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Mappe IconMappe | Mappe 13 – L’industria libraria – marzo 2023

mercoledì 15 Marzo 2023

Piccole, libere e indipendenti: evviva le librerie di quartiere

La cultura, in quanto accrescimento personale del sapere, è spesso associata al nutrirsi.

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

Si parla di cultura come cibo per la mente e del resto risalendo all’etimologia del termine, il latino ci rimanda al verbo coltivare che in sé contiene la parola cura. Cultura, cibo, prendersi cura: non stupisce, allora, se nel pieno della prima pandemia, nel marzo 2020, mentre tutti restavano a casa, per le strade di Padova alcuni “speciali” rider hanno consegnato pizze a domicilio. O meglio, una selezione di libri a sorpresa, all’interno dei cartoni per le pizze. Seppur breve, è stata un’iniziativa della Limerick, libreria indipendente del quartiere Arcella, che ha provato a far compagnia a distanza, strappando anche un sorriso. In questo gesto risiede l’essenza delle oltre 2.400 librerie indipendenti disseminate in Italia. Un’attenzione al territorio, al quartiere o al paese di appartenenza, all’essere libreria al di fuori della libreria come edificio. Rappresentano il 66 per cento di un arcipelago composto da 3.640 librerie e che genera oltre 10.700 posti di lavoro, equivalente del 12 per cento delle imprese italiane. Un mondo che costantemente deve fronteggiare il calo di lettori, le difficoltà burocratiche e che ha visto in dieci anni, dal 2012, la chiusura di 261 saracinesche, ma che ogni giorno sperimenta nuove strade per crescere nuovi appassionati e tenere accesa la luce della cultura, soprattutto nelle zone cittadine lontane dai traffici turistici: «Questo ha senza dubbio dei pregi, ma non mancano i difetti – spiega Grazia Raimondo della Limerick – Il difetto è che i tuoi clienti non possono crescere tanto più del quartiere e quindi puoi contare più o meno su quelli che abitano intorno. Io però ho la fortuna di lavorare in un quartiere grande, sono anche l’unica libreria e spero sempre in un margine di crescita ulteriore. Il pregio è che sei proprio un punto di riferimento umano e questa è senza dubbio la parte del lavoro che più mi piace: è il fatto di avere così tanto a contatto, consigliare, organizzare attività con le associazioni, con le scuole attorno. Questo attaccamento forse c’è stato “restituito” durante la pandemia, con le dimostrazioni da parte dei clienti». È “servita” del resto proprio la pandemia a innalzare finalmente lo status del libro a elemento imprescindibile. Nella girandola dei vari decreti che si sono susseguiti durante i lockdown, il libro è stato considerato un bene essenziale, e le librerie erano state inserite nelle tipologie di commercio al dettaglio che potevano rimanere aperte anche nelle zone rosse, quelle in cui si poteva uscire di casa solo per ragioni di comprovata necessità. E sempre nei primi mesi di chiusura totale, il 25 marzo 2020, è entrato in vigore il Piano nazionale d’azione per la promozione della lettura, una legge che, tra le altre cose, ha fissato il tetto di sconto al 5 per cento, sia fisicamente che per gli store online: «Un muro di protezione attorno alle piccole librerie – ricorda Antonio Zaglia, titolare della libreria Gregoriana Estense di Este e presidente regionale dei librari Ali Confcommercio – Prima non eravamo competitivi rispetto ai centri commerciali, alle grandi catene e soprattutto rispetto all’online che offre un prodotto già di per sé scontato». In piena pandemia in Veneto hanno aperto tre librerie, a Lonigo, Mestre e nell’Alto Trevigiano, che si sommano alle attuali 276 presenti nella Regione, tre in più rispetto al 2019, è di fatto la conferma di un trend costante. «Stiamo cambiando pelle, ma dopotutto siamo stabili» ha aggiunto Zaglia.

E la pelle, sì, è cambiata nel corso degli anni anche per resistere alla concorrenza delle più strutturate catene fino ad arrivare ai colossi, capeggiati da Amazon e dall’opportunità di ordinare libri semplicemente con un click e riceverli il giorno dopo sullo zerbino di casa. In Italia, nel 2022 il 42,2 per cento degli utenti ha comprato libri attraverso internet, in crescita rispetto al 29,6 per cento del 2019. Eppure lo scorso febbraio il giornale tedesco Die Zeit ha intitolato “Es gibt ein Leben nach Amazon” (c’è una vita dopo Amazon) raccontando come negli Stati Uniti le piccole librerie indipendenti stiano sbocciando rispetto all’azienda di Jeff Bezos. E non si tratta solo di un affaire tra offerta via web e offerta “reale”: Amazon, infatti a partire dal 2015, aveva aperto 68 librerie fisiche, un potpourri di titoli scelti in base alle recensioni positive ricevute sulla propria piattaforma online. Ebbene, a marzo 2022, tutte le 68 sedi hanno chiuso.C’è dell’altro, dunque, ed è quello che Antonio Zaglia chiama lavoro di sartoria: «Una qualità delle medio-piccole librerie è che hanno la possibilità di identificarsi con il contenuto del proprio negozio, farne identità. Abbiamo la libertà di scegliere ciò che è più opportuno trasmettere come messaggio. Il libraio diventa “l’amico del cuore”, non vendiamo un oggetto, ma un emozione: quando leggiamo il nostro stato d’animo si trasforma, il libro parla». La fisicità del libro gioca ancora un ruolo importantissimo e non è una patina impolverata di un’abitudine esclusiva degli adulti. Nella fascia pre-adolescenziale la lettura esclusivamente digitale riguarda, infatti, solo l’1 per cento del campione dell’indagine condotta dall’Osservatorio Kids; il 48 per cento, legge sia in modalità fisiche sia digitali, mentre la maggioranza, il 51 per cento, continua ad affidarsi solo ai libri a stampa. Lontano da smartphone e app. «Il profilo del libraio o della libraia è cambiato rispetto all’immaginario di trovarselo dietro al bancone a leggere un libro – è l’opinione di Lisa Fantinato di Lester e Bob, libreria specializzata per bambini nel centro di Cittadella – Negli anni abbiamo capito che era necessario coinvolgere il pubblico, organizzare eventi eterogenei, fidelizzando clienti che in altro modo non sarebbero entrati. Un esempio? Abbiamo organizzato un’escursione per osservare gli uccelli e poi proposto alcuni titoli sul tema La libreria della Gdo (grande distribuzione organizzata) si prende sicuramente la fetta di pubblico interessata al libro commerciale di cui già conosce titolo e autore. Quindi il surplus è distinguersi».

La scuola che forma i futuri librai

Librai non ci si improvvisa. Ed è per questo che dal 2006, la Scuola librai italiani, nata a Orvieto su iniziativa dell’Associazione Librai Italiani (Ali-Confcommercio), dell’Università Ca’ Foscari, ha l’obiettivo di formare una nuova generazione di librai professionalmente preparati ad affrontare un mestiere complesso e in continua evoluzione.Antonio Zaglia riferisce che negli ultimi due-tre anni, la richiesta è triplicata rispetto al periodo prepandemico: c’è chi ha appena finito gli studi e si è laureato, ma ci sono anche 45enni che già lavorano e che hanno il sogno nel cassetto di diventare librai. In questi anni, dopo il master di formazione, circa un centinaio di iscritti ha trovato lavoro come libraio o aprendo un’attività in proprio o all’interno di una realtà già avviata.

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