Solo in Israele e nello Stato di Palestina si sono contate oltre 8.000 violazioni, mentre in Repubblica Democratica del Congo, nei primi due mesi del 2025, sono stati segnalati quasi 10.000 casi di stupro e violenza sessuale, con oltre il 40% delle vittime bambini: in media, un minore violentato ogni 30 minuti. Cresce anche l’uso di armi esplosive nelle aree popolate, che rappresentano oltre il 70% delle uccisioni e mutilazioni infantili nei conflitti. In aumento del 35% anche i casi documentati di violenza sessuale contro i bambini. A riferirlo è stata Sheema Sen Gupta, direttrice dell’Unicef per la protezione dell’infanzia, intervenuta oggi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite durante il dibattito su “Bambini e conflitti armati”. “Il mondo non riesce a proteggere i bambini dagli orrori della guerra. Dietro ogni cifra ci sono volti, nomi, famiglie distrutte. Ogni violazione è un fallimento morale e lascia ferite che potrebbero non guarire mai”, ha dichiarato Sen Gupta.
Ha poi raccontato storie concrete: una ragazza di 14 anni violentata in Sudan davanti alla madre; sei bambini uccisi in Nigeria da un ordigno inesploso che credevano fosse rottame metallico. Nonostante il quadro drammatico, l’agenda Onu sui bambini e i conflitti armati continua a produrre frutti: oltre 16.000 minori sono stati liberati da gruppi armati nel 2024 e hanno ricevuto sostegno per la reintegrazione. Progressi si registrano in Siria, Colombia, Repubblica Centrafricana, Iraq, Haiti e altri Paesi. L’Unicef ha chiesto al Consiglio e agli Stati membri azioni urgenti su sei punti chiave, tra cui il rispetto del diritto internazionale umanitario, lo stop alle armi esplosive nelle aree popolate, il finanziamento delle attività di protezione e l’impegno concreto con i gruppi armati non statali. “I bambini non sono danni collaterali. Non sono soldati. Non sono merce di scambio. Sono bambini. Meritano di essere al sicuro, meritano giustizia, meritano un futuro. Questa non può diventare la nuova normalità”, ha concluso Sen Gupta.