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Chiesa IconChiesa | In dialogo con la Parola

mercoledì 11 Giugno 2025

Solennità di Pentecoste *Domenica 8 giugno 2025

Redazione
Redazione

El Greco, Pentecoste (1600 circa, Madrid, Museo del Prado)

Atti degli Apostoli 2,1-11
Salmo 103 (104)
Romani 8,8-17
Giovanni 14, 15-16.23b-26

Sempre nuove e personalissime  le sorprese di Dio

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Sì, i ricordi della storia passata ritornano tutti, ma per essere travolti da una storia nuova. Si recuperano le radici più profonde, immerse nell’oscurità della terra, ma solo per far danzare nel sole più acceso i freschi germogli di primavera. Impossibile trattenerli, tanto una valanga infuocata di amore travolge la loro voglia di vivere. «Quante sono le tue opere, Signore! – canta il salmo responsoriale – Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature.  Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Sal 103,24.29-30). 

Ce lo aveva promesso Gesù: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16). Non è un nome facile da sciogliere il termine Paraclito. Ma di certo ci guarirà da tutte le nostre paralisi. Infatti, «il Paraclito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (14,26). E non sarà solo esercizio di memoria. Farà, sì, quello che Gesù ha fatto con i discepoli di Emmaus: riprendere il già detto e spalmarlo sul vissuto, illuminando la testa e riscaldando il cuore. Il Paraclito, però, lo farà in «altro modo», molto più intimo. Basta ricordare ciò che succede a Gerusalemme. 

«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano» (At 2,1-2). È la vecchia maniera di presentarsi del Dio d’Israele. Arriva, facendo tremare le montagne, arruffando i mari e investendo di timor sacro gli uomini.  Ma, ecco, «apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo» (2,3-4). Anche il fuoco è un segno di riconoscimento datato, ma ora quel fuoco si riduce di voltaggio e addirittura si divide in «lingue» che vanno ad accendere ciascuno dei presenti. «Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua» (2,5). E così ogni violenza lascia il posto all’attenzione personale, alla tenerezza intima. «Luce dei cuori. Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo – prega la Sequenza del giorno – Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto». 

È un lavoro delicatissimo di sutura, un ripristino prezioso dei dati di fabbrica, chirurgia diretta che si avvale non tanto dell’anestesia totale, ma della riaccensione originale della sensibilità più nascosta. E tutto ritorna a funzionare. «O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa – continua la Sequenza – Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato». 

I risultati sono immediati! Infatti, «cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: “Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?» (At 2,4-8). Cos’è?!

«Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura – ci spiega Paolo – ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15). Lo spirito sveglia in noi la nostalgia di casa, il bisogno del Padre. Ne fa un respiro di risurrezione che, a dispetto di tutte le nostre diversità, ci fa tornare fratelli tra di noi. Anche se «siamo Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi e Arabi: li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio» (At 2,9-11).

Meraviglia? «Se uno mi ama, osserverà la mia parola – ci ripete ancora una volta Gesù – e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Questo spiega tutto. Il resto è solo la conseguenza più diretta. Impossibile fermarla e assurdo confonderla con altre esperienze! Impazziti? Ubriachi? Macché! Solo pieni di Grazia! La stessa che ha riempito Maria, la vergine a Nazaret, la stessa che ha raggiunto Elisabetta nel suo antico dolore. Impossibile non aggiungerci al loro «magnificat». Infatti, così canta il salmo responsoriale: «Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! A lui sia gradito il mio canto, io gioirò nel Signore» (Sal 103,1.34). 

Ci risponde «lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito: attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8,16-17). E, allora, «vieni, Santo Spirito – riprendiamo a pregare noi – Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni. Dona ai tuoi fedeli, che solo in te confidano, i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna».

frate Silenzio

Sorella allodola
Rimbalzi di vita oltre ogni morte, canti di gioia oltre ogni tristezza.

El Greco, Pentecoste
(1600 circa, Madrid, Museo del Prado)

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