In italiano la parola “merenda” indica uno spuntino leggero, che si fa a metà mattina o nel pomeriggio. Nelle vallate dell’Alto Adige la “merenda” si è sviluppata nella “Marende”, che è molto di più di un semplice spuntino. Immancabili sono lo speck altoatesino, servito a fette o in stick, il formaggio d’alpeggio, i Kaminwurzen (salsicce crude affumicate, specialità tipica dell’Alto Adige) e poi pane (di segale o il croccante Schüttelbrot), burro (meglio se di montagna), rafano, sottaceti e – nella versione dolce – anche marmellate fatte in casa.
La parola “merenda” deriva dal latino “merere” e significa “una cosa che bisogna meritarsi”. In questi giorni, in Alto Adige la “Marende” è divenuta un pegno, da pagare se non si è abbastanza veloci nel rispondere ad una sfida – la “Baumpflanz-Challenge” – che da alcune settimane sta dilagando sui social media coinvolgendo a macchia d’olio decine di gruppi ed associazioni, così come personaggi pubblici o semplici cittadini.
In cosa consiste la “Baumpflanz-Challenge”? Chi viene nominato è chiamato a piantare un albero entro 48 ore e a postare sui propri profili social un video che testimoni l’avvenuta piantumazione e nel quale, al termine del quale, vengano nominate altre persone o associazioni, affinché l’iniziativa possa proseguire. In caso contrario, si è costretti a pagare pegno e offrire una ‘Marende’ a chi ha fatto la nomina.
Da dove sia partita questa iniziativa, che nei mesi estivi ha coinvolto Germania ed Austria ed ora è arrivata anche in Italia, è difficile da capire. Le sue origini si perdono nel labirinto di profili Fb e account Ig. Secondo i media tedeschi, a dare il via a questa challenge sarebbero stati i vigili del fuoco volontari germanici, che poi hanno “contagiato” altre associazioni e realtà di lingua tedesca.
Di per sé la “Baumpflanz-Challenge” è una sfida praticamente alla portata di molti (se non di tutti): basta trovare un fazzoletto di terreno, fare un buco, mettere a dimora una pianta, ricoprire per bene con della terra e innaffiare. Ma in queste settimane, sui social, la narrazione di questa sfida ha scatenato la fantasia e la creatività di singoli, gruppi ed associazioni che, sfoderando i loro moderni smartphone o utilizzando una semplice fotocamera, hanno realizzato dei veri e propri cortometraggi. E c’è stato anche chi per le riprese ha messo in azione addirittura i droni. Tanti piccoli capolavori ideati, girati e montati anche se non c’è alcun premio in palio, reel-cortometraggi che messi insieme potrebbero essere il copione di un film a episodi che narra non solo una challenge, ma anche le numerose attività di realtà di cui, spesso, sentiamo parlare solo nelle emergenze o in occasione di particolari eventi.
I vigili del fuoco volontari di Racines di Dentro hanno simulato una vera e propria operazione di salvataggio in notturna. Alle riprese ha partecipato tutta la squadra. Dal fumo di una casa in fiamme viene portato in salvo un piccolo abete, che viene poi messo a dimora, nominando i colleghi di Valtina. Nella caserma dei vigili del fuoco volontari del paesino nei pressi di Merano il segnale d’allarme chiama a raccolta tutti i componenti della compagnia, che – come avviene nelle emergenze – abbandonano subito le loro attività per raggiungere la caserma da dove, una volta indossata la tuta, partono a sirene spiegate. L’autopompa dei vigili di Valtina lascia il centro abitato per inerpicarsi – letteralmente! – lungo i sentieri montani dove viene messa a dimora una piccola pianta di faggio, che poi viene innaffiata con un paio di pompe a spalla (quelle divenute iconiche grazie a “Il ciclone” di Pieraccioni). Ma non solo. A dare simbolicamente acqua alla piantina arriva a sirene spiegate anche una mini-autoscala giocattolo. Ad essere nominati sono quindi i vigili del fuoco volontari di Saltusio che vengono sorpresi durante una tradizionale partita a Watten (la “briscola” altoatesina). La app per le emergenze installata sui loro cellulari li avvisa dell’emergenza e loro, come di consueto, lasciano tutto e partono alla volta della caserma. Una manciata di minuti per indossare tuta, stivali e casco e poi via di corsa per raggiungere il luogo da dove è partita la richiesta d’aiuto. Il viaggio dell’autopompa e del furgone d’appoggio è seguito dall’alto da un drone. L’albero viene trasportato lungo il ripido pendio, assicurato sul toboga, la barella rigida di colore arancione che viene utilizzata per il soccorso delle persone in montagna. Ed è sempre il drone che, in quel luogo impervio, segue le varie fasi della piantumazione. A conclusione dell’intervento i vigili volontari innaffiano la nuova pianta con l’idrante dell’autopompa. Il testimone passa quindi ai vigili del fuoco volontari di Telves e a quelli di San Leonardo in Passiria. Qui la challenge arriva direttamente nella centrale operativa. Ed è proprio dalla centrale operativa che parte la corsa contro il tempo. Da una mela del nuovo raccolto vengono presi due semi, che passano di mano in mano, con grande cura, per essere messi a dimora e dar vita a due nuove meli. Nel campo, però, arriva una gallina che fa ‘Marende’ con i due semi appena piantati. Occorre allora mettere in atto il piano b. I cicalini iniziano a squillare e tutta la compagnia viene chiamata a raccolta. Vengono così piantati due meli, uno dei quali già portatore di frutti. Le nuove nomine avvengono attorno ad un grill, dove i vigili del fuoco hanno arrostito quella che sarà la loro ‘Marende”.
