“Un caffè espresso? Arriva subito”. I gesti del barista assomigliano a una danza ritmata, ripetuta così tante volte da divenire automatica. Avvicina il portafiltro al contenitore del caffè, che macina in diretta i chicchi tostati. Compatta quindi quella polvere tanto scura quanto profumata, e poi stringe forte il portafiltro alla macchina. Sistema una tazzina riscaldata sotto il beccuccio di erogazione e poi clic. Inizia la poesia. Una manciata di secondi e dall’acqua bollente in pressione ecco arrivare il caffè. Caldo, cremoso e profumato. La tazzina con il suo contenuto fumante è sistemata sul piattino, dove ad attenderla ci sono la tradizionale bustina di zucchero, un cucchiaino e – non di rado – anche un biscotto o un cioccolatino. E mentre quel concentrato di profumi e sapori viene sorseggiato, il rumore secco e metallico del portafiltro contro il bordo del cassetto dei fondi decreta la fine di quello che aveva generato una così amata bontà.
Dare il meglio di sé e divenire uno scarto, per il caffè è questione di pochi secondi. Ma non per tutto il caffè. Perché c’è anche chi, nei fondi del caffè, ci coltiva i funghi. E non solo.
“Quasi tutti i giorni recuperiamo i fondi del caffè dai bar di Alghero e Olmedo, oltre che gli scarti di torrefazione di due aziende produttrici di caffè a Sassari e ad Alghero”. A parlare è il 36enne Oscar Pilo che, insieme all’amico Andrea Piras – che di anni ne ha 42 – ha fondato nel 2019 la “Pi ‘n’ Pi”, un’azienda agricola basata su un’economia circolare biologica, che produce prodotti di altissima qualità, ricercati dai grandi chef dei ristoranti gourmet di Costa Smeralda, Alghero e San Teodoro.
Con i fondi di caffè raccolti, i due giovani originari di Olmedo creano delle “ballette” – ossia delle piccole balle, una sorta di versione mignon delle più note balle di fieno – che poi vengono appese in verticale nel capannone dell’azienda. “Le ballette – racconta Pilo in un’intervista – hanno la forma di un cilindro allungato, pesano intorno ai sei chili e sono lunghe tra i 50 e i 60 centimetri”. Le ballette vengono inoculate con il micelio, ossia l’apparato radicale dei fughi, che viene preparato e spedito in Sardegna da un’azienda di Firenze, la “Fungo espresso”. A fondare, nel 2014 questa startup basata sull’idea di circular farm, è Antonio Di Giovanni. Nel 2016 Piras – che all’epoca lavorava all’aeroporto di Alghero – frequenta un corso a Firenze da Di Giovanni e ne rimane affascinato. Decide di sfruttare una campagna di sua proprietà a Olmedo e convince il suo amico Pilo – che è diplomato all’agrario, ma che all’epoca riparava smartphone e tablet – a lanciarsi in questa nuova avventura. Entrambi lasciano i loro lavori per dedicarsi all’agricoltura circolare. Di Giovanni accetta di collaborare con i due giovani di Olmedo. Oggi la “Pi ‘n’ Pi” è l’unica azienda in Sardegna a fare questo tipo di coltivazione. Quattro le qualità di funghi che vengono prodotti. Tra questi anche il “fungo ostrica” e un fungo rosa. I funghi impiegano 25-30 giorni per l’incubazione e poi intorno ai 5-6 giorni per essere prodotti e per la raccolta. “Ritiriamo sei tonnellate di caffè al mese, dalle quali creiamo 600 ballette – spiega Pilo – che ci garantiscono una produzione di circa 200 chili di funghi al mese. I funghi che produciamo sono destinati alla ristorazione, ai privati e al mercato Campagna Amica di Sassari.
