Ha pregato nel silenzio delle grotte vaticane, è sceso lungo via della Conciliazione per benedire ogni persona e il mondo, si è visibilmente commosso nel ricevere il pallio e l’anello, ha citato sant’Agostino e il predecessore Leone XIII.
Ma nella messa d’inizio pontificato, davanti a oltre 200 mila persone e rappresentanti di 170 Paesi, papa Prevost ha scandito soprattutto quello che vorrebbe fosse «il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato». Ne ha delineato le origini, le dimensioni e la missione in un’omelia programmatica, partendo dal conclave («abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica») dal quale egli è stato scelto «senza alcun merito», come ha premesso umilmente. e grotte vaticane, è sceso lungo via della Conciliazione per benedire ogni persona e il mondo, si è visibilmente commosso nel ricevere il pallio e l’anello, ha citato sant’Agostino e il predecessore Leone XIII. Ma nella messa d’inizio pontificato, davanti a oltre 200 mila persone e rappresentanti di 170 Paesi, papa Prevost ha scandito soprattutto quello che vorrebbe fosse «il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato». Ne ha delineato le origini, le dimensioni e la missione in un’omelia programmatica, partendo dal conclave («abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica») dal quale egli è stato scelto «senza alcun merito», come ha premesso umilmente. «Con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia», ha confessato il primo papa nordamericano (anzi, meglio: panamericano) e agostiniano eletto lo scorso 8 maggio, che si sente chiamato ad essere «un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi». Non «un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri», dirà poi osservando che anche per la Chiesa «non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù». Nella missione affidata da Gesù «amore e unità sono le due dimensioni», che Leone XIV approfondisce con precisione da esegeta (l’amore di Dio verso l’uomo è agape, l’amore fra gli uomini è filia) e colloca nella prospettiva missionaria di papa Francesco, «senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo» per essere invece «un piccolo lievito di fraternità».
Davanti ai rappresentanti delle altre Chiese ha spiegato il suo motto agostiniano, “Nell’unico Cristo siamo uno”, richiamando come «la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace». La messa, solenne nelle litanie d’accoglienza in latino, è stata eloquente della varietà del popolo di Dio che ha salutato il nuovo papa e dell’universalità dei pastori: il pallio è stato imposto dal veronese Zenari, l’anello piscatorio portato dal filippino Tagle, la preghiera affidata all’africano Besungu. Ai leader dei governi e agli ambasciatori di tante nazioni papa Leone ha ribadito che «questa deve essere l’ora dell’amore», mentre vediamo ancora «troppe ferite», fra le quali al Regina Coeli ha citato – sottolineato da molti applausi di solidarietà – Gaza, il Myanmar e «la martoriata Ucraina». Con il suo patrimonio di religiosità popolare, testimoniato dalle Confraternite convenute a Roma domenica per il loro Giubileo, e con le prospettive di affrontare «cose nuove», da oggi riparte con Prevost «una Chiesa che si lascia inquietare dalla storia e che diventa lievito di concordia per l’umanità». Come voleva il predecessore: «Durante la messa – ha testimoniato Leone XIV – ho sentito forte la presenza spirituale di papa Francesco che dal Cielo ci accompagna».