È stata dedicata domenica 7 settembre dal Fai (il Fondo ambiente italiano) nazionale, una giornata al paesaggio. Una celebrazione che ha scelto Villa dei Vescovi di Torreglia, bene gestito dallo stesso fondo, come immagine iconica per rappresentare il termine stesso di “paesaggio” (dal latino pagus, villaggio). Termine che torna all’infinito nei discorsi di politici, progettisti, intellettuali e imprenditori, tutti interessati, mentre poco sembrano curarsene i cittadini che sono i primi fruitori del paesaggio stesso. Nella retorica, ha rischiato di chiudersi anche questa ennesima giornata giusto perché il giorno dopo (ricordo che era di domenica), in tutta la provincia patavina, hanno continuato a muoversi quelle forze che stanno smantellando pezzo dopo pezzo il nostro paesaggio. Così, se da una parte c’è chi lo celebra, dall’altra, forze diverse ma coese, ce lo stanno rubando. Lo dimostrano i dati che collocano Padova e provincia, all’apice della cementificazione all’interno della Regione Veneto, che a sua volta occupa il secondo poco onorabile posto nella graduatoria del consumo di territorio, dopo la Lombardia, Padova da Città del Santo, rischia di trasformarsi (se non lo è già) in Città del santo “cemento”! Basta guardarsi attorno e osservare ciò che sta avvenendo nella cintura urbana tra Rubano, Selvazzano, Limena per comprendere come ogni occasione sia buona per cementificare, con i politici pronti a dirci che «tutto serve per rendere più funzionale la nostra vita». Peccato solo che il danno al paesaggio non è “condonabile”. Spiace che se ne sia andato il poeta Andrea Zanzotto, che ebbe da dire: «Siamo passati dai campi di sterminio, allo sterminio dei campi». E che da parecchi secoli manchi pure quel Francesco Petrarca che scelse l’omonimo borgo per la qualità del suo paesaggio. Ci direbbero che le “Giornate per il paesaggio” servono a poco se hanno la durata di 24 ore. Mentre è fondamentale difendere con i denti il paesaggio ogni giorno per tutto l’anno.