Fatti
C’è una serie di fenomeni che si addensano attorno al mondo del mattone, il quale a sua volta sembra catalizzarli. E questo a poche ore dalla scadenza dell’acconto Imu, che interessa milioni di italiani.
Il primo: soprattutto nelle città si costruisce meno, molto meno. Stiamo parlando del “nuovo”, mentre prosperano le ristrutturazioni. Bene così, c’è più da riqualificare un settore immobiliare ampio e vetusto, che sacrificare altri terreni.
Nel contempo, però, aumenta la pressione della domanda di casa soprattutto nelle medio-grandi città. Di conseguenza, volano i prezzi medi per un’abitazione, raggiungendo livelli ormai fuori dalla portata di molti italiani (che una casa già ce l’hanno) e di quelli – soprattutto giovani – che la ricercano. Detto fuori dai denti: se non hai un immobile da liquidare e/o genitori che ti finanziano, l’acquisto di un appartamentino nelle grandi città è decisamente fuori portata. Ci vogliono da 300mila euro in su. E, nonostante i tassi d’interesse bassi, i giovani non possono affrontare rate di mutui che corrispondono ad uno stipendio intero.
E qui il mattone catalizza un’altra grande questione di questo tempo: le basse retribuzioni, soprattutto per chi debutta nel mondo del lavoro. Così basse che pure l’affitto di un appartamento appare pia illusione. Così capita che si conviva con altri inquilini con modalità da studenti universitari; che si rinviino i progetti di uscita dalla casa dei genitori, o di mettere su famiglia.
Che, soprattutto, ci si sposti sempre di più in quelle cinture urbane che non hanno più niente di geografico, ma sono tali se si considera la logistica degli spostamenti. Più che la distanza fisica, può il collegamento ferroviario, della metropolitana, finanche dei trasporti pubblici su gomma.
Il fatto è che la modernità sta cambiando storiche abitudini italiane: la vicinanza dell’abitazione ad un luogo di lavoro che quasi mai si cambiava; oggi l’abbandono di paesi e territori non più “attrattivi” quanto a servizi e possibilità; la semplicità con cui i giovani fanno le valigie, prendono un aereo e se ne vanno a lavorare e vivere ovunque nel mondo.
A tutto ciò vanno aggiunte dinamiche sociali che si riflettono direttamente sul mondo immobiliare: se non si fanno figli, le case con tre o più camere servono solo agli sceicchi; se un terzo dei matrimoni si risolve con un divorzio, aumenta la richiesta di nuovi spazi abitativi; se un volo aereo costa meno di un pedaggio autostradale, non è infrequente l’acquisto di seconde case in luoghi un tempo impensabili o difficilmente raggiungibili; se i centri commerciali catalizzano gli acquirenti, è chiaro che le bottegucce vedano sempre più serrande abbassate e i proprietari chiedano di convertire quegli spazi, non fosse altro per non pagarci l’Imu.
Non facciamoci ingannare da numeri che lasciano il tempo che trovano: come la recente notizia di un calo generalizzato delle quotazioni immobiliari. Sul mercato ci sono soprattutto case con quotazioni spaventose, che faticano a trovare acquirenti appunto perché inaccessibili ai più. Non solo nelle grandi città, ma anche nelle medie come Bergamo, Verona, Salerno, Cagliari… Invece i bilocali quasi ovunque si vendono alla velocità della luce.