Idee
Le guerre, si sa, si fanno per guadagnare territorio, ma soprattutto risorse. In certi casi, non si tratta di oro o uranio, semplicemente di acqua. Necessaria per la vita, l’acqua è ormai diventata la causa di tensioni e politiche manipolatrici. Durante il recente conflitto civile in Siria, pochi si sono accorti che Israele ha allargato il suo controllo sulle alture del Golan. Guarda caso, si tratta di aree dove si trovano sorgenti acquifere di importanza strategica in una regione dove l’acqua non abbonda. Prima o poi, la Siria rivendicherà il territorio e la competizione per le scarse risorse idriche provocherà ulteriori tensioni.
Rimaniamo in Asia e scopriamo che Cina e India non sono sempre buoni vicini. Il Brahmaputra non è un fiume famoso, ma con i suoi 2.900 chilometri di lunghezza è certamente un po’ più grande dei nostri Brenta e Adige. Nasce in Tibet, entra in India nello stato dell’Arunachal Pradesh per poi raggiungere il Gange. La Cina lo sfrutta per produrre energia elettrica, l’India ne ha bisogno per l’irrigazione delle regioni che il fiume attraversa. La Cina ha annunciato di voler costruire una grande diga là dove il fiume scende di circa 3.000 metri di altitudine subito prima del confine indiano.
Questo progetto, con una potenza stimata di 50 gigawatt sarebbe tre volte più grande della diga delle Tre Gole sul fiume Azzurro. L’India è alquanto nervosa perché tale diga darebbe la possibilità alla Cina di controllare il flusso del fiume e così poter ricattare l’India a livello politico.
Non diversa è la tensione creatasi tra Etiopia ed Egitto. L’unica vera fonte di acqua per l’Egitto è il Nilo, e in modo particolare il Nilo Azzurro, molto ricco di acqua e che raggiunge il Nilo Bianco nei pressi di Khartoum, in Sudan. Quando nel 2011 l’Etiopia ha annunciato la costruzione della Grande diga del Rinascimento etiope, l’Egitto non l’ha presa bene. La diga dovrebbe dare elettricità all’Etiopia, ma anche a tutti i paesi del Corno d’Africa. Sudan ed Egitto sono preoccupati da questo progetto. La diga impiegherebbe anni a riempirsi, e durante questo tempo i paesi a valle non sarebbero in grado di usare le acque del fiume. Il Paese dei faraoni si appella al trattato firmato nel 1959, che garantiva al Cairo due terzi delle acque del Nilo, oltre al diritto di veto su qualsiasi progetto a monte. L’Etiopia risponde dicendo che il trattato lo aveva scritto la potenza coloniale e che loro non vi avevano mai aderito.
Il discorso vale anche per il Nilo Bianco. Vani sono stati i tentativi di trovare un accordo. I Paesi a monte (Uganda, Tanzania, Kenya) vogliono un cambiamento dei trattati stipulati dai poteri coloniali. Sudan ed Egitto non vogliono rinunciare ai loro diritti storici nonostante il cambiamento delle dinamiche nella regione. Nel frattempo, l’Etiopia ha iniziato a riempire la sua diga, mentre il Cairo minaccia un attacco militare per distruggerla. Impresa non facile anche perché il Sudan è nel frattempo sceso nella spirale della guerra civile, e ha altro a cui pensare. Il presidente turco Erdogan, ha fortemente voluto la diga di Ilisu sul fiume Tigri. Una volta ultimata, la diga dovrebbe coprire il 2 per cento del fabbisogno energetico della Turchia. Questa diga si aggiunge ad altre 21 nel bacino del Tigri-Eufrate. Se è vero che nessuno può bloccare il flusso di un fiume all’infinito, è pur vero che una diga permette di regolare tale flusso e di sfruttare le acque a danno dei paesi a valle che vedono la portata del fiume ridotta. Un problema serio per l’Iraq e la Siria. L’Iraq dipende da questi grandi fiumi per inondare le paludi stagionali necessarie per la coltivazione di cibo. Si tenga conto che la portata di Tigri e Eufrate era calata già prima della costruzione della diga di Ilisu. Le dighe turche sono fonte di tensione, e la diga di Ilisu è stata recentemente citata dal governo iracheno come un fattore che sta aggravando l’attuale siccità in Iraq. È probabile che il cambiamento climatico appesantisca ulteriormente questo conflitto idrico. Secondo alcune stime l’Eufrate rischia di prosciugarsi completamente già entro il 2040