Idee
Uno degli ambiti che il prossimo presidente del Veneto dovrà affrontare è quello del welfare. Nonostante di strada ne sia stata fatta e non manchino le convergenze tra le diverse forze politiche, la prossima giunta regionale dovrà impegnarsi fattivamente nel sociale, accogliendo le sfide poste, tra gli altri, dal
mondo della disabilità, delle dipendenze, degli anziani, della famiglia… Perché, quindi, non tornare a un assessorato al sociale sganciato da altre deleghe e con una dotazione adeguata di risorse per far fronte alle tante criticità d’oggi?
Disabilità. Graziella Lazzari Peroni, presidente regionale di Anffas, l’Associazione nazionale di famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neuro-sviluppo, ha le idee ben chiare sulle urgenze del settore disabilità, frutto di una lunga esperienza “sul campo”. «Innanzitutto serve una “cabina di regia” che accompagni e fornisca informazioni ai disabili e alle loro famiglie. Oggi ognuno deve cercare, per conto proprio, servizi, supporti, sussidi: è un impegno gravoso e spesso si perdono opportunità».
Seconda emergenza, la carenza di personale: «Non c’è stata programmazione e così ci troviamo molto sguarniti. Per coprire i buchi si sta abbassando l’asticella del livello di preparazione degli operatori. Invece si dovrebbe fare l’opposto: offrire una formazione specifica per ciascun settore, perché assistere un anziano non è la stessa cosa di accompagnare una persona con problemi psichici». Tale questione è legata strettamente al capitolo remunerazione: «Il lavoro nel sociale non è attrattivo perché pagato male. Gli stipendi degli operatori sono fermi da anni, non c’è neppure l’adeguamento all’aumento dei prezzi dell’Istat… Per forza che il personale scappa. Per poter aumentare gli stipendi, sarebbe necessario un aumento delle rette degli assistiti, ma i Comuni dicono di non avere fondi in bilancio».
Un capitolo a parte merita la psichiatria: «I fondi sono risicatissimi – evidenzia Lazzari – e i centri di salute mentale fanno quello che possono. Una strada da perseguire è quella dei laboratori diurni, cioè centri di aggregazione specifici per persone con disturbi psichiatrici, in cui si sperimenta la vita insieme, anche in vista di un possibile inserimento in gruppi appartamento, e si riceve formazione in vista di un reinserimento lavorativo. In passato esistevano servizi di questo tipo, ma per carenza di fondi sono stati chiusi o ridotti al minimo e le persone rimaste a casa sono ora a carico delle famiglie».
Tutti i servizi e le iniziative dovrebbero avere come sfondo e orizzonte il “progetto di vita” della persona con disabilità. «Dopo 25 anni dall’introduzione dell’obiettivo del “progetto di vita”– conclude Lazzari – siamo molto distanti dalla sua realizzazione, perché mancano le persone formate e i fondi necessari per consentire a una persona con disabilità di arrivare alla sua realizzazione».
Dipendenze. È un tempo di trasformazione per le strutture e i servizi che si fanno carico della
prevenzione e cura di persone dipendenti da sostanze. Perché, come spiega Floriano Zambon,
presidente della Piccola Comunità di Conegliano che da 52 anni accoglie persone con storie di
fragilità, in particolare consumatori di sostanze, nonché presidente in passato della Conferenza
dei sindaci dell’Ulss 7, «alla sostanze tradizionali si aggiungono quelle sintetiche che richiedono
percorsi terapeutici adeguati». C’è, poi, la vasta area delle pluridipendenze, anch’essa in crescita,
anche tra i giovanissimi. «Alla nuova amministrazione regionale chiedo di mantenere il sostegno
fino a ora assicurato alle nostre realtà – sottolinea Zambon – Per l’area terapeutica si tratta di fondi
derivanti dal bilancio sanitario, mentre per l’area della marginalità sociale il finanziamento proviene dal bilancio sociale. E qui entrano in gioco i nuovi Ats (Ambiti Territoriali sociali), che a mio avviso rappresentano un’importante opportunità, se la Regione saprà assicurarne uno sviluppo omogeneo in tutto il territorio con un’adeguata attenzione alle varie emergenze sociali». Anche in questo settore, c’è il problema del reclutamento del personale: «Lavorare con persone dipendenti da sostanze richiede forte impegno non solo professionale ma anche umano. Questo si traduce in un turnover che pesa sulle nostre organizzazioni».
