Grandi guerre commerciali e grande lotta alla fame. Due aspetti dello stesso comparto economico. Nel giro di pochi giorni – per una di quelle coincidenze che spesso la cronaca propone – l’agroalimentare è stato percorso dalle notizie riguardanti gli effetti dei dazi Usa sulle esportazioni italiane ed europee e, insieme, da quelle relative all’importanza della corretta alimentazione e di quanto necessario sia difenderne e valorizzarne le caratteristiche. Due aspetti, appunto, che dicono molto sull’importanza dell’agricoltura e dell’alimentare sia a livello globale che locale.
Dazi, dunque, ed esportazioni. Gli effetti della guerra commerciale scatenata dagli Usa di Donald Trump si vedono ormai tutti. Stando alle stime dei coltivatori diretti su dati Istat, i dazi al 15% in agosto hanno fatto crollare del 23% circa le vendite di prodotti agroalimentare italiani negli Stati Uniti. Un dato che è una percentuale media che può salire al 28% per i vini, come ha fatto rilevare la Unione italiana vini (Uiv). Quando si dice guerra commerciale, tuttavia, si deve pensare ad un conflitto con alti e bassi, che sconta gli effetti di scelte magari prese nell’immediato e di altre assunte in passato oppure di altre ancora che cercano di prevedere il futuro. Così, le vendite in Usa nei primi otto mesi del 2025 hanno superato i 5 miliardi di euro con un andamento più o meno in linea rispetto allo scorso anno frutto però di un andamento discontinuo. Dopo un primo trimestre dell’anno dove le esportazioni agroalimentari negli States hanno visto una crescita media in valore dell’11%, nei primi tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10% si è passati al +1,3% di aprile, al +0,4% di maggio, e al -2,9% di giugno, per poi arrivare al – 10% di luglio e al crollo di agosto (dice sempre Coldiretti). “Con le tariffe passate al 15% la crescita si è di fatto azzerata anche se saranno i prossimi mesi a far capire se l’inversione di tendenza sarà strutturale o se si tratta solo di una fase di assestamento”. Due gli unici dati inconfutabili: l’incertezza della situazione e delle previsioni, il danno economico fin qui sopportato che Cia-Agricoltori italiani stima in 126 milioni di euro nei soli trenta giorni dello scorso agosto.
Grandi affari e grandi prodotti, quindi, alle prese con i grandi movimenti della politica e delle relazioni tra gli Stati e i blocchi nei quali il Mondo è nuovamente diviso. Una condizione che deve fare i conti con due necessità, entrambe ineludibili. Da una parte la lotta alla fame che continua ad imperversare in molte aree del pianeta e, dall’altra, la necessaria cura e attenzione per un’alimentazione sempre più attenta, rispettosa dell’ambiente e soprattutto per tutti sia a livello globale che locale. Due necessità la cui sintesi, forse, trova una delle migliori espressioni un una frase che la Fao, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione 2025 che cade nel giorno dell’anniversario della fondazione di questa istituzione, ha posto nella home page del suo sito: “Mano nella mano per un’alimentazione e un futuro migliori”. Un’affermazione declinata con un ragionamento che tutti dovrebbero condividere non tanto a parole ma con i fatti: “La Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2025 fa appello alla collaborazione globale per costruire un futuro pacifico, sostenibile, prospero e sicuro dal punto di vista alimentare. La collaborazione tra governi, organizzazioni, settori e comunità può trasformare i sistemi agroalimentari affinché tutti abbiano accesso a un regime alimentare nutriente, vivendo in armonia con il pianeta”. E’ bene fare attenzione alle parole: “collaborazione”, “globale”, “futuro”, “pacifico”, “sostenibile”, “prospero”, “sicuro”; e poi ancora: “governi”, “organizzazioni”, “comunità”, “armonia”. A ben vedere, il vero piano d’azione per arrivare ad un agroalimentare equilibrato e per tutti, passa proprio da qui.