Idee
Il 16 settembre la Commissione di inchiesta sui territori palestinesi occupati, Gerusalemme Est e Israele ha presentato un rapporto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, in cui si conclude che Israele abbia, con intenzionalità, adottato nella Striscia di Gaza condotte considerate come atti di genocidio. La posizione ufficiale dell’Onu però è più cauta, in attesa della sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aia presso cui Israele è accusato dal Sudafrica di genocidio, in un processo che potrebbe durare anni.
Quali sono e a che basi legali fanno riferimento le conclusioni del rapporto della Commissione d’inchiesta?
«L’inchiesta della Commissione si basa sulla Convenzione del 1948 per la repressione e la prevenzione del genocidio, di cui Israele è parte – chiarisce Alessandra Pietrobon, docente di diritto internazionale e di diritto umanitario e disarmo dell’Università di Padova – È questo il testo cui occorre fare riferimento per comprendere il significato del termine “genocidio”, spesso utilizzato in modo improprio. Questa convenzione descrive le condotte che vanno considerate come atti di “genocidio” agli effetti giuridici: la tipologia comprende cinque condotte specifiche e la Commissione accerta che Israele ha commesso quattro fra queste, e precisamente “uccisione di membri del gruppo, lesioni gravi dell’integrità fisica o mentale di membri del gruppo, sottoposizione deliberata del gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica totale o parziale, misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo”. Tuttavia, di per sé, l’accertamento che tali atti siano stati oggettivamente compiuti non è sufficiente a concludere che vi sia stato un genocidio: questo sussiste solo, secondo la Convenzione, quando sia dimostrato che tali atti sono stati compiuti non solo intenzionalmente, ma con un ulteriore, preciso scopo criminoso, vale a dire “l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale”. Se non si dimostra la presenza di un tale intento, la stessa condotta criminosa non potrà considerarsi genocidio, ma certamente costituirà un crimine di guerra, ai sensi delle Convenzioni di Ginevra. Le conclusioni della Commissione non esprimono una posizione ufficiale dell’Onu, tanto è vero che il Consiglio di sicurezza nei giorni scorsi – a causa del veto degli Stati Uniti – non ha potuto adottare nemmeno una risoluzione per ordinare il cessate il fuoco a Gaza».
Il segretario generale dell’Onu António Guterres ha detto che sarà la Corte internazionale di giustizia dell’Aia a stabilire se Israele sta commettendo un genocidio. Come funziona il processo?
«Ipotizzare la qualificazione di crimini internazionali come possibile genocidio è strategico, dal punto di vista legale, poiché conduce alla possibilità di portare la questione al giudizio della Corte internazionale di giustizia. È per questo che il Sudafrica – essendo anch’esso parte della Convenzione sul genocidio – ha potuto iniziare il procedimento attualmente in corso. Di fronte alla Corte andrà fornita la prova non solo della avvenuta commissione di atti che possono costituire genocidio, che purtroppo possono essere di per sé fin troppo evidenti, ma anche dell’elemento soggettivo, molto più difficile da provare. La Commissione d’inchiesta ritiene raggiunta questa prova in base a un ragionamento per cui atti tanto efferati come quelli compiuti dall’esercito di Israele non possono non essere espressione di un intento di genocidio. Di fronte alla Corte di giustizia, tuttavia, anche Israele farà valere la propria versione dei fatti, in un procedimento che appare destinato a durare anni. Attualmente, vari Stati stanno presentando richiesta di intervento nel procedimento, cosa che li legittimerà a presentare loro osservazioni. Si può dire che il procedimento sia ancora nella fase preparatoria, mentre la discussione del merito non è ancora iniziata. A inizio 2024, con l’emissione delle misure cautelari, la Corte ha ordinato a Israele di adoperarsi per prevenire la commissione di atti di genocidio. Questa decisione, come è tipico nella fase iniziale cautelare, deriva da un accertamento sommario, dalla convinzione della Corte che sussista la possibilità che un genocidio sia in atto, non che questo sia effettivamente in corso: cosa che sarà oggetto della sentenza finale».
Israele ha quasi del tutto ignorato le misure cautelari imposte dalla Corte internazionale. Esistono altri strumenti legali che si possono impiegare?
«Sappiamo che la Corte penale internazionale (altro tribunale internazionale che non fa parte delle Nazioni Unite ma coopera con esse, ndr) ha emesso dei mandati di cattura in relazione a crimini internazionali commessi a Gaza. Questa Corte potrà occuparsi non solo di genocidio, ma di tutti i crimini internazionali previsti dal suo statuto. A differenza della Corte internazionale di giustizia, che giudica gli Stati, la Corte penale giudica le persone. Tuttavia, lo statuto esclude che i processi possano svolgersi in contumacia, quindi perché ci sia la possibilità di vedere giudicati i presunti responsabili dei crimini a Gaza dovrebbero essere arrestati e consegnati alla Corte, cosa al momento poco probabile».