«Non è un film e tutti lo sappiamo». Don Nandino Capovilla è intervenuto in Sala Darsena alla pre-inaugurazione della Mostra del Cinema di Venezia su invito del direttore della Mostra del Cinema Pierangelo Buttafuoco.
Il parroco di Marghera ed esponente di Pax Christi, fermato e poi espulso da Israele lo scorso 11 agosto, ha scelto di riportare al centro la tragedia di Gaza. Alla Mostra, segnata quest’anno da contestazioni e dibattiti legati al conflitto — comprese le polemiche per la prevista partecipazione, poi annullata, di attori con un passato nell’esercito israeliano — il sacerdote veneziano ha letto una preghiera del patriarca emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah:
«Sul baratro della carestia, non resta che contare su di te, Signore… A Gaza non è una guerra, è un piano di transfert e di genocidio, per lasciare tombe e macerie e accogliere i nuovi coloni».
Don Capovilla ha quindi richiamato le parole pronunciate pochi giorni fa all’ONU da Tom Fletcher, sottosegretario generale di OCHA:
«Il tempo delle esitazioni è finito. Questa è una carestia che ci perseguiterà tutti… È una carestia usata come arma di guerra, causata dalla crudeltà, giustificata dalla vendetta, resa possibile dall’indifferenza, sostenuta dalla complicità».
Nella sua analisi, il sacerdote ha posto l’accento sul diritto alla vita e alla sicurezza, sancito dall’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani: «Lo avevano il 7 ottobre 2023 le circa 1200 vittime israeliane – di cui 16 bambini – del brutale attacco di Hamas. Lo hanno gli ostaggi israeliani che ancora attendono di essere restituiti alle loro famiglie. Lo avevano le 62.000 persone palestinesi della Striscia di Gaza (di cui 18.000 bambini) che sono state uccise dall’esercito israeliano dopo quel giorno».
Capovilla ha sottolineato come la situazione non riguardi solo Gaza: «In tutto il Territorio palestinese occupato si sta compiendo un preciso disegno di pulizia etnica iniziato con la Nakba del 1948, un tassello di quel colonialismo di insediamento alla base del sionismo».
Il sacerdote ha elencato alcune scelte possibili: «Può essere fermato e non lo stiamo facendo, o non abbastanza: possiamo smettere di inviare armi a Israele, possiamo indurlo al rispetto del diritto, a lasciare che le agenzie Onu tornino a soccorrere una popolazione stremata. (…) Certamente dobbiamo anche indurre Hamas a porre fine ai suoi atti terroristici: si eviterebbe di aggiungere dolore a dolore, sangue versato a sangue versato».
La sua posizione resta quella della nonviolenza: «Da prete che crede fermamente nella nonviolenza attiva, non posso che condannare l’uso delle armi, da qualsiasi parte le si impugni».
Capovilla ha quindi richiamato l’importanza della mobilitazione civile e culturale: «Da cittadino sostengo la manifestazione che si terrà sabato e tutti i modi pacifici con cui la società civile, in ogni parte del mondo, sta ‘disertando il silenzio’ e la scorta mediatica del genocidio, facendo fiorire creativamente azioni di dissenso, partecipazione e impegno».
In chiusura, un invito a non smarrire i valori fondanti: «Aggrappiamoci ai valori che sottendono i diritti che i nostri padri e nonni hanno formulato: mai più per tutte e tutti, per una vita degna per tutte e tutti. (…) Perché si fermi tutto questo male».