La lavorazione del tabacco da sigaro è lunga e delicata e non si ferma al raccolto, di solito in agosto. Nel campo le varie fasi di coltivazione non sono meccanizzabili, per non rovinare le foglie, e sono svolte quindi tutte a mano. Successivamente il produttore si occupa anche dell’essiccazione, svolta appendendo le foglie al soffitto dei magazzini, dove rimangono per alcuni mesi. Verso dicembre vengono poi stipate in apposite scatole di cartone, suddivise per tipologia: le più pregiate, e anche meglio retribuite, sono quelle che rimangono intere e che possono essere utilizzate per avvolgere il sigaro nella confezione finale.
A Campese il prodotto che arriva subisce una prima fermentazione, utile a eliminare l’acidità e i sapori amari dalla foglia, aumentandone i sentori. Poi stagiona, anche per anni, prima di essere utilizzato: le foglie più vecchie conservate in cooperativa sono relative anche all’annata 2014. E, come per il vino, ci sono annate migliori e altre meno buone.
Il successivo confezionamento del sigaro è una lavorazione tutta al femminile: le operaie avvolgono artigianalmente le foglie trinciate entro quelle intere. Il sigaro così confezionato viene spuntato, ma per essere definitivamente pronto deve tuttavia ancora fermentare in celle a 40 °C e 80 per cento di umidità e riposare poi in celle asciutte. Il mix di foglie di diverse annate e fermentazioni dà vita a differenti varietà di sigari.