Fatti
E’ ormai braccio di ferro tra agricoltori e Commissione europea. I temi sono sempre i soliti: la quantità di risorse da destinare al comparto e, in seconda battuta, le modalità di applicazione della politica agricola comune (Pac). Si tratta di una situazione che rischia di complicarsi ulteriormente: la politica agricola dell’Ue, infatti, sempre di più deve fare i conti con la situazione globale, con le pressioni commerciali d’oltremare, con le tensioni internazionali. Ciò che appare piuttosto chiaro, comunque, è che difficilmente si potrà tornare ad una ai livelli di qualche tempo fa.
I toni usati hanno intanto trasformato il dibattito in scontro aperto. “La proposta di bilancio avanzata dalla Commissione europea guidata da Ursula Von der Leyen avrà l’effetto di affamare l’Europa”, dice Coldiretti che parla di una dipendenza sempre più forte dalle importazioni e di “una mossa pericolosa e irresponsabile in un momento in cui tutte le grandi potenze mondiali stanno investendo sull’agricoltura per garantire ai propri cittadini la sovranità alimentare e, con essa, la sicurezza degli approvvigionamenti di cibo”. Più pacata, ma ugualmente ferma, Confagricoltura che parla di giudizio “fortemente negativo” e “di poche risorse aggiuntive sono del tutto insufficienti, e neanche indirizzate prettamente al settore”. Mentre Cia-Agricoltori Italiani sottolinea: “il ruolo del comparto non è negoziabile”.
Ma che cosa non va giù ai coltivatori? Di fatto non solo la quantità di risorse a disposizione delineata nel Quadro finanziario pluriennale 2028–2034 che in Parlamento Ue si sta discutendo, ma l’inglobamento di queste in un Fondo Unico dal quale potranno pescare anche le altre politiche europee. Certo, la Commissione ha risposto con una iniezione supplementare di fondi, ma i coltivatori hanno già spiegato come a loro parere quelli disponibili restino insufficienti e come “l’assegnazione di un budget aggiuntivo sarà solo nominale: i fondi saranno infatti destinati alla realizzazione di ‘piani integrati territoriali’, accendendo la competizione tra settori e sottraendo risorse dirette agli agricoltori”. Ecco il vero pericolo paventato dagli agricoltori: la concorrenza tra settori diversi per accaparrarsi fondi già comunque limitati rispetto a prima. Non si tratta di un’eventualità di poco conto che, tra l’altro, si gioca sul filo del significato delle parole: un conto, per esempio, è destinare risorse a progetti “rurali”, un altro è destinarle a progetti “agricoli”. Detto in altri termini, la ruralità non significa solo agricoltura e produzione alimentare ma anche molto altro. Tutto senza dire di altri risvolti del piano europeo, come quello della possibile rinazionalizzazione di scelte e procedure che, stando sempre agli agricoltori, potrebbe danneggiare le imprese e non agevolarle. “Un’Europa che sposta i problemi in casa dei Paesi membri, con il nefasto e subdolo strumento della ‘flessibilità’ – dice a questo proposito Coldiretti ancora con parole forti – non è un’Europa sana: è un’Europa che rinuncia al proprio ruolo, che abdica alla responsabilità collettiva e che rischia di trasformarsi in un’autocrazia burocratica, preoccupata solo di preservare se stessa anziché il destino dei cittadini europei”.
Rimane in ogni caso il problema di fondo: la diminuzione delle risorse o, meglio, lo spostamento delle risorse su altre voci di spesa. Lo si è già detto: pesano sui bilanci degli Stati e dell’Ue gli impegni internazionali, le tensioni politiche, le guerre in corso. Si tratta di un peso probabilmente inaspettato, ma con il quale devono fare i conti anche l’agricoltura e l’agroalimentare.