Protagonisti della challenge sono anche le varie squadre volontarie del “Bergrettungsdienst”, il servizio di soccorso alpino affiliato all’”Alpenverein Südtirol”.
I volontari di Ridanna, abituati ad affrontare pareti di roccia per portare in salvo scalatori ed escursionisti in difficoltà, questa volta si lanciano letteralmente in acqua, per recuperare un piccolo abete, che poi mettono a dimora ai margini del bosco. Il testimone passa quindi alla centrale provinciale del Bergrettungsdienst, che prima di mettere a dimora la pianta, sottolinea scherzosamente quanto a volte la burocrazia può rallentare una semplice iniziativa, come quella di piantare un albero. Dalla centrale del Bergrettungsdienst dell’Alto Adige, la sfida passa al gruppo di Valdaora. Qui i volontari sono alle prese con l’allenamento. Mentre stanno facendo un’esercitazione di rianimazione su un manichino, scoprono che a ostruire le vie aree al malcapitato è un piccolo abete. Una volta recuperata la pianta, si recano in notturna a cercare il luogo migliore dove piantumarlo. E per farlo si fanno aiutare da un innovativo “pianta-detector”, che con il suo suono individua il luogo migliore dove far crescere la nuova pianta.
Alla “Baumpflanz-Challenge” hanno partecipato in questi giorni anche diversi cori, gruppi giovanili e parrocchie della Diocesi di Bolzano-Bressanone.
I ragazzi del coro San Zeno di Naturno scoprono l’organista intento a provare “O Tannenbaum” in vista delle prossime feste natalizie. Ma ora non è tempo di cantare, quanto di piantare. Ed ecco che armati di vanga, si inerpicano lungo un pendio per mettere a dimora un albero. Non un abete, ma un albero da frutto. Come quello piantato in questi giorni dal direttore del “Verband der Kirchenmusik Südtirol” (associazione della musica sacra dell’Alto Adige) e dal referente diocesana per la musica sacra, un prugno che crescerà nel fazzoletto di terra che c’è davanti alla curia a Bolzano, e che forse tra un po’ di tempo, arriverà a portare frutto. Dal VKS il testimone passa al “Südtiroler Chorverband”, che racconta nel reel postato su Ig di avere la soluzione pronta nel cassetto: un piccolo abete che, pensano, sarà pronto per essere addobbato nelle prossime feste di Natale. E poi c’è il coro del duomo di Bolzano che nel mettere a dimora un alberello nomina i ministranti della parrocchia. Questi, neanche a dirlo, non si tirano certo indietro e, proprio in queste ore, hanno postato il reel della loro gita d’autunno a Castelfeder (nei pressi di Ora), durante la quale hanno piantato anche loro un alberello.
Tra quanti hanno aderito in questi giorni alla challenge ci sono anche diversi politici provinciali. L’Alto Adige è una terra che per anni ha fondato la sua economia sull’agricoltura (il settore turistico si è sviluppato solo successivamente), e quindi la gran parte di quanti siedono in consiglio provinciale sono in qualche modo legati al mondo agricolo. E sono tutti convinti che, tra le tante challenge che girano in rete, questa ha un significato simbolico che richiama alla sostenibilità e alla cura del territorio. Una “buona azione” che in queste settimane ha favorito la messa a dimora di più di un centinaio di piante. Che ora hanno bisogno di essere curate e seguite. Così come l’ambiente che le ha accolte.