Il cambiamento nella continuità. La campagna elettorale di Alberto Stefani avanza con l’obiettivo di innervare la visione millennial nel trentennio trascorso in cui il suo partito – la Lega – ha avuto un ruolo centrale nel governo del Veneto. L’asse con Luca Zaia è più che saldo, come dimostra l’endorsement che il presidente uscente ha speso per lui ben prima che la sua candidatura a palazzo Balbi venisse ufficializzata (oltre al fatto che sarà capolista in tutte le provincie), ma sui temi centrali dello sviluppo regionale Stefani non lesina sottolineature e distinguo che aprono alle novità che porterà in Regione se verrà eletto. Tutto questo emerge dalle 200 pagine che compongono il suo programma sottoscritto dalle cinque liste che lo sostengono: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati-Civici per Stefani e Udc. Nonostante abbia solo 32 anni, corre per la presidenza della Regione con alle spalle un mandato da sindaco di Borgoricco (Pd), due elezioni in parlamento, oltre che la segreteria della Lega Veneta.
Stefani, quelle del 23 e 24 novembre prossimi saranno le elezioni più importanti tra quelle a cui ha partecipato. Ma come è nata la sua vocazione alla politica?
«Ho capito che volevo fare politica Stando a contatto con la gente e con le realtà locali, per comprendere le dinamiche sociali ed economiche del territorio, le quali rappresentano il principale punto di partenza per per poi compiere delle scelte capaci di incidere davvero e migliorare il benessere delle persone».
Come valuta la campagna elettorale fino a questo momento? Come sono i rapporti con il suo principale sfidante Giovanni Manildo?
«È una campagna elettorale molto intensa e molto bella, ricca di incontri e di confronti. Con Giovanni Manildo ci sono rispetto e cordialità, ci è capitato spesso di discutere sul futuro del Veneto nei molti dibattiti a cui siamo stati invitati, fino a questo momento non ci sono stati attacchi o polemiche e il mio obiettivo è di continuare la campagna elettorale esattamente come l’ho iniziata. Sono convinto che la gentilezza rappresenti un punto di forza necessario per innovare la politica nel nostro Paese».
Arrivando così ai temi chiave partiamo dall’ambiente. Dal consumo di suolo all’emergenza Pfas fino al dissesto idrogeologico, il Veneto ha attraversato anni difficili, quali sono i suoi principali focus?
«Tra i temi al centro dell’agenda politica del programma amministrativo abbiamo proprio messo l’ambiente, che è un tema su cui è fondamentale fare attenzione. Abbiamo proposto un tavolo di monitoraggio per quanto riguarda i Pfas e per quanto riguarda soprattutto l’analisi di impatto sulla sostenibilità ambientale. Su questo abbiamo lanciato una serie di iniziative: Carta Veneto, il biglietto intermodale per l’incentivo all’utilizzo dei mezzi pubblici; la maggiorazione dei punteggi sulla valutazione degli enti locali che investono in rigenerazione urbana; più facilità di accesso ai finanziamenti regionali per le imprese che investono in economia circolare. Proposte concrete per un ambientalismo che sia pragmatico e non ideologico».
Per quanto riguarda l’economia, vista anche la situazione internazionale, pare che il Veneto abbia bisogno di evolvere. Oggi non sempre «piccolo è bello», come si diceva un tempo pensando alle migliaia di imprese anche in piccoli comuni. Che cosa può fare la regione per incentivare questa transizione del modello di sviluppo?
«Innanzitutto dobbiamo fare un grande lavoro sulla manodopera qualificata. Entro il 2030 mancheranno 280 mila lavoratori qualificati e per affrontare questo tema è assolutamente necessario integrare sempre di più le scuole di formazione tecnica e professionale con il mondo dell’impresa. Ovviamente occorre anche un cambio di mentalità da parte dei giovani che non devono per forza tutti laurearsi, o diventare dottori di ricerca: possono raggiungere il successo imprenditoriale e contribuire al progresso del proprio territorio anche seguendo un altro percorso. Per far sì che questo accada è necessario soprattutto incentivare le imprese a formare i ragazzi all’interno delle loro realtà, favorire un’integrazione sempre maggiore già nel periodo della formazione all’interno dell’impresa. Oltre a questo puntiamo anche a uno sviluppo infrastrutturale del nostro territorio che favorisca gli insediamenti imprenditoriali, valorizzi i distretti del commercio e rilanci Veneto Innovazione, per lo sviluppo anche delle piccole e medie imprese e accompagni questo percorso di maggiori investimenti in ricerca e sviluppo».
E per quanto riguarda chi sta studiando per raggiungere la laurea?
«Abbiamo lanciato un campus permanente che mette insieme dipartimenti universitari, centri di ricerca e mondo del lavoro per favorire la possibilità che le imprese possano già collaborare con gli atenei già nella fase di studio per investire nei ragazzi migliori che le università del nostro territorio siano in grado di formare».
La sanità veneta attraversa una fase critica. Mancano circa 800 medici di medicina generale e le case di comunità avviate rischiano di rimanere vuote. Si percepiscono liste d’attesa ancora troppo lunghe e c’è chi rinuncia a curarsi. Da dove bisogna ripartire?
