Fatti
Non si arrendono perché non hanno scelta: se l’Ucraina smette di combattere, smette anche di esistere. Sintetizza così le ragioni della resistenza Yaroslav Hrytsak, storico di fama internazionale e docente all’Università Cattolica di Leopoli. I paragoni con la Finlandia, che nel 1940 cedette territori per sopravvivere, per lui non reggono: «A Iosif Stalin non interessava distruggere la Nazione finlandese, mentre Vladimir Putin ha ripetuto più volte che l’Ucraina non è una Nazione e come tale non deve esistere».
Hrytsak è stato ospite al Centro culturale San Gaetano di Padova nell’ambito della rassegna degli Incontri sulla cultura ucraina curata di Liudmila Vladova Olenovych e da Niccolò Pianciola, docente Unipd. Durante la sua conferenza dello scorso mercoledì 22 ottobre, intitolata “Ucraina oggi: guerra, sfide, prospettive”, ha offerto una lettura lucida e drammatica del conflitto in corso; nei territori occupati – ha ricordato lo storico, del quale la casa editrice Il Mulino ha pubblicato in Italia un’ampia Storia dell’Ucraina (422 pagine, 30 euro) – vengono eliminati e perseguitati poeti, intellettuali ed educatori: «Ogni volta che i russi conquistano una città cercano di cancellare la cultura ucraina, per questo la nostra è una guerra esistenziale».
Ma perché questo conflitto è cruciale anche per Mosca? Hrytsak non ha dubbi: «Con l’Ucraina la Russia è una superpotenza; senza di essa è pur sempre una grande Nazione, ma non un impero. È come la differenza tra Stati Uniti e Canada». Da secoli, aggiunge, questa “terra di confine” (questa letteralmente la radice etimologica del toponimo) ha un peso geopolitico enorme: «Hitler e Stalin combatterono per il controllo dell’Ucraina, il suo carbone e l’acciaio, le “terre nere” e il grano. Chi controlla l’Ucraina controlla l’Europa orientale e può dominare tutto il continente».
Per questo il secolo scorso la popolazione ucraina ha vissuto la repressione sovietica e l’occupazione nazista, unite a carestie, purghe e guerre: «Le società segnate da traumi profondi sviluppano una forte capacità di resistere. La nostra memoria storica ci dice che se smettiamo di lottare spariremo». E oggi? Le prospettive non sono rosee: «Qualcuno sperava in Trump, ma oggi è chiaro che non risolverà il conflitto. Non si intravede al momento un negoziato credibile: le trattative continueranno ma senza risultati significativi e la nostra terra continuerà a essere bombardata». Secondo lo storico, lo scenario più realistico è quello di un conflitto ancora lungo, forse per anni; per il momento il Paese è ancora sotto l’offensiva russa ma esistono margini di speranza: «Anche se nell’immediato non ci fosse una vera e propria sconfitta militare della Russia, l’Ucraina può tuttavia ottenere una vittoria strategica neutralizzandone il potenziale offensivo. Un po’ com’è già accaduto nel Mar Nero, dove la flotta russa è bloccata dai droni ucraini».
In questa guerra, ammonisce Hrytsak, è in gioco il futuro della sicurezza europea. Se l’Europa vuole proteggere se stessa, argomenta, deve smettere di delegare tutto agli Stati Uniti, che hanno più volte pubblicamente annunciato il loro disimpegno, e iniziare a investire nel proprio sistema difensivo. Da questo punto di vista l’Ucraina, dopo tre anni e mezzo di conflitto, «sta mostrando come si combatte una guerra moderna. Chi sostiene Kyiv oggi sta difendendo la pace di domani». Lo storico chiude con una constatazione amara ma determinata: «Abbiamo molte ferite e poche garanzie, ma abbiamo qualcosa che non si può occupare né comprare, la speranza di vivere da Nazione libera. Ed è questa la nostra forza».
Le Nazioni europee stanno elaborando un piano in 12 punti per un cessate il fuoco con la Russia. Secondo Bloomberg, il piano include il ritorno dei bambini deportati, lo scambio di prigionieri, aiuti per la ricostruzione e un percorso accelerato verso l’adesione Ue, ma non nella Nato.