Idee
Torniamo a parlare di smartphone. Per quanto riguarda l’uso all’interno delle aule scolastiche sono ormai ben note le norme variamente introdotte in questi ultimi tempi e che si possono riassume sostanzialmente nel divieto di maneggiare i telefonini. Dal primo stop nelle scuole del primo ciclo si è arrivati al divieto totale di utilizzo dei cellulari nelle scuole superiori, anche per scopi didattici, a partire dall’inizio dell’anno scolastico in corso (con le eccezioni previste per allievi con bisogni educativi e didattici speciali).
Resta naturalmente l’autonomia degli istituti, i quali hanno stabilito le proprie norme interne, adeguando al divieto i propri regolamenti, informando le famiglie e gli studenti, così da inserire la criticità – evidentemente soprattutto nelle scuole superiori il divieto di smartphone non è facilmente “digeribile” da parte degli studenti – in un più ampio progetto educativo il più possibile condiviso.
In questi mesi gli istituti scolastici hanno cercato di prendere le misure, mentre il dibattito culturale e pedagogico si è infiammato proprio sul tema degli smartphone e in particolare sul tema del “vietare”. Non serve, per alcuni: meglio educare all’uso consapevole. Per altri, invece, lo stop ai cellulari è proprio il primo passo per un’educazione che funzioni.
Naturalmente si sta semplificando, tuttavia in questo contesto irrompono le raccomandazioni della Società italiana di Pediatria (Sip) presentate al Senato il 19 novembre scorso. Si tratta di indicazioni sull’uso dei dispositivi digitali in età evolutiva che aggiornano i risultati elaborati in passato e sono basate sull’analisi di oltre 6.800 studi scientifici.
Per la prima volta viene indicato un limite d’età preciso – 13 anni – per l’uso dello smartphone personale e l’accesso autonomo a Internet. La Sip documenta poi danni già per i bambini più piccoli. Elena Bozzola, coordinatrice della Commissione Dipendenze Digitali SIP, ha spiegato che “nei bambini sotto i 13 anni l’eccesso di schermi è associato a ritardi del linguaggio, calo dell’attenzione e peggioramento del sonno. Negli adolescenti vediamo crescere ansia, isolamento, dipendenza dai social e perdita di autostima”. La Sip rileva tra l’altro che oltre due ore al giorno di schermi aumentano del 67% la probabilità di obesità negli adolescenti rispetto ai coetanei con esposizione inferiore. Nota poi che il l’89% degli adolescenti dorme con il cellulare in camera, cosa che favorisce la deprivazione cronica di sonno, e mette in correlazione all’uso intensivo dei dispositivi fenomeni come ansia, sintomi depressivi e minore autostima.
Insomma, i danni ci sono. E le indicazioni della Sip altro non sono che conferme autorevoli di allarmi già conosciuti, conferme che invitano ad alzare la guardia. E a questo proposito va affrontata una problematica inevitabile: chi si deve far carico di questi allarmi? Certo le famiglie, ma è inutile far finta che ce la possano fare. Normalmente tanti adulti, papà e mamme, sono i primi a soffrire di dipendenza da smartphone e internet. Sono in grado di limitare e regolamentare adeguatamente l’uso da parte dei figli? Più ancora: vi è una consapevolezza diffusa della necessità di farlo. Probabilmente no.
E allora la scuola, pur con tutti i suoi limiti, non può non assumersi responsabilità anche in questo campo, come effettivamente cerca di fare. Anche i “divieti”, bene o male, hanno aiutato a porre il problema e a ricercare soluzioni e progettualità nuove. Hanno avviato un dibattito tra gli educatori che è vivo e vivace. Insomma, c’è tanta strada da fare, ma qualche passo avanti si sta provando.