È stato annunciato in questi giorni che il primo viaggio apostolico di papa Leone XIV sarà in Turchia e Libano (27 novembre-2 dicembre) con pellegrinaggio all’antica Nicea a 1700 anni dal Concilio. Abbiamo chiesto quale valore assume questo gesto al vescovo Paolo Bizzeti, dal 2015 al 2024 vicario apostolico dell’Anatolia, che ha commentato: «Visitare il gregge di persona e portare la vicinanza del Buon Pastore è il senso di questi viaggi papali. La Turchia e il Libano sono paesi importantissimi non solo per il passato cristiano ma anche per l’oggi della vita cristiana: sono un laboratorio in cui dobbiamo essere presenti attivamente e umilmente. L’anniversario di Nicea è un’occasione per ravvivare lo spirito che animò i padri conciliari: esprimere in termini e categorie nuove la propria fede, cercando ciò che unisce».
Mons. Paolo Bizzeti, che per alcuni anni è stato anche docente della Facoltà teologica del Triveneto, ha presieduto l’8 ottobre la celebrazione eucaristica di apertura dell’anno accademico 2025/2026. Nell’occasione ha rilasciato un’ampia intervista – pubblicata nel sito della Facoltà www.fttr.it – sulla sua esperienza in Turchia, sul tema della pace e della condivisione possibile fra le religioni.
In questa terra dalle molte anime, etniche, culturali, religiose, il cristianesimo ha una tradizione vivissima, insediata fin dai primordi, sebbene oggi ridotta a numeri modesti. «Oggi i cattolici – racconta – sono una minoranza insignificante e tuttavia viva, accettando di essere marginali ma consapevoli del dono di credere in Gesù salvatore. Ci sono poi i rifugiati cristiani che provengono dai paesi vicini e i neofiti che saranno probabilmente la chiesa del prossimo futuro. Ed essendo tutte le confessioni cristiane costituite da numeri assai piccoli, la collaborazione ecumenica è vivace e serena, accettando le differenze, costitutive da secoli». I rapporti con il mondo islamico, aggiunge, «sono molto variegati a seconda degli interlocutori e del taglio di ogni corrente dello stesso mondo islamico. L’Islam politico è molto preoccupato della propria leadership anche a causa di una dissennata politica occidentale che ha danneggiato molto il cristianesimo, ad esempio con le due sciagurate guerre del Golfo».
La Turchia – o meglio, come afferma mons. Bizzeti, le molte Turchie – «è un grande laboratorio di diversità che devono imparare a vivere insieme: non c’è alternativa. Il governo attuale è al potere da moltissimi anni e tanta gente desidera un cambiamento, non mi sembra sia scandaloso. Però i grandi detentori del potere mondiale non devono condizionare la ricerca del popolo turco di un proprio assetto. Tra Europa e Turchia credo si debbano trovare forme reali di collaborazione, uscendo dal vicolo cieco di un sì o un no totalizzanti».
Il vescovo ha parlato della pace definendola come «il frutto di una convivenza dove l’altro è accolto nella sua diversità, rispettando i diritti umani e la dignità di ogni persona». Anzitutto, «tutti gli uomini religiosi devono essere risoluti nel vietare l’uso del nome di Dio per giustificare la violenza o la conquista della terra. Sulla terra siamo tutti ospiti di Dio». E ha aggiunto: «Non è giustificabile l’invasione di terre altrui o bombardamenti che negano il diritto internazionale, le risoluzioni dell’ONU, così come misure di ritorsione economica che di fatto rafforzano i gruppi al potere e affamano il popolo». La libertà di scelta religiosa poi è considerata un pilastro irrinunciabile della pace e non va relegata all’interiorità. «Ma le religioni – ha sottolineato – devono accettare che l’unico Dio ha molte strade diverse per condurre gli uomini alla salvezza, purché rispettino la dignità e uguaglianza di ogni membro della famiglia umana, particolarmente quella delle persone più vulnerabili».
Infine, per molti anni presidente di Caritas Anatolia – che in questi anni è stata chiamata a un grande impegno per la popolazione provata dalla guerra, dal dramma dei profughi provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq e Iran, e dal terribile terremoto del 6 febbraio 2023 – il vescovo ha sottolineato come «anzitutto i poveri ci aiutano a fare verità, a guardare con altri occhi il mondo che abbiamo costruito. Allora si comprende che abbiamo bisogno di cambiare la nostra civiltà, disumana e poco progredita in umanità. Inoltre, i rifugiati cristiani che io seguo in Turchia e in Italia sono una grande risorsa e non ha senso chiudere le porte per paura, quando invece essi ci portano una ventata di novità e di fede viva, insieme ai loro molti problemi che però sono l’occasione per uscire da noi stessi e dare un senso alla nostra vita e alle nostre risorse. In concreto noi adesso aiutiamo nel cercare lavoro e casa in modo da dare dignità e possibilità di un buon inserimento a questi fratelli e sorelle: è un vantaggio per tutti».
L’intervista integrale è pubblicata qui: https://www.fttr.it/la-pace-e-convivenza-accogliente-e-rispettosa-dei-diritti-e-della-dignita-di-ogni-persona/
Fonte: Facoltà Teologica del Triveneto