Mons. Ryabukha (Donetsk), “le parole del Papa sono state un segno grande di tenerezza, non siamo soli”
Mons. Ryabukha, vescovo dell'esarcato greco-cattolico di Donetsk, racconta l’esperienza vissuta dai giovani ucraini a Roma: “durante questo Giubileo, hanno scoperto di non essere soli. Passeggiando per le strade, visitando le chiese o persino facendo la fila per il pranzo o la cena, hanno sentito in modo concreto l’affetto di chi era accanto a loro: ‘Voi siete dell’Ucraina? Noi siamo con voi. Vi vogliamo bene’. Queste parole hanno portato luce nei loro cuori, serenità nei pensieri e la certezza di non essere dimenticati o abbandonati”.
“Sono state parole di affetto. Essere riconosciuti, visti e accolti è un segno grande di tenerezza: la tenerezza di Cristo, della Chiesa e del mondo cristiano. Sapere di essere parte di una famiglia è una risorsa di forza e di speranza”. E’ mons. Maksym Ryabukha, vescovo dell’esarcato greco-cattolico di Donetsk, a commentare le parole di Papa Leone pronunciate ieri, alla recita dell’Angelus di fronte al milione di ragazzi e ragazze presenti a Tor Vergata. Al termine del Giubileo, il Papa ha rivolto un pensiero ai giovani di Gaza, dell’Ucraina, delle terre bagnate dal sangue provocato dai conflitti. “Siamo più che mai vicini ai giovani che soffrono i mali più gravi, causati da altri esseri umani. Siamo con i giovani di Gaza, siamo con i giovani dell’Ucraina, con quelli di ogni terra insanguinata dalla guerra”, ha detto Il Papa.
“Nonostante la gioia immensa con cui è stato vissuto questo grande Giubileo dei giovani, il mondo soffre ancora il dolore e il dramma della guerra in diverse parti del pianeta”, dice mons. Ryabukha. Nelle ore in cui a Roma si celebrava il Giubileo, una pioggia di attacchi ha colpito l’Ucraina. Raid missilistici notturni si sono abbattuti su Kiev. Si contano almeno sette feriti ed edifici distrutti nella città di Mykolaiv. Difficile anche la situazione sul fronte in particolare nella regione di Donetsk dove i russi purtroppo continuano ad avanzare.
“Cari giovani fratelli e sorelle – ha detto il Papa rivolgendosi ai giovani di Tor Vergata -, voi siete il segno che un mondo diverso è possibile. Un mondo di fraternità e di amicizia, dove i conflitti non si risolvono con le armi, ma con il dialogo”. “Le parole di papa Leone – osserva il vescovo di Donetsk – sono un invito a non perdere la speranza, a guardare avanti e ad avere Cristo come traguardo della nostra vita, del nostro cammino e del nostro impegno. Ed esprimono anche fiducia nei giovani, chiamandoli ‘sale della terra e luce del mondo’. Anche i giovani sentono questa carica di speranza e questa possibilità di poter vivere pienamente, con il desiderio di costruire la vita su una roccia sicura: Dio che è il Dio dell’amore e della pace. Insieme alle tante relazioni di amicizia che sono nate in questi giorni, tutto ciò diventa una carica in più a guardare con speranza avanti”.
Erano 2.000 i giovani pellegrini ucraini che si sono messi in viaggio per raggiungere Roma. Erano della Chiesa greco cattolica ucraina e della Chiesa cattolica latina. Hanno seguito il programma giubilare insieme a tutti i giovani del mondo. “C’è un aspetto straordinario – dice mons. Ryabukha – che vorrei sottolineare: i giovani ucraini, durante questo Giubileo, hanno scoperto di non essere soli. Passeggiando per le strade, visitando le chiese, incontrandosi con coetanei agli appuntamenti del Giubileo o persino facendo la fila per il pranzo o la cena, hanno sentito in modo concreto l’affetto di chi era accanto a loro: ‘Voi siete dell’Ucraina? Noi siamo con voi. Preghiamo per voi. Vi vogliamo bene’. Queste parole hanno portato luce nei loro cuori, serenità nei pensieri e la certezza di non essere dimenticati o abbandonati. Hanno capito che la grande sfida del male che vivono, non pesa come un macigno solo sulle loro spalle: è una sfida che appartiene a tutti”.
“Insieme, come un unico corpo, possiamo cercare vie d’uscita e portare luce nella vita dei nostri paesi, specialmente in quelli che soffrono il dramma di una guerra ingiusta e insensata”.