Idee | Pensiero Libero
Passato il fine settimana dei Santi e dei Morti (o dovremmo dire di Halloween??!!), siete pronti a impugnare la carta di credito e tuffarvi nei due mesi più consumistici dell’anno? Siamo al 9 novembre, davanti a noi ci sono delle elezioni regionali che dopo 15 anni rappresenteranno, in ogni caso, un significativo cambiamento alla guida della Regione. In Parlamento si discute una legge di bilanci(n)o che pare più una manovra di piccolo cabotaggio per mantenere l’attuale crociera, senza grandi innovazioni. Gli Usa minacciano azioni militari dirette sul suolo del Venezuela, una forzatura – pur riconoscendo la natura autoritaria del regime di Maduro – che non si vede dai tempi della guerra preventiva in Iraq. In Sudan è in atto una crisi umanitaria senza precedenti, di cui nessuno parla. Eppure, obnubilati come siamo dalle notifiche continue e insistenti che compaiono sullo schermo del nostro telefono, i saldi di mezza stagione, il black friday (il prossimo 28 novembre) e i mercatini natalizi, che già si apprestano ad aprire i battenti, sono tutti lì a ricordarci che viviamo in un sistema che, prima di tutto, ci incasella come consumatori.
Il tema ricorrente è il nostro potere d’acquisto, le nostre preferenze in tema di compere, che cosa regaleremo a Natale, quanto viaggeremo, per quanto tempo, e che cosa ci concederemo fuori dalla solita routine. Il benessere stesso di persone e famiglie appare nella narrazione, mediatica e non solo, sinonimo di quanto possiamo spendere.
Più che in altre stagioni, almeno su scala padovana, l’inizio delle grandi spese coincide quest’anno con un dibattito acceso sulla desertificazione commerciale del centro città, dove numerosi negozi di beni di lusso hanno chiuso i battenti nelle settimane scorse, e la tendenza continua. Nulla di cui sorprendersi, verrebbe da dire, ripensando alle performance artistiche di Freak of Nature (scherzo della natura, ndr), la writer che da un quindicennio gira le città venete dipingendo di verde e contabilizzando tutti i fondi commerciali sfitti o come qui chiusi. Partita da grandi centri come Vicenza, Bassano, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia e Mestre, l’artista in questi mesi ha raggiunto anche piccole città dove i negozi di vicinato continuano a chiudere a ritmo serrato, alimentari compresi. Stando alle associazioni di categoria, i negozi di vicinato sono diminuiti in Veneto del 5 per cento negli ultimi tre anni. Secondo i dati più recenti, il numero di sedi d’impresa del terziario di mercato in Veneto è diminuito del 1,9 per cento rispetto all’anno precedente, per un totale di 2.391 unità in meno. Il risultato è che anche in piccoli paesini dove fino a un decennio fa prosperavano anche tre piccoli supermercati e un paio di casolini, magari nelle frazioni più lontane, oggi l’attrazione dei grande centro commerciale e soprattutto la comodità del “clicco e attendo i prodotti a casa mia” hanno generato un cambiamento epocale non solo nel commercio, ma nella socialità stessa del tessuto urbano.
Il vero punto su cui riflettere, infatti, è che in era Amazon stiamo risparmiando tempo e in alcuni casi denaro, ma non paghiamo solamente con i denari. Il conto infatti riporta una serie di costi di diversa natura. La prima è relazionale: uscire a prendere il pane e il giornale, passare davanti al bar, scambiare una parola con un vicino o un passante, erano attività normali ieri e pressoché scomparse oggi. In secondo luogo, troppo spesso non siamo in grado di decifrare quello che compriamo nella grande distribuzione come nelle piattaforme online: provenienza, ingredienti, manodopera regolare rimangono punti di domanda di fronte a pacchetti e grosse sporte. Infine l’inquinamento: tutti quei furgoni che girano impazziti per le nostre strade consumano e scaricano, anche se sono elettrici.
Bandire tutto questo e tornare al 1990? No, certo. Non è possibile né vantaggioso. In questo, come in molti altri casi, è necessario equilibrio. E per raggiungerlo possiamo tutti partire dalla sobrietà.