C’è un impulso ancestrale, inevitabilmente riconducibile alla sopravvivenza – nella caccia sia come preda, sia come predatore – se ancora oggi l’essere umano ha un adrenalinico rapporto con la velocità. Istintivo, famelico, fino a diventare ossessivo.
Anche da bambini, a pensarci, senza aver mai visto un genitore o un insegnante farlo, ci si metteva “alla prova”, ci si sfidava correndo, uno accanto all’altro, per arrivare prima degli altri amici. Per il gusto di tagliare un immaginario traguardo lasciando tutti gli altri alle spalle, per il gusto di sentirci i più veloci. Dopotutto è la lettura che ci suggerisce, tra le righe, l’impresa di Valentina Greggio, sciatrice di velocità – per l’appunto – pluripremiata. Di Verbania, 34 anni fra un mese, Greggio, come nessun’altra collega ha fatto in questo sport, ha alzato al cielo sei Coppe del mondo e quattro Mondiali. Ma lei stessa rimarca: «Non è quello che conta di più… Per noi più di tutto vale il record». Ecco, la giovane donna accetta di gareggiare contro Hermes, divinità dai sandali alati. È battere tutti sul tempo, senza limiti. Nove anni fa Valentina è diventata la donna più veloce del mondo, conquistando il record di sci di velocità, a Vars, sulle Alpi francesi: giù in picchiata a 247,083 chilometri orari, frantumando i 242,590 km/h del 2006 di Sanna Tidstrand. Ma Valentina non si è di certo fermata. Torna quel tarlo, quel mettere la testa e il corpo prima degli altri. Uomini e donne, senza distinzioni. Essere “semplicemente” la più veloce e stop. Lo scorso 2 febbraio, vincendo la tappa di Coppa del mondo sempre a Vars, ha stabilito un nuovo primato assoluto, diventando la prima donna capace di segnare una velocità superiore a quella del vincitore della gara maschile: Valentina Greggio, infatti, ha bruciato i 202,140 chilometri orari, contro i 202,120 del connazionale Simone Origone, sua ispirazione. Mai successo prima. «Abbiamo tutti cercato di pensare in quale altro sport una donna abbia battuto gli uomini – ha raccontato – E non abbiamo trovato granché». È l’affermazione del velox latino, connesso al verbo vegere. Cosa significa? Essere vivo.
