Ieri 1° luglio i dipendenti delle farmacie di Roma hanno incrociato le braccia per quattro ore. Una protesta che si inserisce in una più ampia mobilitazione nazionale avviata all’inizio di giugno per chiedere un contratto adeguato al ruolo, alle responsabilità e al carico di lavoro quotidiano. In Italia ci sono circa 19mila farmacie e 105mila farmacisti: circa 70mila lavorano al banco, 5mila negli ospedali e il resto nell’industria o nella ricerca. Una presenza capillare, fondamentale per garantire un servizio immediato e continuativo. Di una professione preziosa e in continua evoluzione parliamo con Andrea Mandelli (nella foto), presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi), che lo scorso febbraio è stato confermato per il quadriennio 2025-2029.
Presidente, qual è il ruolo della Federazione nel processo di rinnovo del contratto?
È importante chiarire che la legge italiana indica con precisione che le parti che hanno un ruolo attivo nella contrattazione sono i sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori. La Federazione degli Ordini, che ha un ruolo istituzionale e un potere sanzionatorio, non può e non deve svolgere in alcun modo ruoli di rappresentanza sindacale. Questo aspetto genera spesso confusione. Mi capita di sentirmi dire: “Non stai facendo nulla per il contratto”. È vero, ma non perché manchi la volontà: semplicemente non rientra nelle nostre competenze. Il nostro compito è garantire la qualità del servizio, vigilare sul rispetto delle norme deontologiche, promuovere la formazione e l’aggiornamento continui e tutelare la professione nel suo insieme. In particolare, il rafforzamento e la valorizzazione del patrimonio di competenze dei farmacisti, da sempre al centro della politica federale, sono stati il volano dello sviluppo professionale realizzato in questi anni e oggi rappresentano un importante strumento nelle mani dei colleghi al tavolo delle trattative.
Che ruolo ha avuto la Fofi nell’evoluzione della professione?
In questi anni abbiamo lavorato con determinazione per far evolvere la figura del farmacista, seguendo un sogno che ho iniziato a coltivare nel 2005: l’idea di
Questo sogno si è concretizzato con la legge 6/2009, che ha introdotto la “farmacia dei servizi”, e si è rafforzato nel tempo, fino a diventare realtà durante la pandemia, quando i farmacisti hanno dimostrato sul campo senza risparmiarsi il loro impegno e il loro valore.
Oggi come vede questa figura professionale in trasformazione?
Il farmacista è oggi molto più di un dispensatore di farmaci. È diventato un punto di riferimento affidabile per i cittadini, in particolare in una società che invecchia e che vede aumentare le fragilità. Dopo l’esperienza del Covid, il farmacista ha dimostrato la sua capacità di essere protagonista nella rete dell’assistenza territoriale, lavorando in sinergia con medici di medicina generale, ospedali e istituzioni.
La “farmacia dei servizi” ha rappresentato una svolta decisiva. Quali attività rientrano in questo nuovo modello?
Abbiamo compiuto passi enormi: oggi in farmacia si eseguono elettrocardiogrammi, Holter pressori e cardiaci, e persino esami del sangue grazie al prelievo capillare e a strumentazioni diagnostiche all’avanguardia. Siamo impegnati nelle vaccinazioni – non solo per Covid-19 e influenza – ma anche per lo pneumococco e l’herpes zoster. Stiamo ragionando sull’antitetanica e sul potenziamento di quella per l’Hpv, molto importante per i giovani.
Quindi il farmacista svolge anche un importante ruolo nella prevenzione?
Assolutamente. La prevenzione è la chiave per rendere sostenibile il Servizio sanitario nazionale.
A proposito di fiducia, il farmacista può svolgere un ruolo strategico anche contro le fake news in campo medico…Sì, siamo spesso i primi interlocutori quando un cittadino ha un dubbio. Oggi, con l’overload di informazioni su internet, diventa essenziale avere una figura preparata che sappia distinguere tra informazione e disinformazione, tra evidenza scientifica e fantasia. Questo è
Parliamo di farmaci equivalenti: qual è l’atteggiamento dei cittadini nei loro confronti?
Purtroppo permane ancora una certa diffidenza, nonostante siano sicuri e altamente controllati. Il farmacista ha un ruolo cruciale nel rassicurare il paziente e spiegare che il farmaco equivalente è efficace quanto quello di marca. Anche l’Antitrust e l’Aifa hanno sottolineato il nostro ruolo in questo campo.
E la formazione? Come cambia per preparare i farmacisti del futuro?
I nuovi corsi universitari sono già stati aggiornati: includono vaccinazioni, diagnostica di base, telemedicina e comunicazione sanitaria. Solo così possiamo formare farmacisti pronti ad affrontare una società che invecchia, si digitalizza e cambia i propri bisogni.
Quali sono le sfide principali che la professione deve affrontare nei prossimi anni?
Una su tutte è la crisi delle vocazioni. Dopo la pandemia, molti giovani cercano lavori più compatibili con la vita privata. Il nostro, invece, è un lavoro di grande impegno e responsabilità, che richiede sacrifici. Ma è anche una professione che restituisce tanto, perché sei a contatto diretto con i bisogni delle persone.
Qual è il sogno che la guida nel suo nuovo mandato?
Dal 2005 sogno una farmacia che accompagni il paziente, lo ascolti, lo aiuti.