Ma la storia dei fondi di caffè non finisce qui. Una volta che le ballette sono esauste, il terriccio viene riversato nelle compostiere con i lombrichi californiani che creano un compost di altissima qualità. Il compost viene usato Da Pilo e Piras per concimare fiori eduli, peperoncini (tra i quali anche il Carolina Reaper, il più piccante al mondo) e micro greens – germogli edibili in cui sono spuntate solo le prime due foglioline, che contengono sostanze molto nutritive –, un super food che viene acquistato da ristoranti gourmet di Alghero, Sassari, Olbia, Porto Torres, San Teodoro e Costa Smeralda. Grande la varietà di micro green prodotti da “Pi ‘n’ Pi”: dai piselli sardi alla rucola selvatica, dal cardo mariano alla carota selvatica e alla senape rossa; ci sono poi il girasole e il dailon in quattro varietà: sardo, rosso, viola e rosa. I semi sono prodotti direttamente dall’azienda, altri, invece, vengono acquistati in centri biologici. Non solo. Oltre ai fiori edibili e ai germogli, vengono coltivate anche piante grasse commestibili Tutti prodotti che sono consegnati alla produzione appena raccolti: la mattina vengono tagliati, impacchettati e sono consegnati in giornata.
Una coltivazione in verticale, quella proposta dall’azienda “Pi ‘n’ Pi”, con i suoi funghi che crescono aggrappati alle ballette di fondi di caffè. Ed è anche una coltivazione in verticale, quella che caratterizza il progetto dal “Malessere al benessere… oltre le sbarre con l’aeroponica” promosso nella casa circondariale di Poggioreale. Un progetto, anche in questo caso, che si fonda su un concetto: quello del recupero. Il progetto nasce da un’idea di Luigi d’Alessio, operatore socio-culturale, socio attivo dell’Aps Oltre il Giardino, che ha proposto e coordinato dal 2022 il progetto-laboratorio “Osservare la terra, dalla pratica del giardinaggio alla cura del paesaggio”, che aveva come obiettivo quello di recuperare un’area verde all’interno delle mura carcerarie del carcere napoletano. Per sfruttare al massimo il terreno trasformato in orto si è puntato alla coltivazione aeroponica, che è di fatto una coltivazione in verticale, dove le piantine crescono nei fori di grandi tubi, dove vengono messe a dimora. A spiegare, in un video, i vantaggi della coltivazione aeroponica, è Eleonora Masseretti, che collabora al progetto avviato a Poggioreale e che coltiva da tempo in torri aeroponiche. Quattro sono i vantaggi delle torri aeroponiche. Sono, innanzitutto, sostenibili dal punto di vista idrico, dal momento che la coltivazione nelle torri permette di risparmiare fino al 95% di acqua. C’è poi un significativo risparmio di spazio rispetto alla coltivazione al suolo. Si parla di un risparmio di spazio che può arrivare fino al 90%. I prodotti, poi, hanno dal 30 al 60% di nutrienti in più rispetto a quelli coltivati in suolo col sistema convenzionale. E, da ultimo, ma non per importanza, la crescita delle piantine messe a dimora in torri aeroponiche può arrivare ad essere tre volte più veloce che nel suolo.
A prendersi cura delle torri aeroponiche e delle loro piante sono i detenuti della casa circondariale. L’orto ricavato all’interno delle mura della casa circondariale di Poggioreale permette di fare comunità. I detenuti, infatti, lavorano insieme per coltivare non solo le piante – che, grazie a una convenzione con Coldiretti, vengono anche commercializzati nei mercati di Campagna Amica – ma anche il benessere all’interno del carcere.
Entrambi questi progetti sono stati recentemente premiati con l’Oscar Green di Coldiretti, che anche attraverso i suoi social, ha contribuito a far conoscere al grande pubblico questi due esempi attivi di recupero e di valorizzazione di ciò che si considera generalmente uno “scarto”, ma che in realtà custodisce un sorprendente tesoro di vitalità. Sia quello di Oscar Pilo e Andrea Piras, che quello promosso nella casa circondariale di Poggioreale, è un progetto “in piedi”: “in piedi” sono le ballette di fondi di caffè e “in piedi” sono le torri di aeroponica sistemate nell’orto di Poggioreale. Entrambe potenzialmente pronte a fare il primo passo per tracciare un nuovo cammino e innovativo. Che ribalta la prospettiva e invita a puntare lo sguardo verso l’alto. Pronti a lasciarsi sorprendere da nuovi orizzonti.