In chiaroscuro i dati di Padova per quel che riguarda il Goal 7 dell’Agenda 2030, quello legato all’energia pulita e l’assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni. Il ritmo di crescita registrato sia nel periodo 2013-2022 sia nel quadriennio 2018-2022 mostra come l’obiettivo di generare almeno il 42,5 per cento di energia da fonti rinnovabili entro il 2030 non verrà raggiunto. Non solo ma il divario sta aumentando e anche per la Regione non si registrano i progressi sperati. «Il tasso di crescita è basso ma il valore assoluto non è così basso nel Veneto, se guardiamo all’installato per abitante – commenta Arturo Lorenzoni, docente di economia dell’energia all’Università di Padova e consigliere regionale di minoranza – Il Veneto non è messo poi così male e anche Padova è una provincia che ha una buona installazione. È più difficile migliorare quando si è già a un buon livello». L’ottimismo del docente lascia però presto spazio al realismo del politico: a frenare l’installazione di nuovi impianti è spesso l’eccesso di zelo della burocrazia e del legislatore, compreso quello regionale, che esige più adempimenti di quelli previsti dalla normativa nazionale. «C’è un atteggiamento di difesa da parte della pubblica amministrazione che secondo me è ingiustificato – spiega Lorenzoni – Che alcuni Comuni siano subissati dalle richieste è vero, ma è il risultato di subire il processo senza gestirlo». Da consigliere regionale ha presentato un disegno di legge per coinvolgere gli enti locali nella produzione di energia sostenibile: «Ogni comune faccia il suo Paes, che è il piano di azione, e un Comune piccolo lo farà insieme ad altri – chiarisce ancora Lorenzoni – È chiaro non voglio che Barbona (il Comune più piccolo della Provincia, ndr), che ha risorse limitatissime, debba avere questa spada di Damocle però può comunque farlo insieme alle amministrazioni vicine e al tempo stesso identificare come ogni Comune lo spazio per installare un megawatt di fotovoltaico». Per produrre un megawatt sarebbero sufficienti circa ottomila metri quadrati, una superficie facilmente individuabile. «Il parcheggio del cimitero, per esempio, secondo me ce l’hanno tutti» chiosa Lorenzoni che, oltre a trovare il modo di produrre un decimo di quell’energia verde che servirebbe a raggiungere gli obiettivi ha in mente soprattutto di mettere «in moto questo processo di consapevolezza e di coinvolgimento che è la cosa più importante da fare. Consapevoli che questi investimenti non sono uno sforzo dal punto di vista economico». Già, perché l’energia installata verrebbe acquistata dall’amministrazione pubblica locale a un prezzo minore di quello pagato oggi sul mercato, conseguendo dei risparmi a tutto vantaggio delle casse pubbliche. A mancare sul versante normativo a cominciare dal Piano energetico regionale è, secondo Lorenzoni, una certa progettualità, «basterebbe dare qualche indicazione puntuale invece si tende a non scegliere e non scegliere vuol dire perdere tante opportunità». Un’opportunità, almeno così è emersa nel dibattito pubblico degli ultimi tempi, sembra tornata a essere una centrale nucleare sulla Laguna: «A oggi non c’è una centrale nucleare da mettere a Marghera: le grandi centrali come quelle francesi hanno dei costi che sono fuori controllo – mette in chiaro Lorenzoni, rivestendo i panni del docente – Le macchine piccole che si chiamano Smr, small modular reactor, in realtà non ci sono commercialmente. Ne hanno fatta una in Cina ma è un progetto pilota: vedremo se riusciranno a commercializzarla». E proprio come ci si aspetterebbe da un docente, il nostro in realtà non scoraggia la ricerca ma invita a un sano realismo verso quel nucleare visto come una soluzione che «ci illude che qualcuno possa risolvere il problema della transizione quando non è così».
La percentuale di energia elettrica proveniente da energie rinnovabili nella provincia di Padova è stabile nell’ultimo decennio, oscillando tra il 15 e il 17 per cento. Nel 2020 c’è stato un lieve incremento per poi tornare ai livelli precedenti nei due anni successivi.