“Come ponti sul mondo” è il titolo della mostra in corso a Roma, visitabile fino al 16 novembre presso il Complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, che racconta i volti e le opere dei tanti religiosi e religiose che da secoli hanno lasciato il nostro Paese per seguire i milioni di italiane e italiani emigrati nel mondo in cerca di lavoro, futuro, dignità. Promossa dalla Fondazione Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana e dalla Migrantes, la mostra – inaugurata alla vigilia del Giubileo dei migranti e del mondo missionario – rappresenta un’occasione privilegiata per riflettere su un particolare aspetto della Vita Consacrata. Uomini e donne che, nel corso dei secoli, hanno risposto alla chiamata del Signore “scegliendo – scriveva Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Vita Consecrata – questa via di speciale sequela a Cristo, per dedicarsi a Lui con cuore indiviso con i molteplici carismi di vita spirituale ed apostolica che loro distribuiva lo Spirito Santo”. Missionari e missionarie che hanno fatto della loro vita un ponte tra comunità lontane portando sostegno e vicinanza nella fede ai tanti emigrati italiani nel mondo. Un ponte che continua ancora oggi.
Una vocazione che nasce dall’esigenza di dare una risposta all’intensa emigrazione di italiani verso l’estero. Alla fine del XIX secolo, infatti, si sentì il bisogno di una pastorale specifica per chi, solo e in cerca di sostegno, aveva bisogno di un aiuto in terra straniera. Vescovi, religiosi e sacerdoti si dedicarono a questa nuova parte del popolo di Dio. Tra questi il fondatore della Società dell’Apostolato Cattolico, don Vincenzo Pallotti, che nel 1863 ebbe l’intuizione di aprire la strada per la presenza di una Chiesa italiana a Londra. Una parrocchia, dedicata a San Pietro, oggi ancora attiva, luogo di fede e incontro per i tanti connazionali italiani, giovani e adulti, che vivono, studiano e lavorano nella “city”. Per rispondere alla continua emorragia di italiani all’estero, il vescovo di Cremona, mons. Geremia Bonomelli, inviò, nel 1883, numerosi missionari in tutta Europa e, nel 1900, istituì l’Opera di assistenza agli emigrati nel Vecchio Continente. Allo stesso modo, il vescovo di Piacenza, mons. Giovanni Battista Scalabrini, nel 1887, istituì i “Missionari di San Carlo Borromeo”, meglio conosciuti come Scalabriniani. E come dimenticare il sacerdote don Luigi Guanella cui si deve l’avvio di un’opera missionaria per gli italiani all’estero. Un’idea cui diede corpo dopo aver conosciuto, questa realtà negli Stati Uniti nel 1912. Fu lui a fondare le Suore di Santa Maria della Provvidenza per dedicarsi ai bisogni pastorali e non solo degli emigranti italiani. Tra i primi ad abbracciare questa intuizione spirituale anche la santa americana, l’italiana Madre Francesca Saverio Cabrini. Inviata a New York da Papa Leone XIII, nel 1889 fondò scuole, ospedali e orfanotrofi, caratterizzando così la sua missione con un’infaticabile attività che la portò ad aprire ben 67 istituti tra Europa e Americhe. Oggi è la patrona dei migranti. Parallelamente, padre Giuseppe Marchetti, missionario in Brasile, dove fondò nel 1895 l’Orfanotrofio Cristoforo Colombo con il supporto della sorella, madre Assunta Marchetti, beatificata nel 2014 da Papa Francesco. Un’ opera che prosegue ancora oggi grazie alle suore missionarie di San Carlo Borromeo, le scalabriniane.
Tra le priorità più sentite dagli emigrati italiani nei paesi d’accoglienza, c’era quella di poter offrire ai propri figli un’istruzione adeguata, iniziando dall’educazione prescolare. E questa è stata anche una delle prime preoccupazioni delle religiose e dei religiosi, chiamati spesso in soccorso e a sostegno delle Missioni Cattoliche Italiane. Le religiose, soprattutto, di varie congregazioni, sono quelle che, negli anni, hanno risposto positivamente alle richieste di apertura di asili e scuole elementari per i figli degli italiani. Congregazioni come le Apostole del Sacro Cuore di Gesù, fondate dalla beata Clelia Merloni giunte in Svizzera nel 1955; oppure le Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, fondate dalla beata Elena Aiello presenti anch’esse in Svizzera dal 1968. A loro si deve l’apertura di numerose scuole materne e primarie in risposta alle tante richieste delle comunità italiane.
Un’opera di assistenza che però non si esaurì al solo settore educativo. Le religiose, infatti, fornirono un prezioso aiuto anche nell’assistenza agli anziani, ai malati, ai poveri e agli emigranti più vulnerabili. Iniziative rilevanti furono avviate anche al di fuori dell’Europa. A Casablanca, Marocco, il francescano, padre Girolamo Leonetti si adoperò dal 1927, per garantire una chiesa agli italiani residenti. Venne inaugurata nel 1954 dopo la sua morte e dedicata a Cristo Re. In Australia, padre Atanasio Gonelli, frate minore cappuccino, divenne un punto di riferimento spirituale per i migranti italiani, promuovendo associazioni, scuole, squadre sportive e giornali. In Africa, a Nairobi, i Missionari della Consolata inaugurarono nel 1953 una parrocchia nazionale italiana dotata di cappella, asilo e biblioteca, divenendo anche un sostegno per gli italiani che vivevano in Uganda e Tanganyika. Tanti quindi i religiosi e le religiose che hanno condiviso le difficoltà del cammino degli emigranti italiani, che hanno scelto di condividere la loro vita con questa parte privilegiata del corpo di Cristo. Grazie al loro servizio, sono state scritte pagine nobili “intrise di fede, resilienza e speranza”, come sottolineano i promotori della mostra. Un tema, quello della speranza, al centro del Giubileo…