Kenya: la protesta della GenZ si salda alla lotta dei poverissimi
Elisa Lupi, ginecologa, missionaria della Comunità Papa Giovanni XXIII e mamma di cinque figli, vive a Nairobi con il marito Federico Sibona. Seguono un progetto di empowering per le donne sottratte alla prostituzione nei numerosi night club del quartiere “Githurai 45”, un Bronx della capitale. Qui sono testimoni del caos e delle violenze in cui è precipitato il Paese
Una separazione netta tra ricchi e poverissimi, tra chi ha tutto e chi non ha più niente. Un divario fisico e sociale, esasperato da corruzione, tasse e obblighi normativi. È quanto accade nel Kenya – di nuovo in fibrillazione – di William Ruto. Le leggi castigano chi lavora in nero, ossia l’80% della popolazione, e premiano i corrotti. “Mangiare costa e gli esclusi dicono che il mercato è dry, è asciutto. C’è poco da raschiare il fondo del barile: in Kenya le cose sono peggiorate rispetto a un anno fa. I giovani sono scesi di nuovo in strada anche per questo”.
A raccontarci un’altra faccia ancora del malcontento e della rabbia in Kenya, all’indomani delle ondate di protesta della GenZ nelle strade, è Elisa Lupi (nella foto), ginecologa, missionaria della Comunità Papa Giovanni XXIII e mamma di cinque figli.
Poche monetine per mangiare. Chi vive con un dollaro al giorno (129 scellini kenioti, per l’esattezza) con quelle stesse monete compra sempre meno prodotti, spiega Lupi. “Le nostre ragazze contano le monetine nelle tasche a fine giornata e in base a quelle che hanno, decidono cosa mangiare e cosa non mangiare il giorno dopo”. Elisa coordina un progetto di empowering per le donne sottratte alla prostituzione nei numerosi night club del quartiere. Siamo a “Githurai 45”, un Bronx della capitale Nairobi: “È un quartiere brutto, difficile, c’è una sacca di povertà enorme e violenza hard”, spiega la missionaria.
“Una delle proteste del 26 giugno è avvenuta esattamente qui, a pochi metri dalla sede del nostro progetto e infatti quel giorno abbiamo chiuso tutto perché non era prudente rimanere aperti”.
Le violenze fanno il giro del mondo. Lei e suo marito, Federico Sibona, comprendono il senso delle rivolte perché, dicono, “finalmente la gente ha rialzato la testa e questa è una cosa molto buona per il Paese”. “Nessuno è soddisfatto delle politiche di Ruto, tutti sentono che è giusto lottare per i diritti dei poveri”, spiega Elisa. Almeno dodici persone sono state uccise dalla polizia stavolta: “Ma in questo momento le forze dell’ordine sono in tensione: i ragazzi filmano tutto con i loro telefonini e i video delle violenze fanno il giro del mondo”.
Finanziaria “lacrime e sangue” e tasse. Classe media e proletariato poverissimo sono uniti nella lotta: “Per la prima volta si va oltre le divisioni tribali”. La prima protesta in Kenya è iniziata esattamente un anno fa quando il governo ha annunciato una finanziaria “lacrime e sangue”, con aumento di tasse su farina, zucchero e pane. Quella legge venne emendata, ma i prezzi dei beni primari sono aumentati lo stesso. “Sale l’Iva sui medicinali e anche sul pane, ma nessuno ve lo dice”, ha messo in guardia mercoledì scorso Gathoni Wamuchomba, parlamentare dell’opposizione. “Stanno emendando altre leggi per facilitare l’incremento delle tasse e la rimozione degli incentivi. Moltissime cose sono tenute nascoste al pubblico e perciò dobbiamo leggere tra le righe della Finanziaria 2025”.
“Questo governo ha già varato delle leggi contro i poveri”, conferma Elisa Lupi. Si tratta di misure che penalizzano chi non ha niente.
“A una delle ragazze che siamo riusciti ad inserire nel nostro progetto di recupero, hanno impedito di vendere la propria merce in strada per esempio. Ma così non c’è futuro”. I venditori ambulanti senza licenza non sono tollerati: ma in Africa il commercio informale è tutto. E la ribellione prosegue.