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“Francesco d’Assisi 800 anni di prodigi” è il titolo di un intenso momento di riflessione vissuto sabato 8 novembre nella chiesa parrocchiale di Fratte, nell’ambito del centenario (1925-2025). Un nutrito gruppo di ragazzi, giovani e adulti – circa una sessantina di persone fra attori e figuranti, cantanti e musicisti – ha messo in scena, alla presenza di oltre quattrocento persone, uno “spettacolo” per gli 800 anni del Cantico delle creature. Una proposta ricca di stimoli e di riflessioni, particolari e significative. Un collegamento magistrale fra passato e presente che ha aiutato a decodificare e interpretare al meglio certi aspetti del nostro tempo a otto secoli dalla nascita del francescanesimo: una sintesi perfetta fra perdono, amore, gratitudine e gioia (quella che il poverello d’Assisi chiamava “perfetta letizia”). L’insegnamento e la testimonianza di Francesco continua a essere “un fascino senza tempo”, quello di un “uomo” controcorrente che parlava e parla a tutti di Dio in modo semplice, un Dio che ama e perdona come nessun altro. In una società confusa, come la nostra, e “affamata di senso”, la sua parola è illuminante e… per chi la sa ascoltare e interiorizzare può diventare un “faro” per la vita di ciascuno.
Il messaggio al termine della rappresentazione, affidato a tutti, attraverso un dialogo stimolante di un gruppo di giovani – poco più che adolescenti – è chiaro e privo di infingimenti, incisivo ed eloquente, ma anche emotivamente coinvolgente. Pertanto, sebbene lo spettacolo sia finito, dovrebbe iniziare il momento del “nostro cantico”. Infatti, dopo aver incontrato Francesco d’Assisi e aver ascoltato il Cantico delle creature, nasce forte il desiderio di invocare l’aiuto del Signore poiché, sempre più spesso, si è presi da un senso di pessimismo dovuto agli orrori di un mondo che rende tutti incapaci di reagire, nella quotidianità.
Infatti, si assiste impotenti – nostro malgrado – a una violenza atroce e pervasiva che si abbatte sull’umanità intera, talora, scegliendo come vittime designate le categorie più fragili e indifese come i bambini e gli anziani. Altre forme di violenza, invece, devastano e saccheggiano la Terra in quanto l’uomo, preso da deliri di onnipotenza, pensa di monetizzare tutto anche l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo. Tutto questo, in certi momenti, spaventa e disorienta, fa sentire impotenti. Tuttavia, l’avere coscienza dei problemi che affliggono il mondo, stimola – tutti e ciascuno – a non essere spettatori passivi e soprattutto a non pensare che debbano essere sempre e solo gli altri a cambiare.
L’auspicio, allora, è quello di essere impegnati – senza se e senza ma – a portare il sorriso anche nei contesti più difficili, piantando semi di pace quando intorno si avvertono conflitti; ma come? “accarezzando” anche la terra con le nostre scelte, con il nostro stile di vita e coltivando i grandi “desideri nel cuore”. E allora c’è bisogno, come fece Francesco, di domandare umilmente aiuto all’ Altissimo affinché ispiri a tutti di portare luce anche quando tutt’intorno è tenebra. Ma altresì invocarlo per essere capaci di stupirsi magari guardando un tramonto o lo sguardo di un bambino, seguendo l’umiltà e la determinazione di Francesco che, giovane fra i giovani di ogni tempo, ha saputo intraprendere un cammino in controtendenza e che, dopo ottocento anni, non ha ancora perso la sua attrattiva e la sua forza di singolare “originalità”.