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Veneto: pronto soccorso affollati. Codici bianchi, perché così tanti? La Regione parla di sanità
Troppi codici bianchi in Veneto nei pronto soccorso rispetto alle altre Regioni.
FattiTroppi codici bianchi in Veneto nei pronto soccorso rispetto alle altre Regioni.
È l’allarme lanciato dalle consigliere regionali del Partito democratico Vanessa Camani e Anna Maria Bigon, nel corso di conferenza stampa tenutasi a Palazzo Ferro-Fini lo scorso 4 febbraio. «Secondo i dati elaborati e diffusi recentemente da Agenas – argomentano le consigliere – a fronte di 1.417.000 accessi nei pronto soccorso nel 2023, il 54,99 per cento è stato classificato come un codice bianco. Un’anomalia che si traduce in una spesa significativa per i cittadini e che impone la massima attenzione per l’adozione di adeguate contromisure». Il confronto con altre Regioni è evidente: i codici bianchi rappresentano il 13,06 per cento in Emilia-Romagna, il 10,37 per cento in Piemonte e l’8,23 per cento in Lombardia. Qual è l’origine del fenomeno? Secondo le esponenti dell’opposizione il motivo risiede negli introiti che la Regione riceve grazie ai ticket derivanti proprio dall’assegnazione dei codici bianchi. Inoltre, molti cittadini si riversano negli ospedali perché le liste d’attesa per programmare visite specialistiche sono troppo lunghe; altro tassello mancante è quello dei medici di famiglia, che svolgono una funzione di filtro e contenimento. Gli addetti ai lavori confermano in parte questa versione, puntualizzando alcuni elementi: «Il sistema triage che codifica gli accessi ai pronto soccorso non è lo stesso su tutto il territorio nazionale – spiega il Vito Cianci, direttore Unità operativa complessa del pronto soccorso dell’Azienda Ospedale Università di Padova – A parità di pazienti che si presentano in ps, i codici minori sono assegnati in modo diverso tra le varie Regioni mentre i codici più gravi sono più simili. È fondamentale sottolineare che l’assegnazione di un codice colore in entrata dei pazienti in ps obbedisce alle regole del sistema triage che è indipendente dall’attribuzione finale del codice in uscita. Ma esiste un gruppo di monitoraggio che verifica la corrispondenza tra i codici assegnati in ingresso e in uscita e, solitamente, combaciano abbastanza: se così non fosse avremmo o troppi ricoveri inutili o, viceversa, un aggravamento repentino tra le persone in attesa, classificate come codice bianco. Questo, invece, non accade. Chiaramente se un paziente esce con un codice bianco è chiamato a partecipare alle spese sostenute dal Servizio sanitario nazionale con un ticket, ma questo non deve essere visto come una punizione, a mio avviso il sistema è perfettibile ma è a un livello già soddisfacente. Un tema a parte è quello delle liste d’attesa per cui molti si riversano in ps, ma la Regione ci sta lavorando, a cui si aggiunge la carenza di medici di medicina generale sul territorio, e un’aumentata sensibilità delle persone a farsi controllare, specie dopo il Covid». Sul tema puntualizza anche Giovanni Leoni, segretario regionale della Federazione Cimo Fesmed Veneto, il sindacato dei medici: «C’è un decreto della Regione che, fin dal 2011, stabilisce i criteri per l’assegnazione dei colori nei ps. L’elevato numero di codici bianchi, con il conseguente pagamento di ticket, va letto come uno strumento per disincentivare l’accesso in ospedale quando non è davvero necessario. Tuttavia il “rischio” di dover pagare non ha funzionato a dissuadere i cittadini e se consideriamo la carenza dei medici di emergenza (che vengono integrati in gran parte con l’affidamento a cooperative) le condizioni di lavoro, la mancanza di posti letto per chi resta in osservazione, i quotidiani problemi di sicurezza legati alle aggressioni, gli stipendi inadeguati, tutto questo ci dà il quadro dell’attuale situazione dei pronto soccorso veneti». Come uscire dall’impasse? «Reinvestiamo i ticket nella sanità, rivediamo i contratti, miglioriamo le condizioni di lavoro nei Ps».
Dal maggio 2023 a dicembre 2024, il Veneto ha ridotto drasticamente le liste d’attesa per le prestazioni sanitarie. A confermarlo il presidente Regione Luca Zaia, insieme all’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, durante il punto stampa di lunedì 1o febbraio. Azzerate le priorità B (da garantire entro 10 giorni dalla prescrizione), meno 87 per cento per le D (30 giorni) e meno 77 per cento per le P (60-90 giorni). Per Zaia è stato possibile grazie al monitoraggio digitale avanzato, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, alla collaborazione tra medici e ospedali e al potenziamento del personale. Zaia aggiunge: «Si indaga di più e si dilatano i tempi» e sottolinea che il problema principale resta la carenza di medici: «In Italia ne mancano 50 mila, 3.500 in Veneto. Per ridurre i tempi serve eliminare il numero chiuso a Medicina e lavorare oltre l’età pensionabile».
Andrea Benato