È stato un bel momento quello che la parrocchia di Campese – nella collaborazione pastorale Valle del Brenta- Feltrino – ha vissuto mercoledì 2 luglio. L’occasione era data dal 350° anniversario della dedicazione della chiesa all’Invenzione della Santa Croce. La serata ha giocato su tre momenti, in un crescendo quanto mai interessante. C’è stato un primo tempo vissuto sul piazzale antistante la chiesa. Angelo Chemin e Simona Carnevali hanno fatto parlare la storia, accennando alla presenza di monaci venuti direttamente da Cluny, in Francia, e che hanno trovato nella valle del Brenta la terra in cui diffondere la spiritualità di san Benedetto. Sono date e documenti, che forse il tempo ha ingiallito e rinchiuso in archivi a chiave, ma che non hanno smesso di far germogliare giorno dopo giorno sempre nuove attenzioni di umanità, approfondimenti di cultura e gesti di religiosità popolare. L’ultima delle quali è il 4° posto a livello nazionale, il 1° posto a livello regionale del monastero nei “Luoghi del cuore” del Fai. Il secondo tempo ci ha visto, poi, entrare in chiesa e unirci al coro interparrocchiale di Campese, Solagna, Campolongo e San Nazario, per la celebrazione solenne della messa. È stato lì, nelle parole, con cui il vescovo Claudio Cipolla ci ha aperto la parola del giorno, che abbiamo capito come non mai che il depositario della fede dei nostri paesi non è solo il parroco, ma siamo tutti noi, popolo che si fa forte della propria vocazione battesimale. A liberarne le potenzialità, ciascuno non solo ritrova il suo posto nelle varie comunità di appartenenza, ma ne diventa responsabile, addirittura protagonista. Parroco e fedeli si ritrovano a far rimbalzare tra loro in ogni occasione il desiderio di dare sempre vita nuova alla preziosa eredità, che è data loro di servire. Interfacciando reciproche funzioni e attenzioni, in cui nessuno è ignorato o sostituito. E, infatti, è stato così il terzo momento, che abbiamo vissuto nel chiostro del monastero, dopo l’eucaristia. Il vescovo, i sacerdoti della collaborazione pastorale – don Dario Marchioretto, don Alberto Arzenton e don Francesco Farronato – e tutti a scambiarci parole d’incontro, a trovare l’un l’altro parole di speranza, gustando insieme a qualche pezzo di dolce e un po’ di prosecco. Soprattutto il piacere di una vicendevole attesa, dove la storia vissuta diventa lievito di una Chiesa nuova del domani.