Anziani. «Servono risorse: economiche e umane». Francesco Facci, recentemente confermato
alla presidenza regionale di Uneba, l’associazione di enti operanti nel campo sociale, socio-sanitario ed educativo degli interventi e dei servizi alla persona, coerenti con i principi cristiani, non ha dubbi sulle priorità da chiedere al futuro Governo regionale per l’assistenza degli anziani. «Basti pensare che solo il 15 per cento degli anziani che ne avrebbe bisogno può accedere alle Rsa, perché non tutti se lo possono permettere o perché le strutture non sono in grado di accoglierli». La carenza di personale è grave, «e invero è diffuso in tutta Europa, dove nei prossimi anni mancheranno milioni e milioni di lavoratori. Per questo Uneba con Confcooperative ha messo in piedi il Progetto Zefiro, che aiuta gli enti del sociosanitario a trovare Oss, portando in Italia personale già formato, nel rispetto della complessa normativa di settore: nel concreto, abbiamo già avviato contatti con le suore Camilliane nel Perù e con la Caritas in Sri Lanka. Dobbiamo favorire la costruzione di ponti con altre parti del mondo a questo scopo:
in questo la chiesa ha canali privilegiati grazie alle missioni. Ma anche l’ente pubblico deve favorire
questi ponti». Il tema della riforma delle Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficenza) è sul tavolo da vent’anni: «Il Veneto è l’unica Regione a non averla ancora effettuata, e penso non serva aggiungere
altro. Ma bisogna parlare anche dell’addizionale Irpef, da dedicare a sostegno del settore sociosanitario: il problema è che in politica spesso si ragiona a compartimenti stagni». Si avverte l’esigenza di un assessorato regionale specifico per il sociale. «È necessario staccarlo dalla sanità, come invece è stato nel passato, perché serve avere un’attenzione specifica, data la sua complessità e importanza. Pensiamo solo che in Veneto ci sono 34 mila posti letto in Rsa, a fronte di circa 15mila in ospedale (fonte: relazione
socio sanitaria 2024, Azienda Zero, ndr). Anche sui giornali finiscono solo interventi chirurgici e macchinari ultramoderni e non la quotidianità delle case di riposo». Il tema del futuro deve essere l’assistenza domiciliare. «È fondamentale creare delle reti (che coinvolgono tutte le istituzioni e gli enti, a partire dalla Regione) di informazione e formazione, a cerchi concentrici con le strutture sanitarie e sociosanitarie come hub (centri): lì rimangono i casi più gravi, e da lì si trasmettono conoscenze e si offrono servizi per gestire le situazioni meno complesse a domicilio. Queste reti devono curare anche la formazione dei caregiver». Sul tavolo c’è il tema dell’accreditamento istituzionale, che ha caratterizzato il Veneto, e l’ipotesi della “voucherizzazione”, ovvero la monetizzazione di un aiuto da consegnare direttamente all’interessato, che poi si deve arrangiare. Un’ipotesi che Uneba vuole evitare, per non rischiare discontinuità di servizi e aumento di costi per le famiglie, oltre alle inevitabili difficoltà gestionali.
«Si passi da una logica di bonus a un’offerta stabile di servizi»
In vista delle elezioni regionali, il Forum delle associazioni familiari del Veneto ha elaborato il documento Una Regione a misura di famiglia, sul quale, a Vicenza, gli esponenti di diversi schieramenti politici si sono confrontati. «Si è trattato di uno scambio costruttivo – commenta Marco Marseglia, presidente del Forum del Veneto, che ha moderato l’incontro – che ha visto dalle varie parti politiche una sostanziale convergenza, pur con diversità di sfumature. La famiglia è uno snodo centrale della società che tocca tutte le età e le dimensioni del corpo sociale: tutto passa per la famiglia».
