Nel corso del 2022 sono stati registrati in Veneto 1.026 ettari di nuovo suolo consumato e 287 ettari di suolo ripristinato. Il bilancio netto risulta essere, così, di 739 ettari, che si aggiungono a quelli degli anni precedenti, per un totale pari all’11,9 per cento del territorio regionale (che diventa superiore al 19 per cento se consideriamo la superficie al netto delle aree classificate di montagna, le acque e le aree soggette a tutela naturalistica), al di sopra della media nazionale. A denunciare l’incessante consumo di suolo, attraverso i dati dell’Ispra pubblicati a fine ottobre 2023 e ultimi disponibili, è Ance Veneto, l’Associazione nazionale dei costruttori edili: il Veneto che si mangia il verde per poi sputare nuovo cemento resta ancora al secondo posto, dopo la Lombardia (908 ettari) e davanti a Puglia (718 ettari) ed Emilia-Romagna (635 ettari), tra le Regioni ad alto consumo di suolo. E anche a causa della flessione demografica, il suolo consumato pro-capite aumenta a 449 metri quadri per abitante. Sullo sfondo, strettamente correlato con l’impossibilità delle superfici impermeabili create dalla cementificazione di assorbire l’acqua nel terreno, la notizia riportata dall’Arpav, l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale, che certifica il mese di ottobre 2024 come il più piovoso degli ultimi trent’anni, con temperature di 1,9 gradi superiori alla media. Indicazioni poco incoraggianti attorno al Goal 15, il cui obiettivo è la protezione, il ripristino e un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, fermando anche la perdita di diversità biologica. Secondo il lavoro di AsVeSS, la percentuale di superficie artificiale, o in altre parole il consumo di suolo, è aumentata nella provincia di Padova nel decennio dal 2012 al 2022 di mezzo punto percentuale, passando dal 18,2 per cento del 2012 al 18,7 per cento di dieci anni dopo. La media regionale mostra un andamento solo leggermente più contenuto, pari a 0,4 punti percentuali e un livello più basso di quello di Padova, pari al 11,5 per cento al 2012 e del 11,9 per cento, come visto, al 2022. La media nazionale del consumo di suolo al 2022 è più bassa e pari al 7,1 per cento. La legge regionale numero 14 del 2017, finalizzata al contenimento del consumo di suolo, si è rivelata inefficace, mentre a livello nazionale, uno spiraglio si fa spazio nel grigio del cemento con l’approvazione della legge costituzionale numero 1 dell’11 febbraio 2022, con la quale sono state introdotte modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, introducendo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni. La tutela degli animali inclusa nell’articolo 9 integra, secondo lo studio di ASviS, di fatto anche il concetto scientifico di One Health, ovvero il riconoscimento che la salute umana, animale, vegetale e ambientale sono inestricabilmente interconnesse. L’articolo 41 specifica, al primo comma, che l’iniziativa economica privata, oltre a non potersi svolgere in contrasto all’utilità sociale, non può essere condotta «in danno alla salute, all’ambiente». Tale formulazione richiama il principio del «non nuocere significativamente all’ambiente» inserito nel Green Deal europeo, che l’Italia è già chiamata ad applicare agli investimenti del Pnrr e ad altri interventi finanziati dal bilancio europeo.