«Libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione» cantava Giorgio Gaber nel 1972, un pensiero che si conferma nell’agire del volontariato ma che proprio a partire da quegli anni ha deragliato. Lo diceva bene il presidente della Repubblica Sandro Pertini: «La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare».
«La libertà, già a partire dagli anni Settanta, è stata declinata unicamente come libertà individuale e quindi anche con posizioni fortemente antistatali. La tesi del filosofo Robert Nozick per cui l’individuo è sovrano e lo Stato non ha nessun diritto di estorcergli delle tasse, si è poi tradotta nelle politiche neoliberiste che, a partire da Ronald Reagan nel 1981, hanno giustificato l’accumulazione più sfrenata attraverso le privatizzazioni, la repressione dei sindacati e la deregolamentazione in tutti i settori. Sono passati 45 anni e oggi vediamo lo straordinario livello di disuguaglianza a cui hanno portato». L’immagine la restituisce Fabrizio Tonello, docente di Scienza politica all’Università di Padova e membro dell’associazione Famiglie accoglienti, che insiste: «La libertà individualistica, quella del neoliberismo, si è poi tradotta, nei fatti, in una forte riduzione di tutti i diritti di libertà per i soggetti sociali deboli. Questo sta succedendo anche da noi: i migranti sono un caso evidente, ma il processo è sempre più visibile in tanti settori, per esempio le limitazioni di manifestare con il pretesto della “sicurezza”. Un’altra forma di limitazione della libertà d’azione collettiva è la spinta alla burocratizzazione delle organizzazioni non governative, sempre più vessatoria: spendiamo metà del nostro tempo a compilare i moduli per rispondere alle prescrizioni del Ministero degli interni invece di fare tante cose più utili, più efficaci, più necessarie. Senza contare il fatto che se aiuti qualcuno ad attraversare una frontiera, tendenzialmente finisci in galera, se ospiti qualcuno senza comunicarlo alla Questura lo stesso».
Stiamo diventando una società classista, sostiene il prof. Tonello: «Quello che dobbiamo chiederci è se questa differenziazione di trattamento verso i soggetti più deboli, come appunto i migranti per esempio, non possa portare di fatto a una situazione di apartheid. Oggi si tratta di fare tutto quello che possiamo fare, tutto quello che dobbiamo fare per contrastare queste politiche. Noi abbiamo nell’associazione Famiglie accoglienti due suore che stanno in Val di Susa, entrambe ottantenni, che ospitano in una struttura di tappa a Foresto quelli che arrivano dalla rotta balcanica e vogliono andare in Francia a piedi attraverso il Monginevro. A volte li accompagnano anche. Se gli chiedi perché, rispondono: “Noi abbiamo 80 anni e quindi non abbiamo più paura di nessuno! Oltre ad avere un Protettore più importante di quelli che hanno le guardie di frontiera”».
«La libertà guidata dall’amore è l’unica che rende liberi gli altri e noi stessi, che non sfrutta gli altri per i propri comodi e fa loro del bene senza ricercare il proprio utile» ci ha spiegato papa Francesco. E infatti «la libertà costa, necessita di coraggio, di fare delle scelte in solitudine – commenta Silvana Bortolami, esperta di Terzo settore e volontaria da sempre – È in rapporto con sé stessi, con la propria coscienza, la propria personalità, i propri valori e richiede uno sforzo continuo nella coerenza. La libertà è una prassi che non si consolida ma che si costruisce costantemente: libertà del pensiero, del giudizio, di saper fare delle scelte che possono essere contrastanti con quelle degli “influencer”. È una parola molto impegnativa perché obbliga a sentimenti di solitudine e questo è un aspetto da non sottovalutare: non si tratta di esseri “liberi di” o “liberi da”, ma di costruirsi un’identità che mi consente di mettermi in una posizione di differenza e talvolta le differenze possono essere mal comprese».
Un pensiero, un coraggio che anima molti di coloro che praticano il volontariato e che proprio dal concetto di libertà prendono le mosse per la loro azione: «Quella che pratico nel volontariato è la libertà di essere me stessa e quindi di non sostituire qualcuno, di non avere il giogo dell’obbligo. Il volontariato di per sé dev’essere impegno volontario e quindi non subordinato a un obbligo e a un giudizio. Se tu mi accetti come volontaria per qualsiasi attività vuol dire che mi prendi per quello che sono e non mi devo trasformare, non mi devo adattare alla situazione per essere accettata come volontaria. Questo riguarda sia un’attività politica sia un’attività di volontariato in una associazione oppure in un gruppo – racconta Agnese Solero, volontaria dell’associazione Granello di senape e della cooperativa Altra città che operano in carcere – Il volontariato non è una vocazione, non nasci volontario, è sempre una scelta di libertà in quell’ambito, però per me è anche la libertà di uscire da me stessa e quindi di conoscere altre situazioni. Perché uno diventa volontario? Per sperimentare la libertà altrimenti sta chiuso nel suo guscio di cose note, invece la libertà è tuffarsi in un ignoto, in qualcosa che non sai, però questo ignoto mi deve aprire le braccia altrimenti anche lì non sei libero».
Una palestra di libertà che ci insegna e ci ricorda di essere società, soggetti che agiscono e partecipano: «Soprattutto, dobbiamo ricordarci che non esiste libertà se non come autogoverno: tutto il resto sono chiacchiere. Certo, abbiamo bisogno dei diritti e delle garanzie costituzionali, ma in primo luogo abbiamo bisogno di ritrovare delle forme di autogoverno efficaci. Palesemente, le elezioni non sono più una struttura adeguata, mentre lo sono le aggregazioni dal basso, le iniziative spontanee, i sindacati, le associazioni come Ultima generazione piuttosto che Greenpeace e tutte le altre. È questo tessuto di cittadini attivi che garantisce un dispiegarsi di forme e momenti di libertà. La Libertà con la “l” maiuscola o contiene questi momenti e queste possibilità, oppure rimane una parola vuota. E naturalmente io penso che questi momenti e queste occasioni siano attaccate ogni giorno ma resistono e continueranno a resistere. Si tratta semplicemente di diffonderle, intensificarle e avere fiducia» conclude il docente Fabrizio Tonello.
Sono 25 storie di speranza e di successo quelle raccontate nel volume voluto dall’associazione Famiglie Accoglienti ed edito da Altraeconomia dal titolo 25 storie di accoglienza, solidarietà, autonomia. Tante, tantissime, le persone coinvolte. Vicende che vedono protagonisti i migranti e chi li aiuta, storie che raccontano le traversate drammatiche del Mediterraneo e del “mare” della burocrazia che uccide tanto quanto anche se non fisicamente. Storie di successo, del successo di persone che si sono messe in gioco: chi migrando e chi aprendo la porta di casa. La gioia di chi ha trovato un futuro è la stessa di chi quel futuro l’ha supportato.
«Viviamo in tempi di pochi sogni – si legge nella prefazione del card. Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna – Queste storie ci dicono che in Italia esiste anche un’altra realtà: la solidarietà, l’accoglienza, la fratellanza».