È leggera, resistente, facilmente modellabile ed economica. È ovunque: negli oggetti che usiamo, nei vestiti che indossiamo ma è anche nel cibo che mangiamo e nell’aria che respiriamo. Stiamo parlando della plastica, oggi considerata un problema globale. Il suo impatto sugli ecosistemi e l’inquinamento che produce è al centro della Giornata mondiale dell’ambiente 2025 che si celebra il 5 giugno, istituita dalle Nazioni unite nel 1972. La plastica appunto, questo materiale che ha segnato la modernità, entrando nella quotidianità di miliardi di persone, oggi ci sta presentando un conto salatissimo in termini di inquinamento: basti sapere che non si degrada facilmente, restando nell’ambiente per decenni, a volte per secoli, accumulandosi nei mari, nei fiumi, nei suoli e nell’aria. Questo materiale si frammenta infatti in particelle piccolissime, chiamate microplastiche o nanoplastiche, che finiscono nei nostri polmoni e nei cibi che consumiamo, danneggiando seriamente la salute umana. Inoltre, la contaminazione da plastica altera gli habitat naturali e compromette gli equilibri delle specie: i rifiuti plastici ostacolano la vita di molti organismi, soffocano piante e animali e impediscono la rigenerazione degli ecosistemi. Tutto questo mette a rischio la biodiversità e la stabilità ambientale, da cui dipende anche la nostra stessa sopravvivenza. Nonostante questo scenario alquanto preoccupante il suo consumo globale è quadruplicato negli ultimi 30 anni, spinto soprattutto dai mercati emergenti. In tutto il mondo, ogni anno ne produciamo più di 400 milioni di tonnellate e si stima che solo il 15-20 per cento venga riciclata (la maggior parte finisce invece in discarica, viene incenerita o dispersa nell’ambiente, contribuendo all’inquinamento). Maria Cristina Lavagnolo è docente all’Università di Padova nel dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale, occupandosi in particolare della gestione dei rifiuti e di economia circolare. «Il consumo della plastica, nonostante le controindicazioni, sta aumentando a livello globale, questo per le sue interessanti proprietà. La Giornata mondiale dell’ambiente 2025 è un’occasione per riflettere tra le altre cose su quello che comporta lo smaltimento di questo materiale, in particolare durante il processo di riciclo, che può portare alla concentrazione di sostanze tossiche note come inquinanti emergenti. Questi composti, presenti o assorbiti dalla plastica, non vengono completamente eliminati e possono accumularsi nel materiale riciclato, rappresentando un rischio per la salute e l’ambiente. Inoltre il suo riciclo presenta un’altra criticità: i prodotti ottenuti non hanno le stesse caratteristiche di quelli originali e possono rilasciare microplastiche o contenere elevate concentrazioni di contaminanti, rendendo il risultato finale meno sicuro e meno sostenibile». Per l’esperta, tra le soluzioni che si possono adottare c’è l’economia circolare che ha come paradigma quello di «minimizzare i rifiuti, quindi di fare tutto il possibile prima di arrivare allo scarto, perché il successivo step è il riciclo. Nell’economia circolare si punta sull’ecodesign, quindi sulla progettazione di prodotti pensati fin dall’inizio per essere facilmente riutilizzabili, riparabili e, se necessario, smantellabili, così da facilitare il loro reinserimento nei processi di riciclo e ridurre l’impatto ambientale». A monte di ciò che stiamo vivendo oggi, secondo l’esperta, c’è un’economia basata su un modello consumistico che ha generato un’eccessiva produzione e un consumo spropositato di questo materiale: «È un sistema deleterio sotto tanti punti di vista, ma tornare indietro è estremamente complesso». Per Maria Cristina Lavagnolo è necessario quindi che ci sia una presa di consapevolezza da parte dei cittadini, delle istituzioni, delle aziende, che esiste un problema molto rilevante, partendo dal «responsabilizzare le persone». Dal punto di vista legislativo qualcosa si è già mosso: è del 2019 la direttiva europea che riguarda i prodotti in plastica monouso, comunemente nota come direttiva Sup (Single use plastics). In Italia è stata recepita con un decreto legislativo a novembre 2021, con cui si vieta l’immissione sul mercato di determinati prodotti in plastica monouso, si riportano alcuni obblighi di riciclo e si promuove l’uso di materiali alternativi riutilizzabili. Tra questi c’è la bioplastica, considerata più sostenibile della plastica tradizionale, ma non può essere un sostituto valido per tutti gli usi. Può essere prodotta da fonti rinnovabili e, in alcuni casi, è anche biodegradabile. Tuttavia non tutte le bioplastiche si degradano facilmente in natura e la loro produzione può richiedere molte risorse, come acqua e suolo. Per questo motivo, da sola non basta a risolvere il problema dell’inquinamento da plastica.
La Corea del Sud ospita il 5 giugno la Giornata mondiale dell’ambiente 2025. La principale autorità mondiale in materia ambientale è la United nations environment programme (Unep) delle Nazioni unite, che si occupa di informare e incoraggiare Stati e popoli a migliorare la propria qualità di vita senza compromettere quella delle generazioni future.
Il 5 giugno si celebra la Giornata mondiale dell’ambiente, istituita dalle Nazioni unite nel 1972. È il principale appuntamento internazionale dedicato alla sensibilizzazione ambientale. Il tema del 2025 è l’inquinamento da plastica, una delle minacce più gravi per la salute globale. Un tempo simbolo di progresso, oggi se ne coglie tutta la problematicità: non si degrada facilmente, resta nell’ambiente per decenni, a volte per secoli, accumulandosi nei mari, nei fiumi, nei suoli ma non solo. Dispersa nell’ambiente si frammenta in particelle piccolissime, chiamate microplastiche o nanoplastiche, che finiscono anche nell’aria, quindi nei cibi che consumiamo. Nonostante questo negli ultimi 30 anni il suo consumo è quadruplicato, spinto dalla crescita nei mercati emergenti. La Giornata ci ricorda che ognuno di noi può fare la differenza con scelte consapevoli, con meno sprechi e più rispetto per la terra.