie boschiva. «All’inizio è stato un grande choc, poi devi farti forza – rimarca Ivo Boscardin, sindaco di Enego da giugno 2018 al maggio 2023 – Nei giorni successivi al fatto abbiamo dovuto mettere in sicurezza diverse zone per i tantissimi alberi schiantati e riaprire le strade». A oggi nel Comune di Enego e in quello di Asiago tutto il legname a terra è stato esboscato; per quanto riguarda l’Altopiano il 90 per cento è stato ripulito. Una delle problematiche sorte successivamente all’autunno del 2018 è stato il proliferare del bostrico tipografo, un insetto che ha attaccato inizialmente gli alberi a terra (prevalentemente l’abete rosso) per poi iniziare ad intaccare le piante sane. «Questo coleottero ha cominciato a vedersi nei nostri boschi dal 2020 – evidenzia Marco Pellegrini, tecnico forestale – e progressivamente è aumentata la sua presenza fino a oggi, adesso le aree attaccate sono numerose». Ad Asiago lo scorso anno tremila metri cubi di legname sono stati intaccati dal coleottero, quest’anno già settemila. Il timore degli altopianesi è che questo insetto «possa essere un’altra Vaia» afferma Diego Rigoni. «L’infestazione da bostrico sull’Altopiano è ancora pienamente in corso – sottolinea la guardia boschiva Christian Rebeschini – In certe zone si sta espandendo, in altre si sta normalizzando per la presenza di antagonisti che lo stanno contenendo». Per venire incontro al rimboschimento del territorio altopianese, è stato avviato nell’autunno del 2020 il progetto sperimentale “Oltre Vaia”, che consiste nella riqualificazione di un’area – anch’essa colpita dal devastante mal tempo – di tre ettari sul monte Mosciagh (a nord di Asiago), con un intervento che vuole valorizzare la biodiversità. La superficie coinvolta nell’iniziativa è stata in parte lasciata a «evoluzione naturale» e in parte è stata destinata alla «messa a dimora di circa seimila piantine tra cui abete bianco, larice, sorbo, betulla, faggio, acero e altre specie autoctone, diventando un vero e proprio laboratorio a cielo aperto» spiegano i curatori della sperimentazione. Il progetto ha visto la collaborazione del Comune di Asiago, assieme al Dipartimento territorio e sistemi agroforestali-Tesaf dell’Università di Padova, l’azienda Treedom e Forest stewardship council-Fsc Italia, una realtà che si occupa della certificazione di aree boschive per garantire la gestione responsabile delle foreste e il tracciamento della materia prima. Per Alberto Pauletto, responsabile della comunicazione di Fsc Italia, «l’intento dell’iniziativa è stato la ricostituzione del patrimonio forestale distrutto, garantendo allo stesso tempo una maggiore resilienza del territorio contro eventi catastrofici estremi».
I l più grande problema per i boschi dell’arco alpino e dell’Altopiano di Asiago, successivo alla tempesta Vaia, è rappresentato dal bostrico tipografo, un piccolo coleottero presente naturalmente nelle zone dove sono presenti abeti rossi. «In condizioni normali, la presenza di questo coleottero si autoregola – spiega Marco Pellegrini, tecnico forestale – perché quando si riproduce e inizia ad attaccare gli alberi schiantati, si sviluppano contemporaneamente degli antagonisti che ne ridimensionano il numero. Tra questi ci sono predatori (coleotteri e picchi), parassitoidi (vespe) e funghi». Conseguenza dell’evento del 28 e 29 ottobre 2018 e della presenza a terra di un gran numero di piante, è stata la sua enorme proliferazione che l’ha portato ad attaccare anche gli alberi “sani”. L’esperto aggiunge che «la situazione nella zona dell’Altopiano si deve ancora normalizzare e questo dipenderà molto dal clima che ci sarà nei prossimi anni perché il bostrico è favorito da periodi primaverili ed estivi, caldi e siccitosi. In queste condizioni riesce a riprodursi in modo più veloce e le piante, andando in stress idrico, sono più vulnerabili quindi più facilmente attaccabili». Il bostrico tipografo attacca gli alberi forando la corteccia e cibandosi dello strato di legno che si trova subito sotto, scavando gallerie che inevitabilmente interrompono il flusso della linfa. In tal modo porta inevitabilmente alla morte delle piante in breve tempo. L’individuazione precoce degli alberi infestati e il loro immediato abbattimento, seguito da esbosco o scortecciatura, costituiscono a oggi la più efficace misura contro il coleottero, ma solo se avviene prima che abbiano abbandonato l’albero.
FRAGILITÀ «Vaia ha avuto conseguenze così nefaste sull’Altopiano per la presenza di foreste (principalmente di abete rosso) che, per conformazione e per età, erano molto fragili». Alberto Pauletto
MAGGIOR DIVERSITÀ«Se ci fosse stata una maggiore diversità nei boschi dell’Altopiano, sicuramente Vaia avrebbe fatto meno danni. È oggi importante creare zone con più specie di alberi». Christian Rebeschini
CENTO ANNI DI LEGNAME«Successivamente a Vaia abbiamo trattato una quantità di legname pari a quella gestita in cento anni, in condizioni ordinarie, condizionando il futuro dei Comuni». Ivo Boscardin
ESBOSCAMENTO«Gli alberi schiantati da Vaia, sull’Altopiano, sono stati esboscati in tempi relativamente brevi perché i sindaci erano soggetti attuatori, con pieni poteri». Diego Rigoni
VENDITA A PREZZI BASSI«Con Vaia c’è stato un surplus di materiale che in molti casi è stato venduto a prezzi molto più bassi rispetto a quello che aveva in condizioni normali; soprattutto legname da opera». Marco Pellegrini