Era una delle coltivazioni più tradizionali del Veneto, quella del tabacco, diffusa in particolare tra il territorio veronese e la Bassa Padovana. Diventata minoritaria, oggi potrebbe però “prendersi una rivincita”.
Un recente accordo decennale tra il Ministero dell’agricoltura e Philip Morris Italia, il principale investitore privato nella filiera tabacchicola italiana, sembra poter ridare fiato al comparto e richiamare l’attenzione di agricoltori che se ne erano allontanati. L’Italia infatti è il principale Paese produttore di tabacco in Europa, con una produzione nazionale di oltre 40 mila tonnellate, pari a circa il 30 per cento di quella complessiva europea. Il Veneto contribuisce a sua volta con il 30 per cento della produzione italiana, assieme a Regioni come Umbria, Campania e Toscana, e annovera alcuni tra i produttori più importanti in Europa.
L’accordo, siglato nel novembre 2024 insieme al Ministero dell’agricoltura, rinnova precedenti protocolli ma estende per la prima volta la collaborazione tra la multinazionale e la tabacchicoltura italiana entro un orizzonte decennale, ovvero fino al 2034: prevede l’impegno ad acquistare circa la metà della produzione totale di tabacco greggio italiano, tra cui il 90 per cento di quello veneto, ma anche iniziative volte alla continua innovazione del settore e alla sostenibilità.
L’investimento complessivo è di circa un miliardo di euro. L’intesa tiene conto non solo della riforma della Pac, la Politica agricola comune, in scadenza nel 2027, ma anche di quella futura, che entrerà in vigore nel 2028 fino al 2034, con l’intento di tutelare e promuovere la filiera tabacchicola italiana anche con riferimento alle sfide che il comparto dovrà affrontare sul piano nazionale e internazionale. Il nuovo accordo mira anche a contrastare con azioni sempre più efficaci la triste piaga del caporalato.
Se l’agricoltura rilancia la produzione di tabacco, l’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, ne mette in evidenza i limiti e promuove ogni anno la Giornata mondiale senza tabacco. Non è solo questione di salute: l’appello 2025 era «Abbiamo bisogno di cibo, non di tabacco» e mirava a sensibilizzare sull’enorme spreco di risorse e di suolo legato alla produzione del tabacco, in particolare quello destinato alle sigarette, incompatibile con le crescenti necessità alimentari della popolazione mondiale.
«In oltre 125 Paesi del mondo il tabacco (Nicotiana tabacum) è una coltura da reddito – ricorda l’Airc (Associazione italiana ricerca sul cancro) – e si stima che occupi circa 4 milioni di ettari, che potrebbero essere destinati alla produzione di cibo. Nove dei dieci maggiori Paesi produttori di tabacco sono a basso e medio reddito, e ogni anno circa 200 ettari di foresta vengono disboscati per fare posto a questa coltura. Il terreno coltivato a tabacco richiede inoltre un uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti che contribuiscono a degradare i terreni e a danneggiare la salute».
Secondo gli ultimi dati Oms, relativi al 2022, nel mondo ci sono 1,25 miliardi di consumatori adulti di tabacco ma è in calo il tasso di consumo: circa un adulto su cinque, nel 2000 erano uno su tre. In Italia fuma il 28,3 per cento degli uomini e il 20 per cento tra le donne; dati simili tra i giovani.