Un esperto avvocato, padre di famiglia, già sindaco della sua Treviso e un giovane padovano, anche lui sindaco della sua Borgoricco, ma anche parlamentare e vicesegretario nazionale del suo partito. Dopo lunghe settimane di ipotesi e falsi scoop, in cui i vertici romani del centrodestra al governo si sono arrovellati sul nome a presentare ai veneti alle urne del 23 e 24 novembre prossimi, finalmente i nomi che si presenteranno a duello sono scritti nero su bianco.
Che in casa Lega-Fratelli d’Italia le tempistiche con cui la questioni si trascinava dall’estate stessero diventando imbarazzanti, lo si è capito anche al tono degli ultimi interventi del presidente uscente Zaia, che tuttavia è stato accontentato dalla scelta caduta sul “delfino” da lui stesso indicato nell’ultimo mese. D’altra parte, basti pensare che l’alfiere di centrosinistra Giovanni Manildo, in tutto questo tempo, ha perfino fatto in tempi a compiere il ramo portoghese del Cammino di Santiago da candidato alla regione prima di conoscere il nome del suo sfidante.
C’è da pensare che, in un battito d’ali di farfalla, questa faccenda dei tempi verrà dimenticata dall’elettorato, specie da quella parte che ha già deciso per chi votare a presiedere dai nomi in gioco. Eppure non è secondaria. La campagna elettorale ha senso laddove c’è un confronto tra candidati su problemi comuni e, seppur si può immaginare che cosa pensino su molti temi Stefani e Manildo, è proprio dalla dialettica tra persone e forze politiche che possono scaturire nuove idee e nuove soluzioni.
Giusto per stare su due delle questioni sollevate fino a qui dall’avvocato trevigiano: un piano-casa su base regionale che faciliti l’accesso alla prima casa da parte di giovani coppie che intendano costruire una famiglia; e poi il ripristino del vecchio progetto del Sistema Metropolitano Ferroviario Regionale che nel quindicennio zaiano ha lasciato il posto ai cantieri della Valdastico Sud e della Pedemontana.
Sul primo punto di programma, il candidato del Pd pare in linea con la proposta lanciata da Giorgia Meloni un mese e mezzo fa dal palco riminese del Meeting di Cl. Sarà interessante capire che cosa ne pensa Alberto Stefani che, da primo cittadini, avrà certamente avuto modo di toccare con mano le esigenze concrete della popolazione e l’esplosione delle richieste di sostegno che si è verificata nei municipi, anche veneti, dal Covid in poi.
Molto interessante sarà capire il punto di vista del candidato leghista che appartiene a una generazione notoriamente meno affezionata all’asfalto e all’automobile come status symbol rispetto ai veneti del boom economico che del macchinone avevano fatto un elemento del proprio affrancamento dalla miseria di prima.
Speriamo che, giunti oramai alla metà di ottobre, i tempi per confronti come questi ci siano per davvero. Più una campagna elettorale è corta, infatti, e più e semplice ridurla – da una parte come dall’altra – a una ridda di slogan e frasi fatte o di caricature del candidato o dei partiti avversari.
Le Regionali 2025 – seppur con Luca Zaia capolista per la Lega in tutte le province – rappresentano un passaggio inedito dopo un ventennio in cui l’esito era scontato e le persone in campo sempre le stesse. L’esito appare facilmente pronosticatile anche in questa tornata, eppure il risultato che Manildo e le forze politico che lo sostengono riusciranno a ottenere darà l’idea di quanto i veneti siano soddisfatti di chi ha amministrato fino a oggi, tra indubbi risultati premiati dai sondaggi, riforme incompiute come l’autonomia e servizi in crisi, come quelli sanitari.
Davanti agli elettori si aprono così 45 giorni per informarsi sulle competenze e la possibilità di incidere da parte della futura Giunta regionale e del Consiglio; per studiare i programmi dei candidati presidente i dei loro partiti; per leggere la composizione delle liste su base provinciale che verranno presentate entro il 24 ottobre; per capire bene come si voterà il 23 e 24 novembre (occorrerà scrivere il nome del candidato consigliere che si sostiene, è necessario rispettare l’alternanza di genere, è possibile il voto disgiunto). Sarà interessante analizzare le scelte dei veneti, tenendo conto che anche il dato dell’astensione avrà un suo significato: cinque anni fa in pieno Covid, sei elettori su dieci si erano presentati alle urne, questa volta vedremo.