“Caldo eccezionale” è una definizione che va mandata in archivio perché quello che stiamo affrontando in questa estate è la “nuova normalità” che ci stanno consegnando i cambiamenti climatici. «La frequenza con qui si verificano questi eventi è così ravvicinata che non si può più parlare di eccezionalità – spiega Marco Rabito, tecnico meteorologo -. Eccezionali sono le durate: se negli anni Settanta e Ottanta le ondate di clamore duravano 4-5 giorni, oggi durano il doppio, con ripercussione pesanti sulla salute delle persone più fragili».
Comprendere il cambiamento climatico non è solo questione di scienza ma anche di mentalità, di cultura, quindi ha a che vedere anche con il significato che diamo alle parole. Per esempio, “maltempo”.
«Anche se il cielo è terso e il sole splende, nelle allerte diramate dalla Protezione civile si parla di maltempo, perché queste che viviamo sono condizioni avverse per la vita delle persone, anche se non provocano danni ai tetti o non fanno cadere gli alberi come un acquazzone o una tromba d’aria».
Il giugno 2025 ha battuto tutti i record, afferma Rabito, «è stato il più caldo mai registrato in Veneto». La nostra regione, come tutti i territori dell’area mediterranea, si trova in un “hot spot” del cambiamento climatico (come l’Onu definisce le aree più esposte all’aumento di temperature), con fragilità tutte sue: «Sulle nostre coste abbiamo maree eccezionali e il neo salino che si espande, ma anche in montagna gli apparati glaciali stanno erodendo gli strati di ghiaccio antico, quello che si è formato in migliaia di anni». Un problema per gli escursionisti, che si trovano a percorre vie e sentieri su montagne sempre più fragili, ma anche per la disponibilità idrica: «Il calore va aumentare la evaporazione, e anche se veniamo da un inverno molto piovoso, di fatto ci troviamo al punto di partenza, con la necessità di irrigare».
La velocità in cui tutto questo sta avvenendo è sconcertante. «Quello che è avvenuti a livello globale, l’aumento di un grado e mezzo di temperatura, in Veneto lo abbiamo registrato negli ultimi trent’anni – spiega Rabito -. Tra il 1920 e il 1970 i nostri nonni hanno assistito a cambiamenti che ora avvengono nell’arco di appena 10 anni». Tutto questo non rende le cose facili nell’affrontare il cambiamento climatico: «C’è chi mette la testa sotto la sabbia o chi non fa niente perché le decisioni che si prenderanno ora avranno ripercussioni e benefici (speriamo) fra trent’anni, per cui sul piano del consenso politico non pagano – riflette Rabito -. Tuttavia qualcosa si può fare, come creare percorsi sicuri all’interno delle città e aprire spazi dove poter rimanere al riapro dal caldo. Un modo anche per socializzare perché, non dimentichiamolo, queste temperature hanno anche un costo sociale: l’anziano o chi soffre di malattia mentale, rischia di rimanere isolato».
«L’ondata di calore comporta un aumento della richiesta irrigua su gran parte del territorio regionale, in un momento molto delicato soprattutto per il mais che proprio ora comincia ad aver bisogno di irrigazione». Afferma il presidente di ANBI Veneto Alex Vantini.
L’analisi dei dati probabilistici sulle previsioni del periodo 26 giugno – 6 luglio condotta dal centro sperimentale CeSPII-Consorzio di Bonifica LEB mostra una netta tendenza verso valori medio-alti di evapotraspirazione. Quasi il 60% dei distretti irrigui del Veneto, ovvero i territori di pianura e fascia pedemontana, secondo le attuali previsioni più critiche, raggiungeranno valori sostenuti nettamente superiori alla media del periodo degli ultimi 10 anni. Si tratta di gran parte della pianura interna dove l’evapotraspirazione registrerà valori fino a 10 mm superiori alla media, con una dispersione in atmosfera, nei 10 giorni, di 55-60 mm di acqua rispetto ai 45-50 mm. Maggiormente a rischio saranno i territori a ovest dei colli Euganei, la pianura tra le province di Verona e Vicenza e la marca Trevigiana a confine con il Friuli. Situazione nella media si dovrebbe registrare nel Polesine e nella fascia costiera.
«In questo periodo – spiega il direttore di ANBI Veneto Silvio Parizzi -, in virtù delle forti piogge della prima metà dell’anno, non siamo in situazione di mancanza d’acqua ma un’estate eccessivamente calda e poco piovosa potrebbe causare problemi già dal mese prossimo, considerato che nevi in montagna non ce ne sono e il contributo dai ghiacciai è ormai minimo».