Mosaico
A pochi giorni dallo spostamento della statua del Gattamelata in previsione del suo complesso restauro, la basilica del Santo torna sotto i riflettori per un altro importante intervento: il rinnovo del sistema antincendio delle sue cupole e di altri due ambienti preziosi, l’Archivio storico della Veneranda Arca e la Biblioteca pontificia antoniana. Non è solo un potenziamento, ma la dotazione di un sistema all’avanguardia più efficiente e anche in grado di evitare i danni che l’acqua dei consueti sistemi antincendio può provocare sui beni storici.
Ad accelerare l’adozione di un sistema di questo genere non è estraneo il recente incendio alla cattedrale parigina di Notre Dame. A essere infatti particolarmente a rischio è il sistema di travature lignee che sorregge la copertura esterna delle otto cupole della basilica, che conserva ancora molte delle travi originali duecentesche, ciò che ne fa uno dei più antichi in Europa. «È un sistema visibile a pochi, di grande suggestione – ha spiegato padre Antonio Ramina, rettore della basilica – ma che, per il materiale con cui è realizzato, mostra anche la sua vulnerabilità in caso di incendi. È responsabilità di tutti fare il possibile affinché un capolavoro come le cupole della basilica del Santo possa essere tutelato al meglio. Questo è stato l’intento della Delegazione pontificia e della Veneranda Arca: poter realizzare un sistema antincendio che, nel rispetto di questo capolavoro architettonico, ne garantisse anche l’incolumità per il futuro».
A spiegare le caratteristiche del nuovo impianto antincendio è Fabio Dattilo, ingegnere e presidente della Veneranda Arca di Sant’Antonio, che sottolinea come questo sia un passo decisivo nel processo di efficientamento e miglioramento tecnologico dei sistemi di protezione della basilica. Nello specifico, l’intervento prevede l’adozione della tecnologia water mist, un sistema di ultima generazione già applicato in altri contesti e sviluppato per la basilica da Tema sistemi Spa di Taranto. Il cuore dell’impianto sarà un gruppo di pompaggio ad alta pressione gestito da un controllore logico appositamente programmato per attivare degli ugelli in grado di erogare a 100 bar una nebbia d’acqua, composta da goccioline di dimensioni idonee, che, cambiando stato e aumentando di volume, permettono un elevato abbattimento del calore e una drastica diminuzione delle temperature, prevenendo l’auto-alimentazione del fuoco stesso. Questo consente un’elevata capacità estinguente, un impatto ambientale nullo e una maggiore sicurezza per gli ambienti vincolati.
L’intervento è importante anche per l’eccezionalità del sistema delle cupole, già ricordate nel 14° secolo da Giovanni da Nono, che racconta la traslazione del corpo di sant’Antonio, nel 1265,
sotto la terza cupola di forma troncoconica, ispirata al santo sepolcro di Gerusalemme. Altri documenti testimoniano numerosi interventi di restauro nei secoli, tra cui i più significativi dopo un incendio nel 1749: «Le ricerche più recenti, tra cui le analisi dendrologiche condotte dal Politecnico di Zurigo – ha raccontato Giovanna Valenzano, presidente della Veneranda Arca di Sant’Antonio con delega al restauro del complesso basilicale, nonché docente di Storia dell’arte medievale all’Università di Padova – hanno messo in luce la sopravvivenza di travi lignee del 13° secolo nonostante le cupole, costruite prima del 1263, nel tempo abbiano subito modifiche e restauri, soprattutto nella parte superiore che sostiene la “sopracupola” esterna in lamine di piombo che tutti ammiriamo».
L’intervento prenderà avvio prima della fine del 2025 e si concluderà entro la primavera 2026,. Sarà in parte condotto con tecniche di edilizia acrobatica per evitare l’uso di ponteggi invasivi, così la basilica rimarrà aperta.
Il sistema water mist è stato già applicato in contesti come San Marco, la scuola grande di San Rocco, le Procuratie nuove, villa Pisani a Stra e villa Contarini. Il costo complessivo è di circa 1,5 milioni di euro, coperto per 850 mila euro da un contributo della Fondazione Cariparo.