Sguardi preoccupati e parole di chiara volontà, nei partecipanti al sit-in davanti al municipio di Tribano sabato 17 maggio, per manifestare il proprio dissenso verso la realizzazione di un grande polo logistico previsto in territorio comunale. L’area interessata è di circa 150 mila metri quadri e va a estendersi su un territorio attualmente agricolo che, non distante dalla strada regionale 104 Monselice-mare, andrebbe a collocarsi tra le aree produttive industriali e artigianali di Tribano e di Conselve. «È l’ennesimo attacco al territorio – sostengono le associazioni ambientaliste di cui è portavoce Francesco Miazzi – la zona presenta una fragilità idrogeologica di cui non si tiene conto; la colata di cemento comprometterà irreversibilmente il suolo anche quando l’attività verrà dismessa». E la preoccupazione è tanta anche nei coltivatori limitrofi, che vedono le loro proprietà sempre più accerchiate dai capannoni con l’espandersi delle aree industriali. «Le disposizioni della Regione Veneto chiedevano di accertare se vi fosse presenza di specie protette, proprio perché si tratta di un luogo dominato da acque, chiamato da noi del posto “Le Vallette” – spiegano alcuni manifestanti – ma invece ultimamente tutta l’area è stata trattata con diserbante». Il terreno appartiene a un privato, e si tratta di un’area edificabile per la quale già dal 2005 è stato esposto un progetto coinvolgendo le amministrazioni precedenti. Il sindaco attuale, Massimo Cavazzana, è intervenuto più volte sulla questione creando anche un tavolo tecnico di confronto al quale è stato invitato il comitato popolare “No polo logistico a Tribano”. Alle richieste dei cittadini, il sindaco risponde assicurando che l’area non è a rischio di alluvioni e comunque dovrà obbligatoriamente rispettare il principio di invarianza idraulica e le direttive del Consorzio di Bonifica Adige Euganeo. «Se l’obiettivo è davvero quello di tutelare il territorio – afferma il sindaco Massimo Cavazzana – il luogo giusto per farlo è il tavolo di confronto, non la piazza. Amministrare significa affrontare i problemi, studiarli, trovare soluzioni, non alimentare paure». Sta di fatto però che questa mobilitazione locale è iniziata proprio in seguito alla Variante n. 7 al Piano degli interventi del Comune di Tribano con la quale, nel 2023, veniva cambiata la destinazione d’uso dell’area da produttiva a logistica, in previsione di un accordo tra pubblico e privato. Il comitato è nato non solo per tutelare il territorio, ma anche per le perplessità sulla gestione di tale deposito di merci, che porterebbe di sicuro a un aumento del traffico pesante sulla Monselice-mare. Si parla di un incremento dell’1,42 per cento. Gli oltre 20 mila metri quadri di parchi creati negli ultimi anni in paese, per contrastare le emissioni proprio a ridosso delle aree produttive, non bastano a convincere gli scettici: «Questo progetto non è altro che una speculazione edilizia mascherata da sviluppo economico che non porterà benefici ai cittadini ma danni alla salute», ribattono i protagonisti del sit-in, e riguardo ai 170 posti di lavoro che dovrebbero essere offerti temono si ripeta lo stesso copione del vicino polo monselicense, Agrologic, con contratti precari e poche tutele. «Ci prenderemo tutto il tempo necessario per analizzare quanto approvato a oggi dalla commissione Vas (Valutazione ambientale strategica) – promette Massimo Cavazzana – proprio per questo è stato importante istituire un tavolo tecnico aperto ai gruppi consiliari, alle associazioni di categoria e a quelle ambientaliste, in modo da lavorare coordinati per proporre soluzioni concrete e giuste per un riequilibrio ambientale».
Su una superficie di circa 150 mila metri quadrati, a oggi ancora coltivata, ma parte dell’area industriale del Comune, si vuole costruire un polo logistico. I cittadini manifestano preoccupazione . Un progetto che, secondo il comitato popolare, non porterebbe benefici, ma danni alla salute, per l’aumento del traffico e del rumore e dell’ulteriore cementificazione del suolo.
Il Veneto stanzia 14 milioni di euro, provenienti da risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per ristrutturare oltre 600 alloggi di edilizia residenziale pubblica nel triennio 2026-2028. Il bando, rivolto a Comuni e Ater, punta a ridurre il numero di immobili sfitti e migliorarne l’efficienza energetica per provare a risolvere l’emergenza abitativa.