Con l’arrivo a Roma nella mattinata di giovedì 31 luglio si è concluso il pellegrinaggio dei 470 camminatori padovani lungo la Romea Strata. Dopo giorni di viaggio a piedi, i giovani si sono uniti al migliaio di pellegrini della diocesi di Padova già presenti nella capitale per vivere insieme le ultime giornate del Giubileo dei Giovani.
Al centro di questa esperienza, per chi ha percorso chilometri tra strade, colline e sentieri e per chi ha partecipato sin dall’inizio alle attività a Roma, ci sono state le domande quotidiane: «Dove sei?», «Chi sei?», «Cosa cerchi?». Ogni sera i ragazzi ricevono il nuovo interrogativo, da meditare durante la giornata successiva e da condividere in piccoli gruppi, nei momenti di silenzio o durante le catechesi.
Filippo Marcato, della parrocchia di Sant’Angelo di Piove di Sacco, racconta come ha vissuto la prima domanda, «Dove sei?»:
«Mi sento davanti a uno specchio. A volte appare un po’ opaco, ma riflette non solo la mia immagine: riflette anche i volti delle persone che mi sono accanto e che ho incontrato lungo il cammino. Guardando questo specchio, riconosco con gratitudine esperienze, scelte giuste e sbagliate, e le persone che mi accompagnano. Oggi mi vedo con contorni più nitidi, come se l’immagine fosse più matura, e riesco a intravedere oltre il mio volto. La strada davanti a me ha qualcosa di familiare, ma sento che c’è dell’altro, e mi affido chiedendomi quale cammino il Signore traccerà con me, passo dopo passo».
La seconda domanda, «Chi sei?», ha spinto Sofia Setini, 22 anni, della parrocchia dell’Up Arcella, a guardarsi dentro:
«Se a 90 anni mi chiedessero di raccontare la mia vita, parlerei di quanto mi fa stare bene vivere il contesto parrocchiale: il Giubileo, l’animazione in Azione Cattolica, le persone a cui tengo di più. E parlerei della mia famiglia, della gioia della domenica a pranzo con genitori, fratello, zii e nonna. In un contesto così bello, però, si nascondono paure: temo di non essere abbastanza per chi mi vuole bene, di non riuscire a dare quanto ricevo. La mia speranza è che a 90 anni questa paura non ci sia più, e che io possa raccontare solo esperienze positive».
Accanto a lei, Martina Benetazzo, 20 anni, della parrocchia di San Bellino, ha vissuto la stessa domanda come uno slancio verso il futuro:
«Sono una ragazza con tanta voglia di vivere e di trasmettere valori ai più piccoli. Spesso mi chiedo se ciò che sto facendo sia davvero quello che vorrò raccontare quando avrò 90 anni. Vorrei ricordare esperienze “particolari”, come il Giubileo o un campo itinerante, e raccontarle con l’intento di far innamorare gli altri di una vita piena di gioia e un po’ spericolata. Mi spaventa non riuscire sempre a fare ciò che mi fa stare bene, ma alla fine va bene così: è la vita».
Infine, la terza domanda, «Cosa cerchi?», ha trovato eco nelle parole di Luca Negro, della parrocchia di San Giacomo Minore a Romano d’Ezzelino:
«È da sempre nella natura umana cercare contatto con gli altri. Con le tecnologie moderne si è perso molto di questo aspetto: i giovani si affidano ai social, e anch’io mi sono reso conto di quanto i rapporti digitali fossero diventati centrali. Ho scelto di partire per il pellegrinaggio per cercare un contatto umano vero. L’ho trovato. Ho conosciuto tante persone diverse, e un incontro in particolare mi ha colpito: un ragazzo che vive senza smartphone, usa un vecchio telefono con i tasti. All’inizio non capivo come facesse, poi ho capito che molte cose che ritenevo fondamentali erano solo superflue. Alla fine ho trovato ciò che cercavo, e torno a casa con molto di più di quanto sperassi».
Per i giovani padovani, camminanti o stanziali, queste domande hanno segnato giornate di silenzio e condivisione, aprendo strade interiori che continueranno oltre il Giubileo, nelle scelte e nei sogni di ciascuno.
Ringraziamo Federico Engaldini per aver raccolto le testimonianze.