“Padre Ezechiele Ramin, martire dei poveri e degli oppressi” rimarca a grandi caratteri uno striscione che apre il corteo (foto in alto). “Padre Ezechiele Ramin: martire della speranza” aggiunge quello verde che lo precede, verde come la speranza della vita che rinasce a primavera. Hanno voluto che le sue parole chiave – poveri, oppressi, primavera, speranza – fossero ben chiare, sin dal principio, i circa tremila partecipanti alla romaria, pellegrinaggio e celebrazione del 40° anniversario della morte del “loro” martire, il missionario comboniano padovano padre Ezechiele Ramin. Un appuntamento, giunto alla decima edizione, che ha unito famiglie provenienti per lo più dagli stati brasiliani di Rondonia e Mato Grosso, sotto un sole cocente e sulla terra rossa e polverosa di Rondolandia, in Rondonia, pregando e cantando con gioia e con rispetto per una terra resa sacra da sangue innocente. Dopo averlo ricordato per una settimana nelle celebrazioni comunitarie, i pellegrini hanno raggiunto il luogo dell’uccisione insieme a missionari e missionarie di differenti congregazioni impegnati in più aree del Brasile, e al vescovo della diocesi di Ji-Paranà, dom Norbert Hans Christopher Foester. Presenti anche 24 rappresentanti della Diocesi di Padova, guidati da don Fernando Fiscon, già fidei donum in Brasile, e per l’occasione da Antonio Ramin, fratello di padre Ezechiele. Chi lo ha visto all’opera, come padre Antonio Hammes (a sinistra nella foto), all’epoca appena ordinato sacerdote nella parrocchia di Cacoal dove padre Ezechiele viveva, ha portato la sua testimonianza, o come il sopravvissuto all’agguato, il sindacalista Adilio de Souza (a destra nella foto), che ha raccontato le drammatiche ultime ore di quel 24 luglio 1985 in cui il comboniano fu ucciso a causa del suo impegno a favore dei piccoli lavoratori della terra e degli indios. «Io non l’ho conosciuto perché, quando viveva qui, facevo parte di un’altra confessione religiosa – racconta Marta do Carmo – Ma, dopo la mia conversione al cattolicesimo, l’ho sempre visto rappresentato con le braccia aperte, pronto ad accogliere e ad abbracciare la gente». La stessa posizione in cui è stato ritrovato, ormai cadavere. Ma dopo l’inverno arriva la primavera, usava ricordare lui stesso. E quindi cosa rimane di padre Ezechiele dopo 40 anni? Risponde il fratello Antonio Ramin: «L’anima. La primavera, le speranze». Lo spirito che si è percepito, la promessa che si è vissuta in questi giorni di memoria, qui.