Fatti
La recente circolare del Viminale detta nuove modalità di erogazione delle risorse a valere sul Fondo per l’accoglienza dei MSNA. Di fatto ad oggi per i primi due trimestri del 2025 i Comuni si sono visti rimborsati solo il 35%delle spese sostenute per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, cosa che ha destato fortissima preoccupazione tra gli enti locali. A denunciarlo, in questa intervista al Sir, è Gianguido D’Alberto, sindaco di Teramo e delegato nazionale Anci per immigrazione, politiche per l’integrazione e accoglienza.
Sindaco, cosa prevede la circolare e perché i Comuni sono in allarme?
Questa circolare espone i Comuni a una condizione di estrema difficoltà. Prevede che le spese per i minori stranieri non accompagnati vengano rimborsate in proporzione alle disponibilità del fondo stesso: ad oggi per i due trimestri del 2025 solo al 35% di quanto richiesto dai Comuni. In passato, invece, la copertura era integrale, come è giusto che sia. È impensabile che i Comuni possano farsi carico del restante 65%.
Che conseguenze concrete comporta?
Il rischio è di un vero e proprio dissesto diffuso. Parliamo di cifre enormi: Bergamo ha già uno scoperto di 8 milioni, L’Aquila con 2 milioni e Novara con più di 1 milione. Ma i casi sono molti altri. Questo mette in ginocchio i bilanci comunali e costringerebbe a comprimere altri servizi essenziali, con il rischio di alimentare tensioni sociali. Non dimentichiamo che i Comuni hanno già chiuso i bilanci 2023 e 2024: significa debiti fuori bilancio ingestibili.
Anche il 2025 presenta criticità?
Sì, e ancora maggiori. Il costo medio per minore è più alto, anche a causa dell’inflazione, e quindi anche gli anticipi che i Comuni devono sostenere. Non c’è alcuna garanzia di copertura, ed è una situazione insostenibile.
Qual è allora la soluzione?
La strada è molto chiara: intanto non si può applicare retroattivamente una circolare a bilanci già chiusi. Per il pregresso bisogna garantire copertura integrale, e per il 2025 occorre intervenire subito con la legge di bilancio. Il dialogo con il Ministero dell’Interno è costante, ma oggi la palla è al Mef. È lì che si deve decidere se i Comuni possono reggere l’urto di questa crisi.
Lei parla anche di una riflessione di prospettiva. A cosa si riferisce?
Questa vicenda dimostra che il modello da sostenere è il SAI, il Sistema di accoglienza e integrazione. È un sistema diffuso, radicato nei territori, che unisce accoglienza materiale e percorsi di integrazione: formazione, lingua, inclusione sociale. E funziona, perché i fondi sono garantiti e non generano scoperti. È la prova che il SAI va reso strutturale e stabile, e con un numero di posti dedicati ai MSNA molto più elevato.
Quale messaggio vuole lanciare al Governo e al Parlamento?
In vista dell’attuazione del patto europeo sulle migrazioni entro il 2026, bisogna fare una scelta netta: o continuare a scaricare i costi sui Comuni, rischiando di minarne la tenuta, oppure investire seriamente nel sistema SAI, che ha dimostrato di essere l’unico modello sostenibile. Noi sindaci chiediamo responsabilità e decisioni rapide, perché in gioco non ci sono solo i bilanci, ma i diritti dei minori e la coesione sociale dei nostri territori.