Idee
Vivere più a lungo, vivere di sensazioni positive
Il volontariato allunga la vita: riduce lo stress, migliora l’umore, promuove uno stile di vita più attivo, aumenta la soddisfazione personale ed emotiva grazie alle relazioni sociali. Il volontariato quindi non solo fa bene agli altri, ma può anche portare benefici per la salute e la longevità di chi lo pratica. Insomma, il volontariato dà gioia e che la gioia che viene dal donare sia un sentimento importante, lo ha ricordato anche papa Francesco: «È nel dono di sé, nell’uscire da sé stessi, che si ha la vera gioia…Cari amici, la gioia! Non abbiate paura di essere gioiosi! Non abbiate paura della gioia!». Gioia e salute, quindi, sembrano un buon connubio e che il volontariato allunghi la vita lo spiega anche Massimo Santinello, professore onorario di psicologia di comunità dell’Università di Padova, ma anche volontario Caritas: «La gioia è un’emozione transitoria, legata a momenti specifici, nel volontariato si vive quando vedi che facendo cambi la vita degli altri: è un’esperienza connessa al fatto in sé, ma anche all’essere in relazione con gli altri. La gioia è collegata anche alla soddisfazione che si vive quando si fa il bilancio dell’esperienza: queste sensazioni a livello neuronale sono quelle che incidono anche sul processo di invecchiamento e diverse ricerche hanno documentato che i volontari vivono più a lungo dei non volontari proprio grazie alle emozioni positive legate a quello che fanno. È una spinta legata al Dna quella di dedicarsi ad attività per altri, di prendersi cura, e questo genera emozioni positive, ma anche altri meccanismi: il sentirsi utile migliora l’autostima e l’essere in relazione con molte persone è un forte predittore di vivere emozioni positive. Questo si collega con il vivere più a lungo, con meno stress. Sono questi gli elementi principali legati a questa cosa che è fare il volontario e che dà gioia».
La gioia sta anche nel capire quanto profondo è il valore del dono: «Quando inizio il mio turno in reparto, provo gioia nello scoprire il piacere di incontrarmi nello sguardo delle persone degenti – racconta Donata Di Lorenzo, volontaria Avo, Associazioni volontari ospedalieri – Sento che è un’emozione forte, una leggerezza, un sollievo capire che mi accolgono volentieri e che parlare con me gli fa bene e me lo dicono. Questo mi dà gioia e contentezza e quando ho finito il mio turno la giornata ha preso una piega diversa. La prima volta che ho provato questa emozione è stato indirettamente: assistevo mia mamma e quando nella stanza entrava questa signora dell’Avo, lo sguardo le si illuminava e vedevo che era contenta. Questo mi ha spinta a decidere di fare questa esperienza di volontariato. Durante il Covid ero allo Iov e si faceva quanto si poteva, ma era emozionante e la gioia era data dalla gratitudine che le persone mi restituivano: questo mi dà la voglia di continuare. Non facciamo niente di particolare, solo compagnia, ma quando ci accolgono, quando non me lo aspetto e scopro che c’è una risposta, è gioia». Una gioiosità, quella del dono, che ricorda le istantanee di corpi sollevati, leggeri, che galleggiano in aria, proprie delle fotografie di Jacques Henri Lartigue che fissano attimi di felicità. Fare volontariato è un comportamento complesso: si deve riconoscere che qualcun altro vive uno stato di bisogno e questo «è connesso a quanto riconosco che altri sono in stato di necessità o che il mondo sta cambiando – aggiunge il prof. Santinello – Riconoscere il bisogno, inoltre, dipende dai valori che mi sono stati trasmessi. Ora anche il volontariato sta cambiando: una volta era azione collettiva, guidata da un senso di partecipazione rispetto alla comunità e dal capire che, se si è all’interno di una associazione, si accettano gerarchia e richieste. Il volontariato dei giovani oggi invece è più sporadico e contingente e riflette esigenze personali». Per Donatella Ranza, presidente dell’Aido, Associazione italiana donatori organi, di Camposampiero e volontaria da 1997, però la gioia arriva dalla capacità di coinvolgere i ragazzi: «Quest’anno, per la prima volta abbiamo proposto agli studenti delle classi quarta e quinta dell’istituto Newton-Pertini di Camposampiero, di presentare una ricerca che riassumesse, dal loro punto di vista, gli scopi dell’associazione e, soprattutto, l’elaborazione di messaggi vocali e grafici per promuovere il valore del dono. La risposta è stata entusiasmante: molto interessati, hanno collaborato tra loro e immaginare con loro come raccontare l’Aido mi ha dato davvero grande gioia». Albert Einstein sosteneva che «il valore di un uomo dovrebbe essere misurato in base a quanto dà e non in base a quanto è in grado di ricevere», ma certo riconoscere il valore di chi offre con generosità tempo, passione e competenze dovrebbe essere più sentito: «È necessario dare riconoscimento al volontario sia da parte dei meccanismi interni delle associazioni che anche dall’amministrazione locale, da chi fruisce di questo lavoro: dovrebbero essere organizzati più eventi, più situazioni in cui viene dato un pubblico riconoscimento alle cose che vengono fatte, perché veramente il lavoro fatto dai volontari è enorme» conclude Massimo Santinello.
Medici senza frontiere è un’organizzazione umanitaria non governativa che dal 1971 offre cure mediche dove c’è più bisogno in ogni angolo del mondo e che per questo e per onorare il suo staff medico, nel 1999 ha ricevuto il premio Nobel per la pace. «La gioia nella mia esperienza come volontaria per una Ong umanitaria arriva quando c’è collaborazione e unità d’intenti, quando c’è la voglia condivisa con gli altri volontari di mettersi in gioco per raggiungere un obiettivo che sarà utile all’associazione – racconta Fiorella Colautti, volontaria del gruppo padovano di Medici senza frontiere – Arriva quando il pubblico, i cittadini che incontro a un evento o al nostro desk informativo mi ringraziano sorridendo e, anche se non siamo noi volontari ad andare in missione e agire sul campo, questo mi trasmette comunque la gioia dell’appartenenza a qualcosa di grande e giusto dove esiste l’umanità, quella vera, e in quel momento mi fa sentire più leggera e ottimista nei confronti del genere umano». Ma c’è dell’altro per la volontaria di Msf: «La gioia arriva quando la risposta positiva del pubblico a una iniziativa benefica supera le nostre aspettative e questo successo mi stimola a pensare a nuove idee e soprattutto la consapevolezza di agire per una causa superiore mi accende intraprendenza ed energia che normalmente non metto nel mio vivere quotidiano. Oppure arriva quando in una classe di liceali vedo accendersi nei loro occhi una scintilla di consapevolezza e interesse, mentre racconto di azioni umanitarie in scenari di crisi lontane dal nostro mondo; quando avverto che sono riuscita a coinvolgerli, perché tempestano di domande me o l’operatore umanitario o l’operatrice umanitaria che sono riuscita a portare in classe tra una sua missione e l’altra»