Mosaico
Shakespeare ha immesso nelle sue opere elementi talmente profondi che sarebbe impossibile anche solo elencarli nello spazio di un articolo: uno di questi è rappresentato dai legami e dai riferimenti continui al messaggio cristiano, attraverso riferimenti, citazioni, rielaborazioni, attualizzazioni, profondi ritorni all’insegnamento di Cristo. Le mette bene in evidenza “Il privilegio del cuore. Il teatro di Shakespeare e l’etica cristiana” del docente di lingua e letteratura inglese Eduardo Ciampi e del diacono Pietro Saltarelli, edito da Ancora (183 pagine, 17,50 euro).
La genialità del Bardo è, secondo gli autori, all’umile servizio di una visione del mondo in cui il suo stesso talento, la capacità di rivelare i profondi recessi dell’animo umano, sono messi al servizio dell’anima, della ricerca del sé profondo.
Merito di questa ricerca è quello di aver mostrato come questa operazione non sia un mero adattamento dei morality plays, le opere che tentavano di comunicare l’etica religiosa attraverso il dramma teatrale, ma qualcosa di più profondo. La Parola non è solo applicata a “Romeo e Giulietta”, o a “La Tempesta”, o a “Re Lear”, ma ne è parte integrante, scaturisce dal testo, e non come dottrina, ma come rivelazione di un insegnamento che è vita stessa, capacità di affrontarne gli inevitabili dolori e sconfitte.
“Il Moro di Venezia” è tutt’uno con il messaggio di non “piangere sopra un male passato”, “Amleto” ci suggerisce di stare in guardia contro chi ci invita a compiere un cammino irto di spine mentre lui batte “il fiorito sentiero dei piaceri”.
Ma soprattutto i due autori ci fanno capire come il Bardo sia, a tanti secoli di distanza, ancora oggi un aiuto efficace contro le trappole di una visione del mondo che fa del mordi e fuggi, nel nostro caso il consumo e il piacere qui e subito, gli unici valori dell’esistenza. E ci fa capire attraverso le parole dei suoi personaggi, ad esempio il Gloucester del “Re Lear”, che “spesso la prosperità rende incuranti delle cose”. E in realtà anche altri autori più vicini ai nostri tempi, qui citati, come Thomas Merton, J. H. Newmann o Panikkar, ci mostrano come il benessere economico sia spesso alla radice del malessere e della depressione, perché, come afferma lo stesso drammaturgo, se ottenessimo altro “che sonno e cibo” (“Amleto”) saremmo solo “un animale, nient’altro”.
Da Shakespeare emergono, grazie a “Il privilegio del cuore”, insegnamenti che travalicano i tempi, e vanno dritti all’essenza e alla verità: la coerenza con le proprie parole, l’umiltà, l’accettazione di un destino che non sempre è quello che avremmo immaginato.
Un libro controcorrente, perché invece di urlare possibili scandalose novità per catturare l’attenzione mediatica, rivela la persistenza profonda del Vangelo ben dentro l’essenza delle opere di uno dei più grandi autori di ogni tempo.
Un’essenza fatta di sogni, di bruschi risvegli, di ricerca spasmodica del piacere e delle delusioni che ne conseguono, di dolore senza parole e dell’intuizione di una salvezza che vada oltre il possesso e l’istinto.