«Tenendo conto che la programmazione è di carattere nazionale, è doveroso dare vita a un percorso per favorire una sanità sempre più territoriale, implementando la tecnologia. Gli strumenti tecnologici – come già accade in alcune Ulss del Veneto – possono essere dei forti alleati per la riduzione degli accessi impropri in pronto soccorso, per la riduzione delle liste d’attesa, per l’ottimizzazione dell’organizzazione sanitaria. Rimane fondamentale un piano di assunzioni di medici e infermieri che renda più sostenibile il carico di lavoro e permetta nel tempo anche un aumento di personale in termini numerici, ma anche dal punto di vista della qualità dei contratti, con una misure integrative che rendano più appetibile il posto di lavoro pubblico».
Ha annunciato che, in caso di elezione tornerà a un assessorato dedicato al Sociale non più integrato a quello alla Sanità. Quali sono le priorità?
«Sono di tre ordini. Anzitutto l’invecchiamento attivo e la conseguente necessità di attrezzare le strutture residenziali per anziani. In questo quadro è necessario pensare a un’urbanistica sostenibile, a villaggi inclusivi per le non autosufficienze, che saranno in aumento per l’invecchiamento della popolazione e la trasformazione della società del futuro. In secondo luogo ci concentreremo sui servizi per la prima infanzia, ricordando che i due terzi dei bambini veneti frequentano una struttura paritaria quasi sempre parrocchiale. Si tratta di un patrimonio di cui dobbiamo essere orgogliosi, che fa parte della nostra storia, ma anche del presente e del futuro di questo territorio. Non possiamo pensare che una politica di sostegno alle famiglie possa escludere i due terzi dei bambini veneti e dei loro genitori dall’accesso ai finanziamenti per quanto riguarda i servizi della prima infanzia. Infine c’è il tema dei giovani: punteremo sul social housing con la possibilità di avere affitti a prezzi calmierati oltre a un inserimento nel mondo del lavoro come detto prima, senza dimenticare la lotta al disagio giovanile, altra grande sfida che dobbiamo affrontare e che va affrontata con sportelli di ascolto territoriali nelle scuole».
Il tema dell’abitare è molto complesso: nelle città venete i costi stanno diventando insostenibili, ma ci sono ampie aree del territorio a rischio spopolamento, in montagna ma anche nel Polesine. Quali proposte ha in merito?
«La Regione dispone di un grande strumento, le Ater (Aziende territoriali per l’edilizia residenziale) devono essere sfruttate adeguatamente, per garantire una residenzialità non limitata a quella popolare come l’abbiamo conosciuta negli ultimi quarant’anni, ma sia focalizzata sui giovani e permetta loro di avere accesso a una casa a prezzi calmierati, appunto. E soprattutto renda anche possibile a una giovane coppia stabilirsi in un territorio e per costruire la propria famiglia. Pensiamo quindi a un piano casa importante per i giovani, finanziato con i 980 milioni previsti da Governo nella Legge di Bilancio, da gestire pensando anche alla tutela dell’ambiente, con opere di rigenerazione urbana basata sul riutilizzo di immobili dismessi».
Sul fronte dei trasporti, questi sono gli anni della Superstrada Pedemontana Veneta. Il suo sfidante Manildo ha rilanciano invece la Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (Sfmr). Lei punterebbe ancora sulla gomma o sul ferro?
«Io credo che sia necessario potenziare sempre di più gli snodi intermodali per permettere al cittadino di viaggiare nel modo più semplice possibile con tutti i mezzi pubblici. Per questo abbiamo lanciato “Carta Veneto”, un biglietto unico per tutto il trasporto pubblico locale che ha anche l’obiettivo della sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda le infrastrutture ci sono comunque interventi specifici necessari in chiave di manutenzione e di sviluppo».
Ma dal suo punto di vista ci sono altre strade da realizzare?
«Sarà necessario intervenire sulla Romea, sulla regionale 308 e completare la regionale 10, quindi ci sono infrastrutture di cui si parla da anni come Valsugana, la viabilità periferica di Verona e la A31 Nord che andranno completate, con un occhio di riguardo anche per la viabilità delle province di Rovigo e Belluno. I finanziamenti per questi interventi potrebbero arrivare dal passaggio della concessione della Brescia-Padova alla holding autostradale Cav reso possibile grazie mio emendamento alla Camera».
Infine c’è il tema della montagna veneta. Oggi Cortina è sotto ai riflettori per le Olimpiadi, ma Belluno attende da tempo il riconoscimento della sua specificità presente nello Statuto del Veneto.
«A Belluno come pure a Rovigo è necessario garantire sviluppo infrastrutturale, come pure valutare quelle province come sede idonea a un’imprenditorialità per start up innovative di beni immateriali la cui produzione non si basa sulla logistica: ad esempio la tecnologia e il digitale derivati dall’attività intellettuale. Con questo approccio è possibile fare di una fragilità un punto di forza. Per combattere lo spopolamento sarà poi necessario investire maggiormente sui servizi all’infanzia. Per quanto riguarda la montagna veneta nel suo complesso, infine, sto pensando a una delega specifica in Giunta Regionale».