Una situazione catastrofica in particolare per quanto riguarda l’insicurezza alimentare, decine di migliaia di persone rimaste senza casa, il 90% delle abitazioni residenziali risulta distrutto; mancanza di acqua; carenza grave di medicine e cure ospedaliere con conseguente diffusione di malattie infettive; scarsissime possibilità di lavoro: così Caritas Gerusalemme descrive la Striscia di Gaza oggi. In una nota l’organismo che opera in seno al Patriarcato Latino di Gerusalemme, fa il punto sulle condizioni di vita dei gazawi dopo l’accordo di cessate il fuoco, entrato in vigore lo scorso 10 ottobre e continua, spiega la Caritas, “a subire ripetute violazioni e a essere fonte di incertezza. Hamas ha affermato che Israele non ha rispettato le disposizioni chiave, tra cui la completa riapertura del valico di Rafah e l’ingresso tempestivo degli aiuti umanitari. Israele, d’altra parte, ha dichiarato che Hamas ha lanciato un razzo e ha effettuato un attacco nei pressi di Rafah, provocando una risposta militare. Sebbene l’accordo non sia stato annullato, la sua attuazione rimane fragile e la pressione per rispettarne i termini è estremamente elevata”.
La situazione umanitaria. La situazione umanitaria complessiva rimane catastrofica, in particolare per quanto riguarda l’insicurezza alimentare. Gli esperti, spiega la Caritas, hanno confermato che Gaza è entrata in una carestia di Fase 5, con oltre mezzo milione di persone ancora dipendenti dagli aiuti umanitari, inclusi cibo, acqua e beni di prima necessità, poiché la produzione locale è stata completamente distrutta. Le infrastrutture in tutta Gaza sono gravemente danneggiate. Molti ospedali e centri medici sono fuori uso o operativi solo parzialmente. Vi è una grave carenza di medicinali, forniture mediche e servizi di salute mentale.
Caritas Gerusalemme continua i suoi sforzi per procurarsi medicinali e beni di prima necessità attraverso il mercato locale, ma le forniture rimangono in gran parte indisponibili.
Circa il 90% delle abitazioni residenziali è stato completamente demolito, lasciando decine di migliaia di persone senza casa. Si prevede che la rimozione delle macerie richiederà anni. Interi quartieri di Gaza City, come Tal Al-Hawa e Al-Zaitoun Street, un tempo densamente edificati e vivaci, ora assomigliano a deserti desolati e senza vita. I prodotti alimentari surgelati sono a malapena reperibili a causa dell’interruzione della catena di approvvigionamento, che contribuisce anche alla diffusione di malattie infettive.
Ricostruzione. Ad oggi, riferisce la Caritas, non sono stati avviati sforzi di ricostruzione su larga scala. I rifugi temporanei promessi non si sono materializzati e non sono visibili sul campo attività di ricostruzione sostanziali. Gli esperti stimano che saranno necessari miliardi di dollari per ripristinare le infrastrutture essenziali, con un periodo di recupero che probabilmente supererà i dieci anni. Sono necessari materiali da costruzione, attrezzature e manodopera, mentre la sicurezza pubblica rimane debole, con conflitti inter familiari e tensioni comunitarie ancora diffuse.
Situazione economica. La situazione economica rimane disastrosa. Quasi tutte le famiglie vivono in povertà e le opportunità di lavoro sono estremamente limitate. Solo poche organizzazioni umanitarie continuano a operare, impiegando un numero limitato di personale locale.
![]()
La Caritas auspica la revoca del blocco e l’apertura di corridoi di aiuti che sono urgenti e necessari.
Beni di prima necessità come carne, pollame e uova rimangono scarsi o inarrivabili. Ad esempio, un singolo pollo congelato nel nord costa oltre 160 shekel (circa 42 euro, ndr.) rendendolo inaccessibile per la maggior parte delle famiglie.
La comunità cristiana. La comunità cristiana di Gaza continua ad affrontare gravi difficoltà. Sia nella parrocchia latina della Sacra Famiglia che in quella greco-ortodossa di San Porfirio, solo poche famiglie le cui case non sono state completamente distrutte sono tornate a casa; la maggior parte rimane rifugiata all’interno dei locali della chiesa. Diverse famiglie cristiane, tra cui alcuni membri dello staff di Caritas Gerusalemme, sono emigrate all’estero, soprattutto i giovani, diretti in Australia. Altri, ricorda la Caritas, hanno scelto di rimanere, esprimendo la loro determinazione a rimanere e ricostruire.
La partenza delle giovani famiglie cristiane rappresenta una seria sfida per il mantenimento della presenza cristiana a Gaza, poiché la maggior parte di coloro che rimangono sono anziani.
Attività di Caritas Gerusalemme. In questo contesto Caritas Gerusalemme continua a servire la popolazione gazawa concentrandosi principalmente sui governatorati meridionali. L’organismo gestisce attualmente sette punti medici nel sud, con il supporto di un team dedicato sul campo. Al personale è stato consigliato di non tornare al nord a causa delle condizioni di insicurezza e inabitabilità: distruzione diffusa, assenza di elettricità e acqua e mancanza di infrastrutture di base. Il principale centro medico nel nord (Al Shatei Medical Center) è stato riaperto e sono in corso limitati lavori di manutenzione e riparazione. Le strutture sono state messe in sicurezza contro i saccheggi e i lavori di ristrutturazione stanno affrontando i danni interni causati dai bombardamenti. Continua anche la distribuzione del latte in diverse aree della Striscia.
Cisgiordania. Nel comunicato la Caritas Gerusalemme ricorda anche la situazione in Cisgiordania dove la tensione rimane elevata, con frequenti scontri, un numero crescente di posti di blocco e varchi che limitano gli spostamenti tra i villaggi e un aumento degli attacchi dei coloni. Gli incidenti quotidiani continuano a verificarsi a Jenin, Tulkarem e Nablus. Nonostante queste sfide, Caritas Gerusalemme rimane operativa in diversi governatorati, adattando attività e interventi al contesto di sicurezza instabile. Anche la situazione economica rimane grave: l’assenza di pellegrini o turisti in visita a Gerusalemme o Betlemme, influisce in modo significativo sui mezzi di sussistenza delle famiglie che dipendono dal turismo e dal commercio su piccola scala.
La stagione della raccolta delle olive è ormai iniziata e accompagnata dai continui attacchi dei coloni che impediscono agli agricoltori palestinesi di raccogliere le olive, da cui molte famiglie dipendono come fonte vitale di reddito familiare.
Nonostante le immense sfide umanitarie ed economiche sia a Gaza che in Cisgiordania, Caritas Gerusalemme, si legge nel comunicato, rimane ferma nella sua missione di servire i più vulnerabili con compassione, professionalità e fede, garantendo una presenza costante di speranza e solidarietà in tutta la Terra Santa.