Mezzi d’opera in azione attorno al Vanoi. Due interrogazioni, presentate a distanza di pochi giorni al Consiglio regionale Veneto e alla Provincia autonoma di Trento chiedono alle rispettive istituzioni di fare chiarezza in merito al rinnovato attivismo nei pressi di Canal San Bovo. Si tratterebbe, si legge nell’interrogazione prodotta a Trento dalla consigliera di Alleanza verdi e sinistra, Lucia Coppola, di attività di trivellazione e carotaggio che andrebbero a sondare il terreno in località Pian di Mottes, nel territorio della Provincia autonoma, in quello che sarebbe potuto essere il sito alternativo per la realizzazione dell’ormai celeberrimo invaso da 20 milioni di metri cubi d’acqua.
«I carotaggi e le trivellazioni si fanno prima di partire – interviene netto Renzo Masolo, consigliere di Avs a Venezia – non alla fine, quando le ipotesi e le alternative progettuali sono già state scritte e addirittura scelte perché, a quanto pare, il Consorzio ha scelto proprio quel sito di Pian di Mottes come alternativa». Il timore è che, archiviata la possibilità di realizzare l’invaso nella sua variante veneta, possa in qualche modo riproporsi sul versante trentino dove la contrarietà della popolazione e delle istituzioni è forte. Il consigliere Masolo non si è limitato a interrogare la Regione lo scorso lunedì 30 giugno, ma ha anche raggiunto di persona il sito, trovando le macchine ma nessun avviso particolare, nessun cartello esplicativo del cantiere e neppure una delimitazione chiara del sito di intervento. «Ho presentato un’interrogazione in Consiglio anche se non è la Regione che ha incaricato questi lavori ma il Consorzio Brenta – commenta Masolo, allarmato – Ho chiesto anche un appuntamento con il commissario, visto che non essendoci un Consiglio di amministrazione è il più informato di tutti, e perché in ogni caso voglio capire se questi lavori che hanno intrapreso sono utili. Anche perché la Provincia di Trento ha più volte ribadito la sua contrarietà e quindi penso che i soldi possano essere investiti in altro modo». A mancare sarebbe, insomma, proprio la logica dell’intervento: sondaggi tardivi rispetto all’iter avviato e anche fuori luogo, nella misura in cui l’invaso non s’ha da fare né da un versante, né dall’altro.
«Non abbiamo ancora un riscontro diretto da parte del Consorzio – chiarisce Daniele Gubert, attivista e da qualche mese anche sindaco di Imer, Comune della provincia autonoma di Trento in Trentino-Alto Adige – Si tratta di operazioni che facevano parte del pacchetto dello studio di fattibilità e chissà perché le hanno fatte all’ultimo momento. Sarebbe stato logico che fossero state fatte preliminarmente allo studio proprio perché per poterne valutare anche i risultati. Abbiamo discusso con tutti gli attori interessati magari anche di dati non completi, non si capisce perché i dati più di dettaglio li acquisiscono dopo la procedura di impatto pubblico». Probabilmente, questa la spiegazione che si dà il sindaco del piccolo Comune trentino, adesso il Consorzio è in fase di rendicontazione per ricevere i finanziamenti del Ministero e quindi ha bisogno di finalizzare tutti gli interventi rimanenti per ottenerne il rimborso spese. La percezione della popolazione, però, è quella di un passo avanti verso il completamento dell’opera ma il sindaco – mai proverbio fu più calzante – getta acqua sul fuoco: «Siamo moderatamente tranquilli sul fatto che non sia un passo avanti, dopodiché bisognerà vedere come vanno le elezioni del Consorzio, attualmente senza governance, e quelle della Regione Veneto». La questione è complessa: archiviata tra mille vicissitudini l’opzione veneta, il bacino realizzato nel settore trentino rappresenterebbe probabilmente l’ultima possibilità per salvare un’opera controversa.