Qual è il punto della situazione della famiglia in Veneto?
«Bisogna riconoscere che la nostra Regione ha elaborato uno strumento importante, pur con alcuni limiti. Mi riferisco alla legge regionale del 2020 “Interventi a sostegno della famiglia e della natalità”. Purtroppo, il tempo del Covid ha complicato la sua applicazione, ma lo spirito della legge ci sembra vada nella direzione giusta».
Quali aspetti delle politiche familiari vanno, invece, migliorati?
«C’è ancora molto da fare, ovviamente. Come associazioni delle famiglie ci battiamo perché si passi da una logica di “bonus” a un’offerta stabile di “servizi”. Non si decide di mettere al mondo dei figli – e il Veneto è attraversato da una forte crisi demografica – per un bonus, ma solo se nel contesto in cui vive una coppia trova servizi adeguati a sostegno della genitorialità. Penso all’emergenza edilizia, dal momento che le giovani coppie fanno fatica a trovare casa, all’accessibilità agli asili nido, in molti casi garantiti dalle parrocchie, alle spese scolastiche per l’acquisto dei libri di testo e i trasporti pubblici dei figli…».
Quello che proponete è, di fatto, un cambio di mentalità…
«Sì, chiediamo che un po’ tutto sia visto “con gli occhi della famiglia”. Per questo ci sta a cuore, come Forum delle famiglie, essere coinvolti in una modalità partecipativa nella elaborazione delle prossime politiche familiari. Ci sono tanti ambiti su cui è ancora necessario lavorare: per esempio, il riconoscimento della figura del caregiver, cioè di chi si prende cura di bambini e anziani nel nucleo familiare, oppure il sostegno alle famiglie fragili che va attuato prima che la famiglia vada in crisi, favorendo soprattutto una rete di relazioni».
Secondo i dati trasmessi dai sindacati dei pensionati del Veneto, a fine maggio, le domande in lista d’attesa per un posto in Rsa con impegnativa in Veneto sono salite a 2.850, con un incremento di
oltre mille unità rispetto al 2024. Tra le cause, l’invecchiamento della popolazione e rette insostenibili: in
media, oltre 1.800 euro al mese nel pubblico e quasi 2.800 senza impegnativa nel privato.

In vista delle elezioni regionali, prosegue il “viaggio”, realizzato dalla Difesa del popolo assieme agli altri settimanali diocesani del Veneto, attraverso i grandi temi su cui la Regione è stata chiamata a prendere decisioni e su cui vertono le sfide future. Dopo mobilità, cementificazione e sanità, la prossima settimana sarà dedicata a competitività regionale e lavoro.
Il 4 novembre (20.15-21.30), presso l’Opsa di Sarmeola, si terrà un confronto pubblico tra i candidati Alberto Stefani e Giovanni Manildo. Organizzato da Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, Acli, Ac, Agesci, Coldiretti, Cif, Csi, Fisp, Ucid.

«Il futuro delle Rsa passa dall’invecchiamento attivo: non solo cura, ma prevenzione, inclusione e dignità – ha dichiarato Severino Pellizzari, presidente Anap Veneto (Associazione nazionale anziani e pensionati di Confartigianato) in un convegno dello scorso 16 ottobre – In un Paese e in una Regione che invecchiano, la politica deve mettere questo tema al centro, per questo chiediamo con forza alla nuova giunta regionale di tornare a istituire due assessorati distinti tra sanità e sociale. Garantire il giusto sostegno
alla famiglia con un fondo dedicato alla non autosufficienza deve essere una priorità, il giusto riconoscimento a chi ha costruito il nostro presente». Per Anap Veneto si deve promuovere una cultura dell’invecchiamento attivo, che non si limiti all’assistenza ma favorisca la partecipazione, la prevenzione e la dignità della persona.