Chiesa
Nel solco dell’Anno giubilare e della visita di Papa Francesco al carcere femminile della Giudecca a Venezia lo scorso 28 aprile, prende il via un’importante iniziativa di inclusione promossa dal Patriarcato che ne è anche partner: il 2 luglio la Procuratoria della basilica di San Marco e la casa circondariale maschile di Santa Maria Maggiore hanno siglato un protocollo d’intesa che consente ad alcuni detenuti di lavorare all’interno della stessa basilica. Ma l’accordo – firmato dal primo procuratore Bruno Barel e dal direttore del carcere Enrico Farina alla presenza del patriarca Francesco Moraglia – prevede inoltre visite guidate e attività culturali dedicate ai reclusi e al personale penitenziario. Sottolineato da tutti il valore sociale, spirituale e culturale dell’iniziativa. Renato Brunetta, procuratore di San Marco e presidente del Cnel intervenuto in videocollegamento, ha ricordato che mentre il tasso medio di recidiva in Italia si aggira intorno al 70%, per chi ha avuto accesso a percorsi lavorativi o formativi la percentuale scende al 2%.
Lavoro e dignità. Favorire la rieducazione e il reinserimento sociale attraverso attività professionali legate alla tutela e alla valorizzazione di uno dei luoghi simbolo dell’arte e della spiritualità veneziana, è dunque l’obiettivo del progetto.
![]()
Perché la libertà nasce anche dall’opportunità di un lavoro dignitoso.
I detenuti selezionati, ammessi al lavoro esterno, “saranno impiegati in mansioni di manutenzione ordinaria come operai, restauratori, carpentieri; di custodia, e di accoglienza dei visitatori. Non ricopriranno ruoli da guida turistica, per i quali è richiesta una formazione specifica, ma contribuiranno alla vita quotidiana della basilica secondo le loro competenze e le esigenze della chiesa”, spiega al Sir il direttore di Gente Veneta don Marco Zane.
Parità contrattuale. Elemento chiave la parità contrattuale: verranno tutti assunti nel rispetto del contratto collettivo nazionale, con regolare retribuzione e garanzie, in linea con quanto stabilito dalla Legge Smuraglia che prevede incentivi fiscali e contributivi per le imprese e le cooperative sociali che assumono detenuti e per chi svolge attività formative nei loro confronti.
Il ruolo dei cappellani. L’accordo, prosegue don Zane, “affonda le radici in un lungo percorso pastorale dedicato ai detenuti e iniziato con don Antonio Biancotto, storico cappellano delle carceri veneziane scomparso la scorsa primavera poco dopo la visita di Papa Francesco al carcere della Giudecca, alla quale è riuscito a partecipare, il cui instancabile lavoro oggi prosegue con don Massimo Cadamuro per Santa Maria Maggiore e don Paolo Bellio per la Giudecca”.
Bellezza, riscatto e annuncio di fede. Il protocollo prevede anche visite guidate alla basilica riservate al personale penitenziario e ai detenuti, nonché momenti formativi in carcere tenuti da esperti della Procuratoria. “Queste attività – spiega il direttore di Gente Veneta – si innestano in una più ampia visione pastorale del Patriarcato e intendono rafforzare il legame tra arte cristiana ed evangelizzazione, tema che la diocesi sta sviluppando da mesi attraverso itinerari di fede nelle chiese veneziane, rivolti ai fedeli e ai visitatori.
Oltre alla fruizione turistica, le chiese diventano così luoghi di educazione al bello e alla riscoperta della fede”.
Durante la firma dell’accordo, ricorda ancora don Zane, il patriarca Francesco Moraglia ha sottolineato che i due momenti più difficili per i detenuti sono” l’ingresso e l’uscita, con il timore del rientro nella società”. Per questo, ha spiegato, in sinergia con la Caritas diocesana, la Chiesa di Venezia mette a disposizione dei detenuti in pena alternativa o in uscita delle soluzioni abitative temporanee. Per le donne si tratta di sei posti nella Casa San Giuseppe alle Muneghette (più uno per le emergenze). Per gli uomini, ha detto Moraglia, “spero che alla fine dell’anno se ne garantiscano otto nella Casa San Giovanni XXIII”. “Stiamo pensando anche a Casa mons. Vianello a Campalto, aggiunge don Zane.
Una madre che accoglie. La basilica di San Marco, cattedrale di Venezia, si conferma dunque non solo scrigno d’arte ma cuore pulsante di fede vissuta, capace di accogliere e dare spazio anche ai più fragili e a chi è in cerca di una seconda possibilità”. “In questo modo – conclude don Zane -,
la Chiesa veneziana mantiene l’impegno assunto con Papa Francesco: che i segni del Giubileo non siano solo spirituali, ma pure visibili e concreti, capaci di generare speranza e cambiamento anche andando oltre l’Anno Santo”.