Idee
Si alza in piedi dal palco del “Festival della politica”, in piazza Ferretto a Mestre. E riproduce la scena del soldato con la stella di David che con l’anfibio sposta il cadavere di un ragazzo palestinese fino a farlo volare dal tetto, a beneficio dei droni. «Vilipendio orribile, che ci siamo abituati a vedere. E perfino a dimenticare…» chiosa Pietrangelo Buttafuoco, da 18 mesi presidente della Fondazione La Biennale di Venezia.
Alla recente Mostra internazionale del cinema, aveva sorpreso tutti leggendo il monologo di Ecuba nelle Troiane di Euripide come anticorpo all’orrore del genocidio dei bambini a Gaza. Del resto, a Buttafuoco non è mai mancato il coraggio dell’anticonformismo: in primavera ha registrato il tutto esaurito il ciclo di cinque conferenze sull’ostico tema “Expositio Sancti Evangelii secundum Iohannem di Johannes Eckhart” con il cardinale José Tolentino de Mendonça, il filosofo Peter Sloterdjik, la direttrice della Fondazione Querini Stampalia Cristiana Collu, la professoressa Monica Centanni e il patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia.

Siciliano di Agira, 62 anni, con una laurea in filosofia e una militanza a destra, si è convertito da lustri all’islam sciita come Giafar al-Siqilli («Mi affido a un insegnamento dello storico Franco Cardini: se solo i cristiani conoscessero a fondo sé stessi e la propria tradizione, non potrebbero che amare l’islam. E viceversa, ovviamente. Sono due raggi della stessa luce»).
Buttafuoco suggerisce il gioco del gemellaggio Venezia-Istanbul: «Come la megalopoli che non ha mai smesso di essere tale nei suoi orizzonti, Venezia è anche terraferma. Per me, predestinazione. Venivo ad ascoltare le lezioni di Severino e Cacciari. Oggi le finestre degli uffici in Biennale mi fanno pensare alla luce e all’energia del mondo che verrà».
Da presidente, insiste: «Da 130 anni Biennale è la più importante istituzione culturale nel mondo con arte, architettura, cinema, musica, danza e teatro. In primavera vi do appuntamento all’Arsenale con il nuovo Archivio che sarà a metà fra il Centre Pompidou e Cinecittà, perché ospiterà un centro studi e contemporaneamente di produzione».
È domani, non il futuro, a pretendere attenzione. Con episodi che non si leggono più con gli occhiali del Novecento. «Riceviamo una delegazione elencata con ideogrammi cinesi. E arrivano venti donne: inimmaginabile rispetto all’anglosfera un colpo di scena simile. Si ripete, per altro, con ministri africani giovanissimi…».
Buttafuoco interpreta la catarsi internazionale. «Il lavoro culturale e la produzione artistica sono fatica, non un passatempo come lo si intende da noi. Sono il vero volano che determina l’economia. In Asia, India, Africa diventano il tramite per costruire reputazione, un po’ come faceva la Chiesa mecenate con gli artisti. Significa dar battaglia, non militare, ma per la conquista del futuro».
Una lezione sul cambio di paradigma? «All’epoca i romani vinsero, ma fu la Grecia sconfitta a conquistarli. Ora abbiamo di fronte civiltà consapevoli della loro storia che si rapportano con noi con la tecnologia, prima forma di potere».
Buttafuoco regala due suggestioni. «Sento più affinità con un contadino della Manciuria rispetto al proprietario di una pompa di benzina in Texas». E spariglia così: «Repubblica Popolare Cinese con il suo Partito comunista sono, qui da noi, ancora nel Novecento. In realtà hanno postura totalmente prossemica all’esercito di terracotta. Un albero con salde radici imperiali, un tronco marxista-leninista e grandi fronde con la volontà di potenza di Nietzsche».
Conclusione sull’onda del celebre enigma della sfinge (l’animale che prima cammina a quattro zampe, poi a due e alla fine a tre: l’uomo…). «Il bastone era il primo dispositivo, la protesi dell’organismo. Ne abbiamo aggiunte tante altre, fino ad arrivare all’impulso che consente all’avambraccio artificiale di portare il bicchiere alle labbra. E ora siamo al dispositivo finale, la protesi tecnologica che interviene direttamente sulla nostra coscienza. È il libero arbitrio affidato all’algoritmo. Questa l’attuale, cruda realtà…».