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Chiesa IconChiesa | In dialogo con la Parola

mercoledì 7 Maggio 2025

IV Domenica di Pasqua *Domenica 11 maggio 2025

Giovanni 10,27-30

Redazione
Redazione

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Continua anche questa domenica

la forza prorompente della risurrezione di Gesù. Dove si accende non molla più. Addirittura trasforma le difficoltà in maggiore fecondità, trovando proprio negli ostacoli nuove occasioni per allargare il messaggio fino ai confini estremi della terra. E non solo, fino all’eternità. Basta vedere che cosa succede oggi a Paolo e Barnaba quando «ad Antiochia in Pisidia quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore» (At 13,44).

Gesù lo aveva detto chiaramente ai suoi discepoli: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono» (Gv 10,27). Attenzione, non è scritto «le mie pecore ascoltano la mia parola», ma «ascoltano la mia voce». Non è necessario neanche capire ciò che la parola del pastore dice, alle pecore basta avvertire il suono della voce del pastore e subito… «lo seguono». Tra Dio e l’umanità, infatti, c’è un feeling intimo, del tutto naturale. I due vivono d’una reciprocità assoluta. Se Dio, per averle sempre sotto gli occhi si è tatuato sulle palme delle mani le mura di Gerusalemme, l’umanità, per quanto gli volti le spalle e moltiplichi i suoi tradimenti, si porta Dio ugualmente dietro, anzi dentro: come nostalgia del cuore, come indirizzo di casa, approdo sicuro in mezzo a tutte le tempeste. 

E così per i figli basta avvertire la voce del Padre e immediatamente si riconoscono nella loro verità più nascosta, si sentono leggere l’anima con l’alfabeto più viscerale, pronti all’abbandono più personale. Pronti a seguirlo ovunque. Su sentieri solo suoi, che portano diritti da una città all’altra, fino a raggiungere addirittura l’eternità. Lui, Dio ci scommette sopra la sua stessa vita. Infatti, «io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno – afferma Gesù – e nessuno le strapperà dalla mia mano» (Gv 10,28). 

E l’eternità, di cui parla Gesù, non è quella che arriva solo dopo che i giorni si son fermati sul calendario degli uomini. L’eternità, che Gesù dà alle sue pecore, è un lievito che dà spessore di sapienza fin da ora a ogni nostro gesto, riempiendolo di gioia, impregnandolo di gusto, garantendolo contro ogni perdita. «Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (10,29).

Il risultato è più che assicurato! 

Lo attesta di persona Giovanni. «Ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (Ap 7,8). Il risorto tracima oltre tutte le frontiere, portando la sua risurrezione oltre ogni tempo. E così, a casa del Padre loro, arrivano figli da tutti gli angoli del mondo, impreziositi dalla «grande tribolazione» (7,14) della terra. «Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani» (7,9). «Uno degli anziani disse: “Hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna. Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,14.16-17). Infatti, «in te è la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce» (Sal 36,10) asserisce il salmo. 

Sono panorami affascinanti, ma troppo grandi per chi rimane legato ai confini della legge. Lo avvertono chiaramente i giudei, che «videro quella moltitudine: furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo» (At 13,43-45). «“Poiché voi respingete la Parola di Dio – è la pronta risposta di Paolo e Barnaba – ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani”. E i pagani, nell’udire ciò, si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero» (13,46-48).

È la sintonia che immediatamente avverte quanti si lasciano raggiungere dallo Spirito, anche se per il tempio sono pagani senza dio. È la Parola del Signore che rompe ogni misura e «si diffondeva per tutta la regione», inarrestabile. Ci provano i giudei ad arginarne l’impetuosità. Infatti, «sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li cacciarono dal loro territorio» (At 13,50). Ma è tutto inutile, perché «essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio» (Ivi). Cacciati da una città, ne raggiungono un’altra, «pieni di gioia e di Spirito Santo» (13,52). Che problema c’è? – canta il salmo responsoriale – egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione» (Sal 99,2-3.5).  

frate Silenzio

Sorella allodola

È pronto a perdere se stesso Dio per non perdere nessuno di noi!

Nella foto: Giovanni Segantini, Dopo il temporale (1883, collezione privata).

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